L’ex presidente Duterte davanti alla Corte penale internazionale, rischia l’ergastolo

L’ex presidente filippino Rodrigo Duterte è comparso in videocollegamento davanti alla Corte dell’Aia. Accusato di essere “corresponsabile indiretto” dell’uccisione di 43 persone tra il 2011 e il 2019, Duterte deve rispondere delle esecuzioni sommarie avvenute durante la sua presidenza e della “guerra alla droga”. La CPI ha respinto le eccezioni della difesa e fissato la prossima udienza per il 23 settembre.

L’Aja (AsiaNews) – L’ex presidente delle Filippine, Rodrigo Duterte, è comparso ieri davanti alla Corte penale internazionale (CPI) per l’udienza di apertura del procedimento a suo carico. Collegato in diretta streaming per ragioni non specificate, Duterte ha affrontato le accuse mosse nei suoi confronti dal tribunale dell’Aja, che ne aveva ordinato la cattura e l’estradizione, eseguite il 12 marzo grazie alla cooperazione tra Interpol e polizia filippina. In caso di condanna, l’ex presidente rischia l’ergastolo.

Duterte, 79 anni, è accusato di essere stato “corresponsabile indiretto” dell’uccisione di 43 persone: 19 tra il 2011 e il 2016, quando era sindaco di Davao, e 24 tra il 2016 e il 2019, durante la sua presidenza. L’ex capo di Stato ha governato con una visione del potere dura e intransigente, basata sull’intolleranza verso critiche e opposizioni. Il suo mandato è stato segnato dalla violenta campagna contro la droga, che – secondo la procura della CPI – ha causato circa 30mila vittime, tra cui senzatetto e bambini di strada sia nella sua città natale nel resto del Paese.

Pur emarginato a livello internazionale e criticato dalla società civile, Duterte ha costruito un consenso politico attorno alla sua immagine di uomo forte, istigando apertamente all’eliminazione fisica dei presunti criminali e garantendo alle forze di sicurezza totale impunità nelle operazioni. Ancora oggi gode di un sostegno significativo, soprattutto tra i cittadini disillusi dalle promesse non mantenute sulla sicurezza e sulla legalità dall’attuale presidente Ferdinand Marcos Jr. Questa popolarità aveva indebolito i tentativi di incriminarlo, anche dopo che le Filippine si erano ritirate dalla giurisdizione della CPI nel 2019.

L’udienza di ieri è stata presieduta dalla giudice Iulia Antoanella Motoc, che ha respinto le obiezioni sollevate dalla difesa di Duterte, tra cui l’irregolarità del trasferimento e l’impossibilità fisica dell’imputato di affrontare il processo. Dopo una visita medica, infatti, l’ex presidente è stato giudicato “mentalmente consapevole e in salute”.

Entrando nel merito delle accuse, la corte ha dichiarato di avere “basi ragionevoli” per ritenere Duterte penalmente responsabile per la selezione sistematica e l’eliminazione dei presunti criminali nell’ambito della sua “guerra alla droga”.

Intanto, il governo filippino si trova a gestire le proteste e le reazioni politiche dei sostenitori dell’ex presidente. Pur difendendo la legittimità dell’udienza, l’esecutivo è accusato di aver ceduto a pressioni internazionali, anche a causa della rivalità tra le famiglie Marcos e Duterte: il presidente Marcos e la vicepresidente Sara Duterte, figlia maggiore dell’ex capo di Stato, sono da tempo in disaccordo politico.

L’udienza preliminare è stata fissata per il 23 settembre. Se il processo dovesse proseguire, potrebbe richiedere diversi anni prima di arrivare a una sentenza. 

Fonte : Asia