Quando la Storia – quella con la “S” maiuscola – bussa alla porta, la politica deve dare risposte serie e decise. E il populismo non è contemplato tra le possibili opzioni. O meglio, se viene contemplato, gli effetti sono sempre deleteri. Oggi, nel 2025, neanche una concorrente a un concorso di bellezza – quelli che ancora sopravvivono, nonostante il wokismo, che però sta vivendo una stagione crepuscolare – può ancora dire sul palco, davanti alla giuria con le palette in mano pronta a votare, “Sogno la pace nel mondo”. L’Italia oggi, nel 2025, è quella imbarazzante Miss. Fuori da ogni dimensione spazio-temporale, senza alcun contatto con la realtà contingente. I nostri leader politici, davanti alla proposta di un piano comune europeo di riarmo, hanno balbettato che non è giusto spendere i soldi in armi, che ci sono priorità ben più importanti, come gli ospedali, le scuole e tutto il corollario da pacifisti frikettoni. E magari, già che c’erano, potevano aggiungere a questo elenco di benaltrismo, i super bonus 110% e il reddito di cittadinanza dato a pioggia, senza alcun controllo e senza uno straccio di politica attiva di inserimento o reinserimento nel mondo del lavoro. Perché il populismo è questa roba qui: traccheggiare davanti alle questioni serie, in attesa di capire cosa dicono i sondaggi. E quando il popolo parla, per mezzo sempre degli studi di rilevazione, e si esprime “contro”, allora il politico diventa un semplice follower dei propri follower.
Il pacifismo senza limitismo
È evidente che, in questo caso, Matteo Salvini, Giuseppe Conte ed Elly Schlein sono fatti della stessa materia della quale è fatto il populismo. O almeno, plasmano la loro azione politica in base al miglior concentrato populista che vi possa essere: il pacifismo senza limitismo. E in questo caso, il ragionamento bruto ed elementare, che anche un ragazzino di scuola media può comprendere – si ricordi come Silvio Berlusconi amasse dire che i messaggi politici devono essere ad uso e consumo di un elettorato che possieda, più o meno, le capacità cognitive e intellettuali di uno studente adolescente – è il seguente: la guerra è una brutta cosa. Chi fa la guerra e usa le armi è cattive. Ergo, chi vuole spendere soldi per comperare le armi, è “brutto” e “cattivo”. Stop. Applausi.
E a questo concetto tanto basilare, se ne potrebbe contrapporre un altro, un tantino più complesso: dal secondo dopoguerra in poi, gli Stati Uniti d’America hanno provveduto a garantire la difesa militare dell’Europa nei confronti dell’Unione Sovietica, anche per mezzo della Nato. Poi, con la caduta del Muro di Berlino, pareva che si andasse incontro alla “Fine della storia” – dal famoso saggio storico del politologo Francis Fukuyama, ma mi rendo conto che qui siamo ben oltre la scuola media – ma gli eventi dei decenni successivi hanno dimostrato che così non è. E quindi, dal sogno del globalismo che portava prosperità e pace in ogni dove, in virtù dell’esportazione del modello della democrazia liberale e del libero mercato, stiamo ritornando a un clima da guerra fredda, con un mondo che si appresta ad essere suddiviso in almeno tre sfere di influenza, americana, russa e cinese. In questo frangente, gli Stati Uniti d’America – che hanno sin da sempre provveduto alla nostra difesa – con la presidenza Trump, si stanno tirando indietro, dando seguito ad un a politica isolazionista e promuovendo il bilateralismo come cifra stilistica dei rapporti internazionali. L’Europa, quindi, rimane orfana dell’ombrello degli Usa ed esposta a un paese – la Russia di Putin – che, dopo aver aggredito l’Ucraina, potrebbe avere nuove mire su altri paesi confinanti. In questo quadro così tragico, l’Europa – al fine di trovare un rimedio nell’immediato – sta pensando di dotarsi di un piano di riarmo che permetta agli Stati europei di investire in armamenti – con una deroga al Patto di stabilità – visto che sullo scacchiere internazionale, a fronte di potenze aggressiva, devi armarti per porre in essere un fattore deterrente rispetto a possibili attacchi. Mi rendo conto che tutto ciò può essere troppo complesso da capire per un popolo educato da “Tempation Island”, “Imma Tataranni” e “Affari tuoi”, ma almeno chi fa politica dovrebbe avere dimestichezza con tali concetti di base. Salvini, Conte e Schlein o ci fanno o ci sono. Vale chiaramente la prima.
“No” a ReArm Europe, come Orban
Ed è questa politica fatta di idee, sostantivi, aggettivi e dicotomie da età prescolare (brutto/bello, buono/cattivo, guerra/pace, etc.) che anima chi, chiamato davanti alla Storia a dare un contributo, balbetta, si incespica, sino ad assumere la posizione più becera e imbarazzante che possa esistere. Salvini e Conte hanno portato i loro partiti sulla posizione più intransigente con un secco “No” al Piano ReArm Europe. Al pari, per dire, di Victor Orban – il leader ungherese che però di fatto è un vassallo di Vladimir Putin – e del partito di derivazione neonazista tedesco Alternative für Deutschland. In pratica, tutti i partiti europei che hanno votato “No” al ReArm Europe sono per l’uscita del proprio paese dall’Unione europea. E tutti si muovono in una posizione ambigua – così come la Lega di Salvini e il Movimento 5 Stelle di Conte – rispetto alla “Pace” nel conflitto russo-ucraino. La “Pace” costi quel che costi. Senza mai minimamente aver preso in considerazione che la Russia è uno stato aggressore e che, così come ha aggredito l’Ucraina, domani potrebbe aggredire altri stati – chiedete, ad esempio ai polacchi come vivono questa minaccia. Elly Schlein, invece, non ha le scusanti che hanno Salvini e Conte. Questi due sono stati sin da sempre populisti – per tante ragioni – e sempre supini all’influenza russa – per altre ragioni, che magari sarebbe interessante analizzare; ma probabilmente ci vorrebbe un’inchiesta. Schlein che scuse ha? Delle due l’una, o l’impresa travalica i suoi limiti, oppure ha fondate ragioni per portare un partito – il Pd – allo sfascio.
Fonte : Today