Stellantis, perché Alfa, Maserati e Lancia sono in crisi nera

C’erano molte persone che bussavano alla mia porta per farmi vendere l’Alfa Romeo. E ce ne erano tante altre che mi dicevano che avrei dovuto uccidere Lancia. Ho sempre detto no.” Queste parole, pronunciate un anno fa dall’ormai ex amministratore delegato di Stellantis Carlos Tavares, oggi più che mai risuonano come un cupo presagio per l’industria dell’auto italiana. Dodici mesi dopo il manager portoghese non fa più parte del gruppo, mentre Alfa Romeo e Lancia sono ancora nelle mani della realtà italofrancese. Ma per quanto tempo ancora?

Un interrogativo assillante

La domanda si è fatta pressante ora che è stata riproposta da Reuters, per la quale il prossimo amministratore delegato dovrà partire proprio da lì. In un mondo dell’automotive in crisi, avere un portafogli che spazia da Fiat ad Abarth, passando per Jeep, Lancia, Maserati, Opel, Peugeot, Ram, Vauxhall/Opel, Alfa Romeo, Chrysler, Citroen, Dodge e DS Automobiles potrebbe essere un freno alle attività economiche, anziché un plus.

I marchi Stellantis più esposti

Quali sono, allora, le scuderie più esposte? Un piano in tal senso sembrerebbe esistere da tempo e, come visto, fu lo stesso top manager portoghese a rivelarlo: a rischiare la dismissione potrebbero essere due dei marchi italiani del gruppo, Alfa Romeo e Lancia. Non ci sono conferme ufficiali, che ovviamente possono arrivare solo da Stellantis. Ma i dati di Acea (l’associazione che raggruppa i costruttori europei) relativi alle immatricolazioni avvenute nel 2024 paiono confermare la scarsa redditività dei principali indiziati.

Benché, infatti, a inizio anno Stellantis diramasse un comunicato dai toni entusiastici (“Nel 2024, Lancia ha registrato oltre 32.000 immatricolazioni, raggiungendo una quota di mercato del 2,1%“), i freddi numeri contenuti nelle tabelle di Acea evidenziano come il crollo rispetto al 2023 sia del 27,2 per cento. La Casa sulle cui ammiraglie un tempo sedevano orgogliosi i presidenti della Repubblica in occasione delle parate oggi fatica a trovare un posizionamento, tenacemente aggrappata a un modello, la nuova Ypsilon, che ha immatricolato solo 3.900 unità nel 2024 (numeri di Jato Dynamics analizzati da Car Industry Analisys), di cui 3.508 piazzate in Italia e meno di 400 nel resto del mondo (in Francia 132 immatricolazioni, 77 in Belgio). Per la nuova Lancia Gamma, attesa nello stabilimento di Melfi, bisognerà aspettare invece il 2026.

A rilento Alfa Romeo e DS

Male anche Alfa Romeo (che, immatricolando 42.387 nuove vetture, scende del 9,8% nei confronti anno su anno) e DS che con le sue 36mila unità ha avuto una inchiodata del 20% sui risultati conseguiti nel 2023. Se però il marchio francese, fondato nel 1955 e rinato appena 11 anni fa, non ha mai sfondato mancando la promessa di essere la costola “premium” di Citroen, le due case italiane vantano milioni di appassionati in tutto il mondo, incarnando un pezzo importante dell’auto e del made in Italy. Come dimostrato, peraltro, dalla recente querelle tra il ministero del Made in Italy guidato da Adolfo Urso e Stellantis sul nome dell’Alfa Romeo Milano, ribattezzata Junior in ossequio alle norme sull’Italian sounding.

Stellantis, le difficoltà di Cassino

Nell’anno nero dell’automotive italiano, nel quale la produzione di Stellantis è scesa al di sotto della soglia psicologica del mezzo milione di unità (dal governo avevano chiesto di assestarsi sul milione) spicca proprio – secondo i numeri del sindacato Fiom – la flessione del 45% sul 2023 di Cassino, “la peggiore nella storia dello stabilimento”, che marcia col freno a mano tirato da tempo, con un solo turno di lavoro dall’inizio del 2024. Nel 2017 la produzione era stata cinque volte l’attuale, con 2.000 dipendenti in più. Attualmente gli occupati sono circa 2.500 e la produzione è rappresentata per il 20% dall’Alfa Romeo Giulia, il 53% dalla Stelvio e il 27% dalla Maserati Grecale.

Anche la Maserati non corre come un tempo

Le difficoltà di Cassino sono legate a un terzo marchio italiano che fatica a rimettersi in moto: Maserati. Anche in questo caso che il Tridente sia spuntato lo dicono i numeri: un crollo del 57% nelle consegne nel 2024 rispetto all’anno precedente, passate da 26.600 auto a 11.300 unità. Questo mentre Ferrari spediva 13.752 auto (+0,7%) e Lamborghini vedeva la domanda crescere del 5,7 % a 10.700 veicoli. La decisione di chiudere, nel 2023, lo stabilimento Maserati di Grugliasco, polo del lusso immaginato da Sergio Marchionne, aveva allarmato più di un osservatore dato il ruolo cruciale dell’hub torinese nella crescita del marchio negli anni – recenti – della Ghibli e della Quattroporte, quando si sfornavano oltre 50mila vetture all’anno.

L’incognita Trump

Non ci sono solo i marchi italiani e la francese DS a boccheggiare. Al di là dell’oceano singhiozza anche il motore di Chrysler che procede con un unico modello mentre Ram rallenta nelle vendite. Tuttavia, con Donald Trump alla Casa Bianca e l’incombere di una guerra commerciale, difficilmente Stellantis alienerà i marchi americani, possibile passepartout per ottenere eventuali regimi di favore. Particolare, questo, che sarà tenuto in considerazione dal prossimo ad quando dovrà decidere se mantenere tutti i 14 marchi o iniziare a sfrondare.

Intanto John Elkann, presidente e amministratore delegato ad interim di Stellantis, sarà ascoltato dalle commissioni riunite Attività produttive di Camera e Senato nel pomeriggio di mercoledì 19 marzo alle 14:30. L’incontro, rifiutato più volte dall’imprenditore, era atteso da tempo. Elkann (primo azionista, con il 15%) parlerà delle prospettive occupazionali del gruppo in Italia.

Fonte : Wired