AGI – Salvatore Buzzi, l’ex ras delle cooperative, è tornato in carcere. La decisione è stata presa dal tribunale di Sorveglianza di Roma, che ha negato a Buzzi la misura alternativa alla detenzione. L’uomo dovrà scontare un residuo di pena pari a quattro anni per le accuse di corruzione legate al processo al Mondo di Mezzo. “Sono indignato”, è stato il commento del suo legale, l’avvocato Alessandro Diddi.
La decisione del tribunale
Buzzi, rappresentato dagli avvocati Edoardo Albertario e Alessandro Diddi, si è costituito nel carcere di Orvieto, definendosi un “perseguitato”. La difesa si è espressa duramente contro la decisione del tribunale di negare l’affidamento terapeutico per curare la sua dipendenza da alcol. “L’ordinanza è a tratti incomprensibile e censurabile per molteplici ragioni, ed è per questo che sarà presentato ricorso immediato alla Corte Suprema di Cassazione”, ha dichiarato l’avvocato Albertario.
Contestazioni legali
Secondo gli avvocati, il tribunale avrebbe messo in dubbio la sussistenza della patologia di Buzzi senza prove contrarie o riscontri sul campo. Inoltre, la difesa sottolinea come non sia stato considerato il percorso di risocializzazione intrapreso dall’uomo. “Buzzi aveva seguito corsi di recupero nella comunità terapeutica e stava pagando le spese processuali del noto procedimento che lo ha coinvolto. Tutte queste attività sono documentate a testimonianza del suo ravvedimento”, ha spiegato il legale.
Impatto sulla famiglia
La decisione ha avuto un forte impatto sulla famiglia di Buzzi, in particolare sulla figlia quindicenne. “Ha dovuto assistere per l’ennesima volta alla reclusione del padre, che quest’anno compirà 70 anni”, ha affermato l’avvocato Albertario. La difesa ha ricordato anche un episodio precedente, quando, a causa di un errore di calcolo della Procura Generale, Buzzi aveva scontato 11 mesi di carcere ingiustificati nella Casa Circondariale di Catanzaro, salvo essere liberato con urgenza.
Sciopero della fame
Buzzi ha manifestato l’intenzione di intraprendere uno sciopero della fame e della sete come segno di protesta contro quella che considera una persecuzione giudiziaria. “La mia paura principale è per la sua salute”, ha dichiarato l’avvocato Albertario, annunciando che saranno percorsi tutti i canali giurisdizionali per ottenere giustizia. “La difesa è convinta che sarà la giustizia processuale a prevalere, non quella degli uomini, che per sua natura è relativa e fallibile”, ha concluso il legale.
Fonte : Agi