La violenza negli ospedali e nei confronti degli operatori sanitari è una questione sempre più urgente, con numeri allarmanti che evidenziano come gli ambienti di cura possano diventare luoghi ad alto rischio. Le aggressioni non solo intaccano il benessere fisico e psicologico degli operatori, ma compromettono anche la qualità delle cure offerte ai pazienti. Un gruppo di associazioni ha presentato alcune proposte di intervento.
Il progetto
Il progetto Professione siCura parte da operatori sanitari, attivi sul campo. Servono, raccontano a Wired i promotori, misure basate su evidenze scientifiche che vadano ad aggiungersi a quelle coercitive attuate dall’esecutivo. Le proposte sono state elaborate da società scientifiche e professionisti sanitari tra cui Aies, Anpse, Apsilef, Cnai, Gft. Il 14 marzo si terrà un incontro con rappresentanti della maggioranza di governo per discutere il documento preparato.
Riconoscere la violenza? Non è scontato, soprattutto se verbale
Secondo i dati dell’Oms (Organizzazione mondiale della Sanità), fino al 62% degli operatori sanitari ha subito almeno un episodio di violenza negli ospedali o sul posto di lavoro. Il personale del pronto soccorso e quello infermieristico risultano essere le categorie più esposte ed i 2/3 delle aggressioni sono rivolte a professioniste sanitarie donne. Dall’ultimo rapporto del ministero della Salute emergono oltre 16 mila denunce e 18 mila operatori sanitari coinvolti soltanto nel 2023, e si tratterebbe di dati sottostimati. È significativo notare che i dati ufficiali non includono le aggressioni ai liberi professionisti, come medici di medicina generale e guardie mediche.
Gli operatori – raccontano i promotori – spesso non denunciano per paura di ritorsioni, sfiducia nelle istituzioni o perché non riescono a riconoscere la violenza specialmente se si tratta di quella verbale. Nei casi più gravi la violenza è interiorizzata e considerata parte integrante del lavoro.
Il ruolo delle sarebbe quello di preparare il personale a gestire le situazioni pericolose: in realtà, continuano le associazioni, spesso vi è scarsa formazione sulla gestione e sulla segnalazione delle violenze. Non solo: in alcuni ambienti di lavoro si scoraggia implicitamente la denuncia per evitare problemi di immagine per l’ospedale o per non creare tensioni con i pazienti. L’obbligo di segnalazione di un’aggressione e l’introduzione di schede di monitoraggio delle aggressioni potrebbero, pertanto, essere imposti come requisiti per l’accreditamento con il Ssn (Sistena sanitario nazionale) per le aziende sanitarie private.
Le proposte contro la violenza sul personale sanitario
“Il governo si è mosso introducendo misure severe per proteggere il personale sanitario”, spiegano i promotori del documento: oggi gli aggressori possono essere arrestati in flagranza o entro le 48 ore successive l’aggressione se essa è documentata. Sebbene sia un segnale importante da parte della politica, però, la letteratura scientifica afferma che non è abbastanza, dichiarano medici e paramedici che hanno aderito all’appello. “Le proposte puntano, invece, sulla prevenzione” sottolineano. Vediamole in dettaglio, e divise per punti.
1. Rendere il percorso del paziente all’interno dell’ospedale tracciabile attraverso app e telemedicina
Se un paziente, ad esempio, è in attesa di un esame strumentale (come una radiografia al torace), l’app, tramite un codice univoco, potrebbe aggiornare il familiare sulla fase del percorso in cui si trova: Informazioni brevi come : “Il paziente è stato inviato in radiologia per l’esame”, “Esame completato, in attesa di referto”, “Visita specialistica in corso”. Un sistema di questo tipo è già adottato in alcuni ospedali internazionali e, secondo i promotori del documento, permetterebbe di ridurre lo stress dei familiari, spesso esasperati da attese indefinite senza informazioni e rendendo il percorso del paziente più trasparente e accessibile.
2. Obbligare l’azienda sanitaria a costituirsi parte civile
L’azione può favorire la denuncia da parte degli operatori che spesso temono di restare soli nel percorso giudiziario. La costituzione di parte civile porta richieste di risarcimento nei confronti dell’aggressore, aumentando le conseguenze economiche delle violenze e questo può rappresentare un deterrente per chi pensa di poter aggredire impunemente il personale sanitario.
3. Introdurre delle body cam nelle aree più a rischio
L’introduzione delle body cam per il personale sanitario che lavora nelle aree a più alto rischio di aggressione, come pronto soccorso, 118, psichiatria e guardia medica, potrebbe rappresentare un deterrente importante contro la violenza. Già adottate con successo in altri ambiti, come le forze dell’ordine e i servizi di emergenza in diversi paesi, le body cam offrono una protezione aggiuntiva agli operatori sanitari esposti a minacce, insulti e aggressioni fisiche.
4. Educare alla cultura di segnalazione della violenza anche in collaborazione con le università
Gli studenti di medicina e delle professioni sanitarie devono essere educati a riconoscere e segnalare la violenza già durante il percorso accademico. Inserire moduli specifici nei corsi di studio su gestione del conflitto, prevenzione della violenza e procedure di segnalazione potrebbe favorire il cambiamento culturale di cui abbiamo bisogno per evitare la sottostima del fenomeno. Tuttavia, sempre dalla letteratura, emerge che la sola formazione non riduce i tassi di violenza ma deve sempre essere inserita in un approccio più ampio.
5. Introdurre polizze di assicurazione specifiche per le aggressioni
E istituire di un fondo straordinario per gli operatori sanitari vittime di violenza in caso in cui il colpevole venga prosciolto o nei casi in cui il condannato sia del tutto incapiente.
Fonte : Wired