Dopo Renzi e Calenda è la volta di Luigi Marattin. Questo piccolo grande centro italiano ha un nuovo federatore. Che, poi, tanto nuovo non è. Marattin, ex fedelissimo di Matteo Renzi, in Parlamento dal 2018, ha lanciato insieme all’ex senatore Andrea Marcucci il Partito Liberaldemocratico a cui hanno aderito varie associazioni che respingono l’idea di tornare tra le braccia di un Pd a guida Schlein. È l’ennesimo vano tentativo della politica Italiana di trovare quel che Battiato chiamerebbe un “centro di gravità permanente”.
Dalla dissoluzione della Democrazia Cristiana a oggi ci sono stati vari esperimenti di ricostruzione del centro che sono tutti falliti. Da Casini a Fini, passando per Mario Monti e Clemente Mastella, per finire col duo Renzi-Calenda, il centro non è mai andato oltre il 12%.
La coalizione montiana nel 2013 inizialmente era quotata intorno al 25%, ma alla fine si fermò a meno della metà e Monti non ebbe la capacità di tenere unito il raggruppamento centrista. Il duo Renzi-Calenda, invece, per colpa di un’incompatibilità profonda tra i due leader è durato meno di un gatto in tangenziale.
Che fine ha fatto il terzo polo
Perché ora con Marattin il centro dovrebbe spiccare il volo? I precedenti e le premesse non sono a suo favore. Se in Italia un partito di centro di questo tenore non è mai esistito un motivo ci sarà. Già nella Prima Repubblica i cosiddetti partiti laici di centro come Psdi, Pri, Pli non hanno mai lontanamente pensato di dare vita a un partito unico. Il motivo? Troppi personalismi.
Anche oggi, da un lato abbiamo Renzi che sta cercando di diventare l’oppositore più agguerrito della Meloni, mentre Calenda rifugge totalmente dall’idea del campo largo e Marattin non vuole due figure così ingombranti accanto a lui. Tutti fattori che lasciano intravedere un futuro funereo per il nuovo partito di centro e per il centrosinistra in generale.
Renzi, infatti, ha da tempo perso credibilità e, nonostante molti perlomeno dentro il Palazzo apprezzino il suo nuovo modo pungente e puntuale di fare opposizione, una buona fetta di elettori di centrosinistra sono quantomeno scettici di fronte all’idea di riabbracciare l’ex premier nel campo del centrosinistra. Anche Calenda è particolarmente inviso a una certa sinistra che non esita a definirlo “infame”.
La manifestazione di sabato 15 marzo
La mancanza di una prospettiva di centro influisce anche nel rapporto che il cosiddetto ‘campo largo’ deve mantenere con l’Unione Europea. Di certo non basterà una manifestazione – priva di bandiere di partito e promossa dal giornalista di Repubblica Michele Serra – a rinvigorire l’europeismo di una sinistra sempre più euroscettica. Una manifestazione a cui non aderirà il Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte che, ormai, è schierato su posizioni sempre più filo-trumpiane.
Assenti anche l’Arci e l’Anpi, mentre il Pd sarà presente nonostante la sua posizione contraria al riarmo proposto da Ursula von der Leyen che lo isola rispetto al resto del gruppo socialista (una contromanifestazione è prevista lo stesso giorno sempre a Roma a piazza Barberini).
I centristi come Renzi e Calenda scenderanno in piazza del popolo, ma privi della possibilità di rappresentare quella quarta gamba tanto invocata da Dario Franceschini e dai riformisti del Pd. Una gamba che riequilibrerebbe il baricentro del centrosinistra, sempre più spostato su posizioni massimaliste. Una gamba che neppure Marattin sembra avere la forza di mettere in piedi.
Fonte : Today