Yann Lecun, figura di spicco dell’intelligenza artificiale contemporanea e Chief Scientist di Meta, ha scritto sui suoi profili social che “gli Stati Uniti sembrano intenzionati a distruggere il loro sistema di finanziamento pubblico della ricerca.” Nonostante la pioggia di denaro che Trump ha stanziato per il progetto Stargate, circa 500 miliardi di dollari per la costruzione di 20 enormi data center sul suolo americano, la direzione presa dal governo da poco insediato potrebbe diventare un boomerang per il suo paese. E un’opportunità per altri, come la Cina e l’Europa. Non a caso Lecun nel suo post si rivolgeva direttamente al Vecchio Continente dicendo che “molti scienziati basati negli Stati Uniti stanno cercando un piano B” e che potrebbe “avere l’opportunità di attrarre alcuni dei migliori scienziati al mondo”, continuando poi con un elenco di criteri da seguire per riuscirci.
I rischi del nuovo corso
Che le nuove politiche sui finanziamenti alla ricerca pubblica e le politiche ostili nei confronti di diversi paesi stranieri possano ritorcersi contro gli Stati Uniti non è una tesi nuova e, paradossalmente, potrebbe concretizzarsi proprio quando progetti come Stargate vedranno la luce. I ricercatori migliori tendono ad andare dove vengono offerte condizioni più vantaggiose, non solo a livello di stipendi, ma anche di libertà di concentrarsi sui temi che preferiscono. Solo pochi giorni fa il New York Times ha pubblicato una lista di centinaia di parole, tra le quali troviamo anche “bias”, di cui andrebbe limitato, o bandito l’utilizzo in ambito governativo, arrivando ad ordinare il blocco di materiali e corsi scolastici che li utilizzano.
Il nuovo corso trumpiano vede – oltre ai tagli del Doge alla ricerca pubblica, che nel sistema americano storicamente va a braccetto con l’apparato statale e industriale – una diversa distribuzione delle risorse che, abbinata a vecchie questioni come le politiche di immigrazione e la sicurezza nazionale, potrebbero minacciare la leadership americana nel campo dell’AI. La guerra dei dazi, iniziata da Trump con i diversi paesi, è solo la punta dell’iceberg. I bersagli di queste politiche ostili sono diversi, ma quello primario sarà ancora una volta la Cina, da cui l’America dipende anche in termini di talenti nel campo del tech.
Per i cosiddetti elite worker, in particolare quelli che si occupano di intelligenza artificiale, gli effetti potrebbero essere deleteri. Un report di Rest of the World ha raccolto le testimonianze di alcuni di loro, tra cui tech worker impiegati da Meta, facendo emergere come i lavoratori cinesi con esperienza nel campo del machine learning e dell’AI avevano in genere tempi di approvazione dei permessi e background check molto più lunghi per rientrare in Usa. Questo ha spinto alcuni di loro a rimanere in Cina.
La sfida per il dominio dell’AI
Le frizioni con il gigante d’Oriente si estendono a diversi fronti e, dopo il primo mandato Trump, sono continuate anche con Biden. Fino a toccare picchi che ricordano, nei toni e nella ricerca di potenziali azioni di spionaggio, il maccartismo. Ricordate la famosa interrogazione parlamentare in cui ad un dirigente di TikTok veniva ripetutamente chiesto se fosse affiliato al partito comunista cinese, mentre lui ripeteva di essere di Singapore? Quelle frasi sono state pronunciate nel febbraio 2024 dal senatore repubblicano Tom Cotton, oggi a capo del Comitato Ristretto per l’Intelligence, famoso per le sue posizioni rigide in materia di affari esteri, in particolare nei confronti di Iran e Cina.
Fonte : Wired