Cosa accade al corpo se smetti di mangiare carboidrati

Le diete low carb (a basso contenuto di carboidrati) hanno iniziato a diffondersi negli Usa agli inizi del 2000, e successivamente anche in Europa, sulla scia del libro “Diet Evolution” (tra i 50 libri di diete più venduti nella storia). L’autore, Robert Atkins, medico e cardiologo americano, aveva ideato una dieta (conosciuta come “dieta Atkins”) che prometteva dimagrimenti miracolosi attraverso una riduzione dei carboidrati (come pane, cereali, pasta, ecc) e un maggior consumo di proteine e grassi saturi.

Sebbene oggi esistano tantissime diete low carb (dalla chetogenica alla iperproteica, dalla south beach alla paleolitica), non ci sono prove scientifiche della loro efficacia nel raggiungimento di una perdita di peso duratura, anzi studi dimostrano come le diete con pochi carboidrati siano totalmente sbilanciate e potenzialmente nocive perché escludono nutrienti importanti a svantaggio della salute e del benessere psico-fisico. Inoltre, causano l’effetto “yo-yo”, ovvero la perdita e il riacquisto ciclico del peso corporeo. Ma cosa accade esattamente al corpo quando si riducono o addirittura eliminano i carboidrati? Ne abbiamo parlato con il nutrizionista Fabio Mariniello.

Dott. Mariniello, è diffusa la convinzione che eliminare dalla propria dieta i carboidrati sia il modo più veloce per dimagrire. Ma quali sono gli effetti su corpo e mente derivanti da una riduzione drastica o addirittura di una completa eliminazione dei carboidrati dalla dieta?

“La totale eliminazione dei carboidrati da una dieta è un errore. Nemmeno nei modelli nutrizionali chetogenici (VLCKD) si scende al di sotto dei 30 g di carboidrati al giorno. Mai. La privazione assoluta costringe il corpo a generare il glucosio (la principale fonte di energia per il nostro corpo che deriva dai carboidrati) a partire dai tessuti metabolicamente attivi in modo molto aggressivo, con effetti nocivi per l’organismo. Discorso diverso è se contempliamo una riduzione ragionata dei carboidrati. È di fatto il metodo più rapido per perdere peso (inteso come mero numero su una bilancia), ma non necessariamente quello corretto. Non è adeguato a tutti i pazienti e non tiene conto di un altro fondamentale parametro: la conta calorica. Che piaccia o no il ragionare sulle calorie, noi rispondiamo alle leggi della termodinamica. Se il mio corpo ha un fabbisogno energetico totale giornaliero di (numero causale) 1750 calorie, e ne mangio 2000 di soli grassi e proteine, metterò peso in ogni caso. Per questo è importante capire che nei soggetti con le corrette condizioni cliniche, una riduzione dei carboidrati al più può accelerare il dimagrimento, ma non è un fattore decisivo in modo assoluto”.

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Ma cosa accade esattamente al nostro corpo?

“Il nostro corpo va immaginato come una macchina con molti serbatoi di benzina. Fegato, muscoli e adipe sono cisterne nelle quali accumuliamo il carburante. In particolar modo, accumuliamo riserve di carboidrati nei muscoli e nel fegato. Per poterlo fare, dobbiamo diluirlo in una discreta quantità di acqua cellulare. È per questo che quando riduciamo i carboidrati perdiamo in pochi giorni molto peso: stiamo eliminando una delle fonti di riserva e tutta l’acqua che la circonda. Ma di fatto, in termini di grasso, non abbiamo ottenuto nessun beneficio. A distanza di alcuni giorni, dopo che questo processo ha avuto ‘termine’, il corpo inizia ad attingere in modo concreto alle altre riserve energetiche, quelle lipidiche. Gli effetti sul soggetto sono estremamente variabili in termini di fame, energie, lucidità mentale e variano sia in base alle caratteristiche specifiche della persona, sia dal taglio percentuale effettivo dei carboidrati. Tendenzialmente oltre a perdere molti liquidi (e quindi peso), si perde energia, il cervello si annebbia, si soffre di sbalzi di umore (ridurre carboidrati significa avere meno sintesi di serotonina, il cosiddetto ormone del buonumore che aumenta anche il senso di sazietà) e di stitichezza (per l’introito ridotto di cereali integrali che contengono fibre)”. 

Qual è la giusta regola per l’assunzione di carboidrati? Quanti se ne dovrebbero assumere al giorno?

“Rispondere a questa domanda è estremamente complesso. Se ragioniamo in termini di media di popolazione, facendo finta che tutti siano perfettamente sani, attivi e normopeso, si parte da una base minima di 2 g di carboidrati per kg di peso corporeo e si arriva fino al 65 per cento del fabbisogno energetico totale giornaliero. La realtà è assai più complessa. Il primo parametro da valutare è il quadro patologico del paziente. Senza quello, i numeri restano numeri e sono privi di senso. Ci sono numerose malattie o condizioni cliniche che impongono una riduzione dei carboidrati: ovaio policistico, lipedema, emicranie, sindrome metabolica, steatosi epatica, diabete di tipo 2 (e in base alle condizioni ed alla terapia, anche il tipo 1) sono solo alcuni esempi. In ultimo, esprimo la mia posizione in merito alla dieta Mediterranea, di cui sono sostenitore ma con riserva. Una percentuale di carboidrati pari al 55-60 per cento del totale (lo standard nella Mediterranea), nella maggior parte dei pazienti patologici è inadeguata e non conduce ad una guarigione in tempi utili, spesso a prescindere dalla fonte. Trovo e reputo molto più adeguato un modello intermedio, che definirei low carb (nonostante l’ampio ventaglio matematico). In alcuni casi è utile invece intraprendere una chetogenica, possibilmente non di 21 giorni e non iperproteica. I veri modelli chetogenici sono quelli ospedalieri, progettati per la risoluzione delle malattie e non per entrare nel vestito da cerimonia in 10 giorni”.

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Quali sono i carboidrati più sani da consumare?

“Le fonti amidacee integrali, che siano pasta, riso, orzo, farro, avena, miglio o quinoa. Laddove l’amido si associa ad una buona quota di fibre, possiamo classificare quella fonte di carboidrati come ottimale. La situazione migliora ulteriormente se quell’amido è resistente alla digestione enzimatica. Meno buone sono le fonti di amido raffinato, come pasta, pane e riso bianco. Non buone sono le fonti di carboidrati semplici, come disaccaridi (zucchero da cucina) e monosaccaridi se superiamo la dose giornaliera raccomandata e se non sono associati a frutta e verdura. Pessimi sono gli sciroppi di glucosio e fruttosio che vediamo addizionati a biscotti, prodotti da forno, dolciumi e bevande”.

Come ridurre i carboidrati in modo sano?

“Anche questa è una domanda complessa. Dobbiamo affidarci ad un professionista che valuti il nostro metabolismo basale, il nostro dispendio energetico giornaliero medio e poi scegliere la percentuale di carboidrati entro la quale vogliamo restare. Ora, si tratta di fare precisi calcoli, e trasporli poi in quote precise di cibo. Se notiamo che la percentuale di carboidrati della nostra dieta supera il 60 per cento, siamo anche al di fuori dei range di una dieta mediterranea. Dovremo ridurli monitorando le analisi del sangue ed altri parametri metabolici, come la possibile presenza di grasso attorno al fegato (che sì, è peggiorata enormemente dai carboidrati, piuttosto che dai lipidi). Se siamo pratici della materia, possiamo tentare in autonomia, osservando gli effetti. Il mio consiglio è di affidarsi ad un professionista”.

Fonte : Today