L’Unione europea procede a tutta forza con il suo obiettivo di riarmare il continente entro il 2030. Due settimane dopo che la presidente Ursula von der Leyen ha rivelato il suo piano ReArm Europe, la Commissione ha presentato il Libro bianco della difesa, che contiene i dettagli su come funzionerà la proposta e la tabella di marcia ‘Readiness 2030’.
Così l’Europa si riarma: il piano di von der Leyen vale 800 miliardi
Uno degli obiettivi principali è sostenere l’industria della difesa locale e spingere gli Stati membri a compiere acquisti in comune, in modo da uniformare i 27 sistemi di difesa ed evitare di avere diversi tipi di carri armati, caccia da guerra e sistemi di difesa aerea, così da avvicinarsi a un embrione di esercito comune. L’obiettivo è anche sostenere l’industria della difesa europea, favorendone lo sviluppo e riducendo la dipendenza, o quantomeno l’eccessiva dipendenza, da quella statunitense.
I nuovi equilibri mondiali
L’obiettivo finale è prepararsi a fronteggiare una possibile minaccia russa e rispondere al disimpegno degli Stati Uniti dalla sicurezza del Vecchio continente. Il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca è stato un elettroshock per l’Europa e, anche se nessuno lo dice apertamente, gli Usa non sono più ritenuti un alleato affidabile. Per questo bisogna prepararsi a cavarsela da soli in caso di conflitto.
A Bruxelles la guerra è considerata un’eventualità reale, e diversi servizi di intelligence europei sono convinti che un attacco russo contro un Paese dell’Ue avverrà prima della fine del decennio. “L’architettura di sicurezza su cui abbiamo fatto affidamento non può più essere data per scontata”, ha avvertito von der Leyen, assicurando che “l’Europa è pronta a fare un passo avanti” e ad “adottare un approccio proattivo alla sicurezza”.
Al centro del Libro bianco ci sono lo strumento da 150 miliardi di euro di prestiti per l’acquisto di armamenti, denominato Safe (Security Action for Europe), e la concessione di flessibilità nella spesa pubblica, che permetterà di escludere le spese per la difesa dai conteggi ai fini del Patto di stabilità.
Le priorità
La roadmap ‘Readiness 2030’ avrà quattro priorità. La prima è l’aumento della spesa per la difesa, la seconda prevede lo sviluppo di una cooperazione paneuropea su larga scala per il trasporto rapido di truppe e attrezzature militari, la difesa aerea e missilistica, i droni e i sistemi anti-droni, l’artiglieria e il munizionamento, di fatto un primo passo verso un esercito europeo. La terza punta ad aumentare il sostegno all’Ucraina, mentre la quarta mira a rafforzare la base tecnologica e industriale della difesa europea e a stimolare l’innovazione, perché “oggi la maggior parte degli investimenti nella difesa va fuori dall’Europa”.
Secondo la Commissione, bisogna “migliorare la preparazione dell’Europa agli scenari peggiori, migliorando la mobilità militare, le scorte e rafforzando le frontiere esterne, in particolare il confine terrestre con la Russia e la Bielorussia”, si legge in una nota.
Colmare le lacune
Il Libro bianco presenta soluzioni per colmare quelle che vengono definite “lacune critiche” in termini di capacità e per costruire una “solida base industriale per la difesa”. Per farlo, la Commissione propone agli Stati membri modalità per investire massicciamente in armamenti, acquistare sistemi di difesa e rafforzare la preparazione dell’industria europea della difesa nel lungo periodo.
Le aree critiche in cui investire sono la difesa aerea e missilistica, i sistemi di artiglieria, le munizioni e i missili, i droni e i sistemi di contrasto ai droni, la mobilità militare, l’intelligenza artificiale, la guerra quantistica, la sicurezza cibernetica ed elettronica e, infine, gli “abilitatori strategici”, ovvero le capacità di combattimento e la protezione delle infrastrutture critiche.
I prestiti
L’obiettivo è mobilitare in tutto 800 miliardi per gli armamenti in quattro anni. Di questi, 150 miliardi verranno dai prestiti con Safe, concessi dalla Commissione a condizioni più vantaggiose rispetto a quelle di mercato, almeno per gran parte dei Paesi membri. Per sostenere l’industria locale, questi miliardi dovranno essere destinati per il 65 per cento all’acquisto di armi europee.
Gli Stati membri, si legge nella proposta, “sono invitati a incrementare rapidamente gli acquisti collaborativi nel settore della difesa, in linea con l’obiettivo di almeno il 40 per cento proposto dalla Strategia europea per l’industria della difesa (Edis), anche sotto l’egida dello strumento Safe”.
Lo strumento sarà aperto ai 27 Paesi membri, ma anche a Norvegia e Ucraina. L’invito agli acquisti comuni è esteso anche a collaborazioni con Paesi terzi, in particolare a quelli con cui esistono partenariati sulla difesa (Norvegia, Moldavia, Corea del Sud, Giappone, Nord Macedonia e Albania) e ai Paesi candidati all’adesione, quindi potenzialmente anche alla Turchia. Al momento è escluso il Regno Unito, ma sono in corso trattative per un accordo strategico di sicurezza, quindi potrebbe rientrare a breve.
“Nuovi posti di lavoro. Leonardo è forte”
Gli acquisti di armi dovrebbero dare anche un impulso allo sviluppo della nostra industria della difesa, creando potenzialmente migliaia di posti di lavoro, anche in Italia. “L’Italia ha una posizione piuttosto forte nell’industria della difesa e dello spazio, molto forte”, visto che “Leonardo è la più forte compagnia di difesa d’Europa, e questo significa anche buoni posti di lavoro”, ha dichiarato il commissario europeo alla Difesa, Andrius Kubilius, nella conferenza stampa di presentazione del Libro bianco. “Quello che le persone dovrebbero capire è che ora per l’industria della difesa sta arrivando un momento molto importante per espandersi, per crescere e per creare nuovi posti di lavoro. E con il ritmo” di spesa “attuale, l’Italia non potrebbe approfittare di una tale possibilità”, ha aggiunto.
Flessibilità
Gli altri 650 miliardi dovrebbero arrivare dagli investimenti dei Paesi membri grazie alla flessibilità sul Patto di stabilità. Questa flessibilità riguarda tutte le spese per la difesa fino all’1,5 per cento del Pil annuo e sarà concessa per quattro anni. La cifra di 650 miliardi deriva dalla stima che non tutti i governi utilizzeranno questa flessibilità immediatamente, ma progressivamente. Si ipotizza quindi un totale di 650 miliardi tra il 2025 e il 2028, anche se la cifra potrebbe variare.
Fonte : Today