Rodrigo Duterte, siamo stati a L’Aia al processo contro l’ex presidente filippino e la sua guerra alle droghe

L’avvocato della difesa Medialdea ha dichiarato alla Corte che l’arresto è stato più che altro un rapimento, operato – secondo lui – “nell’ottica di un regolamento di conti politico”. La stessa Sara Duterte, nei Paesi Bassi per fare visita al padre nel centro di detenzione, dopo aver dichiarato che il padre è “ben curato” e che gli manca solo il cibo filippino, ha definito di fronte a giornalisti e ai suoi supporter l’arresto come “politico”.

L’arresto e il caso hanno basi legali e fattuali, ha sostenuto, al contrario, Gilbert Andres, spiegando che nella legge filippina c’è la possibilità di consegnare un sospetto che è sotto indagine presso un tribunale internazionale, come la Cpi.

Spero in un processo equo, ci ha confessato una manifestante di nome Tini, in vacanza all’Aia dalle Filippine. La donna spiega di essere venuta per sostenere le vittime delle esecuzione extragiudiziali. “Sono stata molto felice che la Corte penale internazionale abbia finalmente avuto il coraggio di stare dalla parte dell’umanità, visto che nel nostro paese non è stato possibile avere un processo. Vivendo nelle Filippine, ho visto gli effetti delle uccisioni quando la guerra della droga era al culmine: è stato davvero un brutto periodo, ogni giorno arrivavano nuove notizie di omicidi e regnava un clima di paura”.

Uccisioni extragiudiziali nella guerra alle droghe di Rodrigo Duterte: una violenza diffusa e sistematica

Il bilancio della guerra alle droghe varia dai 6.000 morti segnalati dalla polizia nazionale ai circa 30.000 riferiti dai gruppi per i diritti umani. Molti dei casi parlano di agenti della polizia nazionale filippina o squadroni della morte fare irruzione nelle case di notte e senza mandato, arrestando e poi giustiziando i sospetti, spesso parte di famiglie che vivevano in povertà. Molti bambini sono stati uccisi o hanno subito le conseguenze di queste operazioni.

Mentre l’inchiesta ufficiale della Cpi nelle Filippine è cominciata nel 2021, la violenza diffusa e sistematica aveva spinto l’Ufficio del Procuratore ad aprire un esame preliminare già nel febbraio 2018. Come risposta, solo un mese dopo Duterte ha ritirato il paese dal trattato che ha istituito la Corte, lo Statuto di Roma. Il ritiro è diventato effettivo nel 2019. Per questo i crimini compresi nel mandato di arresto arrivano solo fino a quell’anno. Tuttavia, ci si aspetta che la questione della giurisdizione venga sollevata più avanti nel processo.

Bryony Lau, vice direttore per l’Asia della ong Human Rights Watch, ha dichiarato che il trasferimento di Duterte all’Aia sono “una vittoria a lungo attesa contro l’impunità, che potrebbe portare le vittime e le loro famiglie a un passo dalla giustizia”, aggiungendo che questo arresto lancia anche un messaggio a tutti coloro che violano i diritti umani. Al momento altri tre leader ed ex leader mondiali sono soggetti a un mandato d’arresto della Cpi: il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, l’ex presidente del Sudan Omar Hassan al-Bashir e il presidente russo Vladimir Putin.

Fonte : Wired