Anticipato da polemiche, slittamenti di data e cambi in corsa, il film Biancaneve è pronto per l’arrivo nelle sale italiane il 20 marzo. Il nuovo live action della Disney con Gal Gadot e Rachel Zegler segue la scia di prodotti di successo come Maleficent, La Bella e La Bestia e Cenerentola, ma stavolta la produzione ha dovuto fare i conti con un classico apparso 80 anni fa, in un contesto completamente diverso.
Il termine di paragone per la pellicola diretta da Marc Webb, infatti, non è la fiaba originale dei fratelli Grimm, ma il celeberrimo film d’animazione di Walt Disney del 1937. Sin dalle prime immagini del set, il pubblico ha criticato la scelta della protagonista, Rachel Zegler: può un’attrice di origini latino-americane interpretare una principessa dalla pelle bianca come la neve? E sarà davvero una principessa che non ha bisogno di essere salvata da un principe? Altra pietra dello scandalo, l’ormai famigerato bacio del principe: è moralmente accettabile baciare una sconosciuta apparentemente morta, come succede nel cartone animato? Come la mettiamo poi con i 7 nani?
Dalla fiaba originale al film
Le critiche alla sceneggiatura, in realtà, non tengono conto di un elemento: ogni fiaba nasce da una tradizione orale fluida, fatta di cambiamenti e contaminazioni. Gli stessi fratelli Jacob e Wilhelm Grimm, che ci hanno tramandato Biancaneve e molte altre fiabe mettendole per iscritto, hanno rivisto le loro storie nel tempo. Walt Disney poi ha epurato la fiaba dei Grimm dagli elementi più violenti, introducendo alcuni snodi nuovi, come il tanto discusso bacio: in realtà infatti nella fiaba originale Biancaneve torna in vita perché uno scossone alla bara di cristallo portata in spalla dai nani le fa sputare il boccone avvelenato.
Fonte : Wired