“In conclusione, a parere tecnico dello scrivente consulente, l’operato del conducente dell’autovettura Giulietta nell’ambito dell’inseguimento, risulta essere stato conforme a quanto prescritto dalle procedure in uso alle Forze dell’Ordine”. È quanto scrive il consulente della Procura, Domenico Romaniello, nelle conclusioni della perizia cinematica da lui elaborata nell’ambito dell’indagine sulla morte di Ramy Elgaml.
Analisi cinematica
Nel documento visionato dall’AGI si legge anche che “per quanto attiene al Vice Brigadiere conducente dell’autovettura di servizio Alfa Romeo Giulietta, la disamina di tutti i video e l’attenta analisi cinematica condotta hanno confermato che questi, aderendo al dovere d’ufficio, ha proceduto nell’inseguimento dei due fuggitivi attenendosi alle procedure previste nei casi di inseguimenti di veicoli, quando si è trovato nell’impossibilità di poter attuare un’azione difensiva efficace in relazione alla manovra improvvisa ed imprevedibile attuata dal conducente del motoveicolo, di taglio della propria traiettoria”.
Conclusioni dell’ingegnere
In sostanza, secondo l’ingegnere autore della perizia, “per quanto più sopra esposto, si deve concludere che, nei limiti dell’esito imprevedibile e drammatico del seguito della manovra difensiva obbligata (l’investimento del corpo del trasportato, evoluzione non prevedibile all’atto della decisione della manovra), sia la risposta attentiva del conducente dell’autovettura Giulietta, sia la sua reazione, sono state adeguate e controllate, costituendo dei processi mentali automatici (nella attivazione immediata della reazione) e governati (nella decisione di non sterzare).
Concausa dell’evento
La concausa determinante dell’evento che ha cagionato il decesso del trasportato a bordo del motoveicolo, Elgaml Ramy Yehia Awwad Nady – al di là dei fattori umani connessi ai conducenti – è stata, purtroppo, determinata dalla presenza del palo semaforico che ha arrestato la caduta del trasportato, bloccandone la via”.
Nella perizia dell’ingegner Romaniello sull’incidente in cui morì Ramy, si legge che “per quanto attiene al conducente del motociclo Yamaha, Bouzidi Fares, questi, opponendosi all’alt dei Carabinieri, dava avvio a un inseguimento anomalo e tesissimo, ad elevatissima velocità lungo la viabilità urbana cittadina, con una guida spregiudicata ed estremamente pericolosa, transitando con semafori rossi, a pochi centimetri da veicoli in marcia regolare con rischio di collisioni, affrontando di notte, in contromano, curve alla cieca. Questi, con il suo comportamento sprezzante del pericolo, ha determinato l’inseguimento e le sue modalità e si è assunto il rischio delle conseguenze, per sé e per il trasportato”.
Secondo l’esperto tecnico, non ci fu nessun urto ‘iniziale’ tra la Giulietta del carabiniere che la guidava e il motorino con a bordo Ramy e Fares: “L’attenta analisi ed il confronto dei due video delle telecamere comunali tra le Vie Ripamonti, Quaranta e Solaroli dimostra che non è possibile che sia avvenuto alcun contatto preliminare tra i due mezzi nella zona di non copertura delle due telecamere, come erroneamente ipotizzato all’interno del report della Polizia Locale di Milano”. Sono tre le motivazioni addotte da Romaniello per chiarire perché non ci fu urto. “La prima motivazione, circa l’impossibilita’ di un contatto lungo via Ripamonti, prima dell’intersezione con via Quaranta, è connessa alla mancata perfetta corrispondenza dei punti di contatto dei danni rilevati sui due veicoli nel caso di accostamento longitudinale degli stessi (…).La seconda motivazione circa l’impossibilità di un contatto lungo via Ripamonti, prima dell’intersezione con via Quaranta, è connessa al pieno controllo del motoveicolo da parte del conducente in ingresso nell’area dell’intersezione. La terza motivazione, circa l’impossibilità di un contatto lungo via Ripamonti, prima dell’ingresso nell’intersezione, è connessa alle velocità di marcia rilevate in entrata e in uscita dalle due sezioni prese quali riferimento dallo scrivente e alle rispettive interdistanze tra i due veicoli”.
Nella perizia cinematica, poi, si spiega che Ramy venne investito dalla ‘Giulietta’ guidata dal carabiniere che lo inseguì per otto km per le strade di Milano. “Se non vi sono dubbi circa il fatto che il corpo del trasportato sia stato investito dall’autovettura Giulietta e tale circostanza è chiaramente confermata dalle plurime lesioni connesse a una modalità contusiva “da compressione” da parte di una superficie ampia e resistente, in particolare quelle a livello del torace con estese e polidistrettuali fratture e sfacelo polmonare e dell’addome con dislocazione dei visceri e sfacelo di alcuni di essi causate quindi da uno schiacciamento fra due superfici (fratture costali, sfacelo viscerale), è estremamente difficile risalire alle modalità esatte di investimento delle relative parti del corpo, in ragione del fatto che questo è stato spostato per poter consentire i primi soccorsi”.
Nel suo studio sulla dinamica dell’incidente, Romaniello si sofferma anche sulla figura di Omar, il testimone che ha raccontato agli inquirenti di essere stato costretto a cancellare un video sugli attimi finali di vita del ragazzo. Una visione che lo porta a dover effettuare una frenata di emergenza.
Questa la ricostruzione dell’ingegnere: “Dai grafici più sopra riportati, si evince chiaramente che l’attenzione del conducente della Giulietta, prima totalmente concentrata innanzi a sé, sul motociclista in fuga, viene occupata anche verso destra, all’aprirsi dell’intersezione e all’apparire del pedone nel campo di visuale, sulla destra del marciapiede di via Quaranta, esattamente innanzi alla traiettoria tenuta in quell’istante dal conducente dell’autovettura. Si nota che il motoveicolo si sposta, dapprima sulla sinistra dal campo visivo del conducente di quest’ultima, parzialmente coperto dal montante sinistro del veicolo: è in questi momenti che la presenza del pedone appare quale presenza – periferica – all’interno campo visivo del conducente della Giulietta, ancorché se su un piano più arretrato rispetto al soggetto principale (il motociclo). In rapida successione, il motoveicolo si riporta verso destra, raddrizzandosi e riposizionandosi innanzi all’automobilista il quale rifocalizza l’attenzione sull’improvviso ostacolo innanzi a sé che gli chiude totalmente la strada alla svolta a sinistra. In tale fase resta sempre nel campo visivo del conducente della Giulietta il pedone, in seconda scena, ma sulla destra del suo campo visivo. Non potendo effettuare né una sterzata a sinistra, né a destra (per la focalizzazione precedente dell’ostacolo – sia pur se con la vista periferica – che costituisce un impedimento alla conduzione di una deviazione a destra), al conducente dell’autovettura Giulietta non resta che tentare una frenata di emergenza, nel tentativo di arrestare il proprio veicolo”.
Fonte : Agi