La guerra in Ucraina ha raggiunto un nuovo punto critico. Mentre Kyiv ha lanciato il più grande attacco di droni mai effettuato contro Mosca, causando almeno due morti, le forze ucraine nel Kursk sono quasi accerchiate dall’avanzata russa. Sul fronte diplomatico, a Gedda, in Arabia Saudita, i rappresentanti ucraini e americani si incontrano per discutere una possibile tregua, in quello che è il primo faccia a faccia dopo lo scontro tra Zelensky e Trump alla Casa Bianca. Gli Stati Uniti chiedono all’Ucraina di cedere territori come condizione per un accordo di pace, mentre Kyiv propone un cessate il fuoco parziale nei cieli e nel Mar Nero.
L’attacco coi droni nella notte
Sul fronte bellico, l’Ucraina ha lanciato nella notte tra lunedì e martedì il più grande attacco con droni mai effettuato contro Mosca. L’operazione ha coinvolto 91 velivoli senza pilota diretti sulla capitale russa, parte di un’offensiva più ampia con 337 droni lanciati contro diverse regioni della Russia. Almeno due persone sono morte e tre sono rimaste ferite, mentre sette appartamenti in un edificio residenziale sono stati danneggiati. Il raid ha provocato la sospensione dei voli in tutti gli aeroporti della capitale. La portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha collegato l’attacco alla visita di una delegazione dell’Osce, l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa.
La situazione sul campo
Contemporaneamente, la situazione per le forze ucraine si fa sempre più critica nella regione russa di Kursk, occupata parzialmente da Kyiv dalla scorsa estate. Le truppe russe hanno quasi completamente tagliato in due il territorio controllato dall’Ucraina su suolo russo. I soldati ucraini che si trovano nella parte settentrionale della zona occupata rischiano infatti di essere accerchiati, non potendo né tornare in Ucraina a causa della presenza di truppe russe in varie zone di confine, né avanzare ulteriormente in territorio russo. In sette mesi, Kyiv ha perso circa due terzi della zona inizialmente conquistata, passando dai 1.200 chilometri quadrati occupati ad agosto a soli 288 attuali. Secondo la testimonianza di un comandante ucraino al New York Times, il disequilibrio di forze è drammatico: contingenti di cinquanta soldati nordcoreani attaccano postazioni difese da appena sei militari ucraini, rendendo impossibile contenere l’avanzata. La pressione russa è particolarmente forte a Sudzha, principale centro urbano della regione, dove le forze di Mosca hanno sperimentato anche tattiche non convenzionali, infiltrandosi attraverso un gasdotto dismesso che un tempo trasportava gas russo verso l’Europa. Zelensky ha chiesto di mantenere la posizione, probabilmente per avere una carta da giocarsi nelle trattative: ma il costo in vite umane sta diventando troppo alto, e la pressione sul presidente aumenta.
La diplomazia in azione
Sul fronte diplomatico, i colloqui di pace tra Stati Uniti e Ucraina sono iniziati martedì 11 marzo a Gedda, in Arabia Saudita. È il primo incontro ufficiale dopo la rottura tra Trump e Zelensky alla Casa Bianca che ha portato al congelamento degli aiuti militari americani. La delegazione americana è guidata dal segretario di Stato Marco Rubio, quella ucraina dal capo dell’ufficio presidenziale Andriy Yermak. Il nodo centrale dei negoziati è territoriale: Rubio ha chiaramente indicato che l’Ucraina dovrà cedere i territori occupati dalla Russia dal 2014 per ottenere un accordo di pace.
L’Ucraina ha portato al tavolo una proposta di cessate il fuoco limitato ai cieli e al Mar Nero, presentandola come primo passo concreto verso una tregua più ampia. Il presidente Zelensky, pur non partecipando direttamente ai colloqui di Gedda, ha preparato il terreno diplomatico incontrando lunedì il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman a Riad. L’obiettivo di Kyiv è duplice: mantenere aperto il dialogo con Washington e non cedere completamente alle pressioni per la rinuncia territoriale. Sul tavolo dei negoziati resta inoltre l’accordo sui minerali ucraini, naufragato durante il teso incontro alla Casa Bianca, ma che potrebbe essere finalizzato questa settimana secondo dichiarazioni dell’inviato di Trump, Steve Witkoff. Parallelamente, proprio Witkoff, dovrebbe incontrare Putin a Mosca giovedì 13 marzo, in un tentativo di mediazione diretta.
Fonte : Wired