Secondo un report del Stockholm International peace research institute (Sipri), l’Ucraina è diventata il primo importatore globale di armi, con acquisti cresciuti di quasi cento volte rispetto al quinquennio precedente e pari all’8,8% del mercato mondiale. La guerra con Mosca, ormai al terzo anno, costringe l’Ucraina a rifornirsi da decine di paesi per sostenere la resistenza.
In questo scenario, il presidente Volodymyr Zelensky vola oggi a Riyadh per un vertice cruciale con il principe saudita bin Salman. L’obiettivo è duplice: ottenere sostegno diplomatico per il Summit sulla Pace che Kyiv intende organizzare nei prossimi mesi e assicurarsi che l’Arabia Saudita, con la sua influenza nel mondo arabo, possa mediare con Mosca. Un tentativo di diversificare le alleanze in un momento in cui il sostegno occidentale vacilla. A complicare il quadro, Elon Musk minaccia di spegnere Starlink, il sistema satellitare essenziale per le comunicazioni militari ucraine. “È la spina dorsale dell’esercito ucraino. Se lo spegnessi, la loro prima linea crollerebbe immediatamente”, ha dichiarato su X, evidenziando il ruolo sempre più determinante delle big tech nei conflitti moderni e la vulnerabilità di Kyiv, legata a forniture americane sempre più in bilico.
Stabilimente al primo posto nel mercato delle armi
Se l’Ucraina domina la classifica degli acquirenti, gli Stati Uniti restano saldamente il primo venditore mondiale. Con il 43% delle esportazioni globali e una crescita del 21% rispetto al quinquennio precedente, Washington mantiene un vantaggio netto su tutti gli altri paesi. Un dato impressionante, considerando che le armi americane arrivano in 107 nazioni, quasi la metà del mondo. Il divario con gli altri esportatori è enorme: gli Stati Uniti vendono quattro volte più della Francia, che con il 9,6% del mercato si piazza al secondo posto. A cambiare, però, è la destinazione delle forniture. Per la prima volta in vent’anni, gli Stati Uniti hanno venduto più armi all’Europa (35%) che al Medio Oriente (33%), segno di una nuova priorità strategica dopo l’invasione russa dell’Ucraina.
Il dato più sorprendente riguarda invece la Russia. Tradizionalmente secondo esportatore mondiale, ha visto le sue vendite crollare del 64%, scivolando al terzo posto dietro la Francia. Il calo era iniziato già prima della guerra in Ucraina, ma il conflitto ha aggravato la crisi. Mosca deve riservare più armi per il fronte, le sanzioni rendono difficile la produzione e i paesi occidentali stanno convincendo molti clienti a rivolgersi ad altri fornitori. I pochi rimasti sono soprattutto India (38%), Cina (17%) e Kazakhstan (11%), che insieme acquistano quasi il 70% delle armi russe. Mentre la Russia arretra, la Francia guadagna terreno. Con esportazioni dirette in 65 paesi, è diventata il secondo esportatore mondiale, soprattutto grazie al boom delle vendite in Europa (+187%), dove ha fornito aerei da combattimento a Grecia e Croazia e sostenuto militarmente l’Ucraina. Il suo principale cliente, però, resta l’India, che acquista il 28% delle armi francesi, seguita dal Qatar (9,7%).
Il riarmo europeo e le nuove dinamiche regionali
Secondo il rapporto del centro di studi svedese, negli ultimi anni, i paesi europei della Nato hanno più che raddoppiato gli acquisti di armamenti (+105%). La stragrande maggioranza di queste forniture proviene dagli Stati Uniti, che coprono due terzi delle importazioni europee, una percentuale in forte crescita rispetto al passato. Il resto arriva principalmente da Francia e Corea del Sud (6,5% ciascuna), Germania (4,7%) e Israele (3,9%).
Questa corsa al riarmo ha spinto l’Unione Europea a muoversi. Il 6 marzo, il Consiglio europeo ha approvato ReArm Europe, il piano da 800 miliardi di euro per rafforzare l’industria militare del continente che include incentivi fiscali per le aziende del settore, finanziamenti congiunti per progetti transnazionali e la creazione di un “corridoio preferenziale” per gli appalti militari intraeuropei. La decisione della Commissione è arrivata proprio mentre negli Stati Uniti cresce l’incertezza sul sostegno all’Ucraina, facendo scattare un campanello d’allarme nelle capitali europee.
Fuori dall’Europa, le dinamiche sono diverse. L’Asia, storicamente la regione che importa più armi, ha ridotto gli acquisti del 21%. Il motivo principale è la Cina, che ha ormai sviluppato un’industria bellica autonoma e ha dimezzato le importazioni, uscendo per la prima volta in trent’anni dalla classifica dei maggiori acquirenti. L’India, invece, resta il secondo importatore mondiale dopo l’Ucraina, ma sta riducendo la dipendenza dalla Russia: oggi il 36% delle sue forniture proviene da Mosca, contro il 55% di cinque anni fa, mentre crescono gli acquisti da paesi occidentali.
Anche il Medio Oriente ha registrato un calo del 20%, pur restando una delle aree più attive nel mercato delle armi. Qatar e Arabia Saudita continuano ad acquistare in grandi quantità, mentre Israele, nonostante la guerra a Gaza, mantiene stabili le importazioni, rifornendosi principalmente dagli Stati Uniti (66%) e dalla Germania (33%). Infine, una tendenza inaspettata arriva dall’Africa occidentale, dove gli acquisti di armi sono quasi raddoppiati in dieci anni, con la Nigeria in testa. Un fenomeno che potrebbe avere importanti conseguenze geopolitiche, in un’area contesa tra potenze occidentali, Turchia, Russia e Cina.
Fonte : Wired