L’accordo tra kirghisi e tagichi – suggellato dall’abbracio tra Žaparov e Rakhmon – riguarda ben mille chilometri di frontiera e e giunge dopo discussioni e scontri risalenti al Novecento, quando entrambi gli Stati erano sotto il controllo di Mosca. Ancora tre anni fa si erano verificati scontri armati con diverse vittime da entrambe le parti.
Biškek (AsiaNews) – I presidenti del Kirghizistan e del Tagikistan, Sadyr Žaparov e Emomali Rakhmon, nei precedenti incontri non si erano mai neppure stretti la mano. Finalmente si sono abbracciati a Biškek il 13 marzo, quando hanno firmato l’accordo sulla demarcazione delle frontiere dopo molti anni di conflitto anche sanguinoso, in quello che viene chiamato il “trionfo della diplomazia” tra i due Stati minori dell’Asia centrale, quello più legato all’etnia mongola con quello di prevalente tradizione iranica. La cerimonia è stata suggellata dall’apertura dei primi varchi di confine, il Kajragač e il Kyzyl-Bel, dopo che da maggio del 2021 non era stato più possibile passare da un Paese all’altro, e il giorno successivo è stato riaperto il collegamento aereo sugli itinerari Biškek-Dušanbe e Biškek-Khudžand.
Mentre il mondo intero rimane con il fiato sospeso per le trattative sulla cessazione della guerra tra Russia e Ucraina, due Paesi dell’Asia centrale mostrano come sia possibile risolvere annosi contrasti, derivati anch’essi dalle conseguenze dello sfaldamento dell’Unione Sovietica, e resi ancora più drammatici proprio dalle nuove aggressioni dei russi per imporre una nuova visione dell’ordine mondiale. L’accordo tra kirghisi e tagichi riguarda ben mille chilometri di frontiera e merita lo status di “pace storica” del XXI secolo nella regione, dopo discussioni e scontri risalenti al Novecento, quando entrambi gli Stati erano sotto il controllo di Mosca.
Ancora tre anni fa rimanevano oltre 400 chilometri contesi, e tra il 2021 e il 2022 si erano verificati scontri armati con diverse vittime da entrambe le parti. A settembre 2022 si era tenuto un incontro con la mediazione di Vladimir Putin, che si è poi di fatto disinteressato del problema, avendo ben altri obiettivi da raggiungere, e Žaparov e Rakhmon si erano guardati in cagnesco ai due lati dello zar moscovita. Ora l’abbraccio triplice all’aeroporto di Biškek è stato solennizzato da una parata di cavalieri kirghisi, vesti in foggia medievale, insieme a musicisti e danzatori che eseguivano musiche di entrambe le tradizioni, e un grande striscione dedicato al presidente tagico, salutato come “Vostra Eccellenza”.
Ora la frontiera tra i due Paesi si estende per oltre mille chilometri, 519,9 dei quali erano stati fissati nel 2011, e i restanti 486,94 negli ultimi tre anni. Ora l’accordo dovrà essere ratificato dai parlamenti di Biškek e Dušanbe, ma si tratta di una formalità, visto il controllo di entrambi i presidenti sulle proprie istituzioni “democratiche”. Rimarrà da capire come cambierà la vita degli abitanti delle zone interessate ai confini, più volte entrati in conflitto e ora rimescolati negli scambi territoriali, in una zona piuttosto popolosa, ma molto povera e con gravi carenze idriche. Gli scontri degli anni passati, prima ancora che interessare i militari, avvenivano infatti proprio tra la popolazione delle due etnie, soprattutto per l’accesso alle fonti d’acqua.
Nel 2021 si era passati poi direttamente all’uso dell’artiglieria pesante, oltre a varie sparatorie, fino all’assalto dei droni di fabbricazione straniera (il Kirghizistan si vantava dei droni turchi Bayraktar Tb2), con numerosi morti rimasti sul terreno. L’anno successivo gli scontri avevano portato a evacuare solo da parte kirghisa oltre 100mila persone, con gravi violazioni del diritto bellico da entrambe le parti, come notava allora Human Rights Watch, con assalti perfino alle ambulanze del pronto soccorso.
Il capo dei servizi di sicurezza del Kirghizistan, Kamčybek Tašiev, ha spiegato nel suo ultimo intervento al parlamento che le trattative conclusive sono state “molto difficili”, soprattutto per le divisioni delle aree di pastorizia intorno a Borukh, un terreno tagico circondato da zone di appartenenza kirghisa. Un altro punto delicato ha riguardato un ponte strategico di appena una ventina di metri, per spostarsi tra i due lati della regione kirghisa di Batken, sul quale si è discusso per sei mesi interi. Si è dovuto mettere da parte le cartine geografiche degli anni Venti del Novecento, quelle stabilite ancora ai tempi di Stalin, e i kirghisi hanno ceduto simbolicamente, concedendo ai vicini il villaggio di Dostuk, che si traduce come “Amicizia”, quella che si spera sia la normale relazione tra i due popoli, in favore dell’unità di tutta l’Asia centrale.
Fonte : Asia