Sebbene l’Alzheimer sia considerata la forma più comune di demenza nei pazienti over 65, esiste anche una forma precoce, più rara, detta Alzheimer giovanile, che colpisce tra i 30 e i 60 anni di età e rappresenta una percentuale tra il 5 e il 10 per cento di tutti i casi clinici riscontrati. Tra questi c’è il caso di Fraser, insegnante e ricercatore australiano, che ha ricevuto la diagnosi di Alzheimer all’età di 41anni. In un video su YouTube, diventato virale, ha condiviso la sua storia e raccontato come i primi campanelli di allarme si siano manifestati già all’età di 38 anni. Con il suo video, visto da più di 110.000 persone, spera di sensibilizzare l’opinione pubblica sull’Alzheimer e di supportare altre persone che stanno affrontano la sua stessa malattia.
Il primo segnale
Il primo campanello d’allarme, come Fraser racconta, non è stata una classica perdita di memoria, ma un episodio di dimenticanza apparentemente banale. Il ricercatore racconta di aver visto tre anni fa, quando aveva solo 38 anni, un intero film senza rendersi conto di averlo già visto un mese prima. “Non ne avevo alcun ricordo – spiega -. Il finale è stato una sorpresa totale. E’ stata la mia compagna ad avermi detto che già lo avevo visto”. Sebbene lì per lì Fraser si sia preoccupato, non ha poi dato molto peso all’accaduto.
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Il secondo segnale
Il secondo campanello d’allarme riguarda invece una situazione più preoccupante. Una sera Fraser si era dimenticato che la figlia adolescente era uscita per andare al cinema con le amiche, sebbene la ragazza glielo avesse ricordato più volte durane la giornata. Così Fraser non vedendola nella sua cameretta, ha iniziato ad agitarsi. “Pensavo: “Dov’è mia figlia?” – racconta -. Ero in preda al panico, e sono uscito per andare a cercarla. Ho provato a chiamarla, a mandarle un messaggio, ma non riuscivo a contattarla in nessun modo. Stavo per chiamare la polizia”. Poi è arrivata la telefonata della figlia: “Ehi papà, sono appena uscita dal cinema, ricordi che te l’avevo detto?”. Dopo questo episodio, ed essersi reso conto che qualcosa non andava, Fraser ha deciso di rivolgersi ai medici per capire cosa avesse. Dopo una serie di indagini, gli è stato diagnosticato l’Alzheimer all’età di 41 anni.
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Il peggioramento dei sintomi
Dopo la diagnosi, Fraser ha notato un peggioramento dei suoi sintomi. “Faccio fatica a gestire le mie giornate – racconta -. Descriverei l’Alzheimer come una mancanza di concentrazione: ti si annebbia la mente e non riesci a focalizzarti sulle cose, sembri sempre confuso. A volte è difficile anche solo pensare lucidamente, sembra che una nebbia ti occupi il cervello”. Per aiutarsi a ricordare gli impegni e gli spostamenti dei familiari, Fraser ha ideato un sistema: “Mi mandano un messaggio con i loro orari e io li inserisco nel mio diario – racconta -. Mi mandano anche un messaggio con i loro programmi, anche se me li hanno già detti. Così posso semplicemente guardare i messaggi per ricordare”.
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Quando l’Alzheimer è ereditario
Nella stragrande maggioranza dei casi l’Alzheimer non è ereditario. Tuttavia, esistono fattori genetici che possono aumentare il rischio di sviluppare la malattia. Il più noto è il gene APOE, in particolare una sua variante chiamata APOE-4: le persone con una o due copie di questa variante hanno infatti un rischio più elevato di ammalarsi. Ma esistono anche forme familiari di Alzheimer, che riguardano l’1-5 per cento dei pazienti e in genere compaiono più precocemente (tra i 30 e i 40 anni). Questa forme sono legate alla mutazione di tre geni chiamati APP, Psen1 e Psen2, e si trasmettono in modo autosomico dominante: basta una sola copia mutata del gene a causare la malattia, ed un genitore con una di queste mutazioni ha il 50 per cento di probabilità di trasmetterla a ciascuno dei propri figli.
Fonte : Today