Chip quantistici, le big si fanno la guerra a colpi di qubit. In piena corsa al computer quantistico, Google ha presentato a dicembre scorso Willow, un nuovo processore che (dicono dall’azienda) consentirà di ridurre l’annoso problema della tolleranza agli errori (vedi sotto). Tempo poche settimane ed è arrivata la risposta di Microsoft, che con il suo Majorana 1 ha annunciato di aver realizzato il primo dispositivo basato su qubit topologici; infine è stato il turno di Amazon, che ha svelato Ocelot, un chip quantistico basato sui cosiddetti cat qubit che, guarda un po’, è stato presentato come il dispositivo in grado di spianare al strada a computer quantistici a prova di errore. Insomma, una competizione serratissima. “I computer quantistici potrebbero risolvere problemi che per i computer attuali sono irrisolvibili – ci ha spiegato Paolo De Natale, direttore dell’Istituto nazionale di ottica al Consiglio nazionale delle ricerche (Ino-Cnr) e coordinatore del progetto I-Phoqs, un network di infrastrutture di ricerca finanziato dal Pnrr e che mette in connessione strutture di eccellenza nei settori della fotonica, delle nanotecnologie e delle tecnologie quantistiche – e per questo recentemente la corsa alla tecnologia è entrata nel vivo. Si tratta di un settore diventato estremamente importante e strategico: se fino a qualche anno fa la ricerca nel campo era solo di base, oggi è diventata molto più ampia e coinvolge non solo le più grandi aziende tecnologiche del mondo, ma anche molte realtà più piccole, sia pubbliche che private. Per l’Unione europea si tratta di un progetto flagship, cioè della massima importanza – basti pensare che gli unici altri progetti flagship comunitari sono stati quelli relativi al cervello umano e allo sviluppo del grafene”.
Chip quantistici a prova di errori
Ma torniamo ai chip quantistici. Il terreno di gioco della competizione, come accennavamo, riguarda il tema degli errori, che è centrale e ineludibile nello sviluppo di un processore quantistico realmente funzionante e soprattutto utile. “L’informazione quantistica – spiega ancora De Natale – è per sua natura estremamente fragile, perché qualsiasi interferenza o rumore esterno la distrugge irreversibilmente. Per questo un computer quantistico deve essere il più possibile schermato dal mondo esterno e a prova di errore, ossia dotato di una certa tolleranza all’errore e di un meccanismo di correzione degli errori stessi. La sfida scientifica e tecnologica, estremamente complessa, è proprio quella di costruire un chip il più possibile immune agli errori: Google, Microsoft e Amazon (ma non solo) hanno tentato approcci diversi per farlo. Tutti i chip quantistici appena presentati si basano sulla tecnologia dei superconduttori: naturalmente, trattandosi di un settore di ricerca in cui la competizione è così serrata e gli investimenti (e le aspettative) sono così ingenti, le aziende non hanno rilasciato tutti i dettagli dei loro dispositivi. Possiamo commentare solo quello che sappiamo”.
Willow, il chip di casa Google
Cominciamo da Willow, l’ultimo nato in casa Google. L’approccio di big G, ci spiega De Natale, è quello di cercare di ridurre esponenzialmente gli errori aumentando il numero di qubit utilizzati, un approccio suffragato dai risultati di un esperimento condotto in precedenza dagli stessi ricercatori, in cui un processore con 49 qubit era riuscito a ridurre gli errori in modo più efficiente rispetto a qualsiasi tentativo precedente. Willow utilizza 105 qubit superconduttori, ed è stato messo alla prova su un problema matematico (il campionamento di circuiti casuali, un test standard per la verifica delle prestazioni di un processore) che ha risolto in meno di 5 minuti, a fronte dei 10 settilioni di anni, un tempo maggiore dell’età dell’Universo – che sarebbero richiesti a un supercomputer classico.
Microsoft e il suo Majorana 1
Veniamo a Majorana 1, il chip quantistico di Microsoft intitolato al fisico italiano Ettore Majorana. “Questo dispositivo – ci dice l’esperto – si basa su un’architettura completamente diversa rispetto agli altri, quella dei cosiddetti qubit topologici. Sostanzialmente, gli elettroni vengono ‘protetti’ con le cosiddette quasi-particelle di Majorana [donde il nome del chip, ndr], un’entità teorizzata da Majorana negli anni trenta e osservata sperimentalmente solo di recente”. Majorana 1, in particolare, utilizza un “topoconduttore” – o almeno questo è quello che dicono i suoi creatori – che permette di creare e controllare stati quantistici più stabili, riducendo la sensibilità agli errori. L’idea alla base di questa tecnologia è che i qubit topologici siano intrinsecamente più robusti, perché le informazioni quantistiche sono distribuite lungo il materiale e meno soggette a disturbi locali.
Ocelot, il gattone di Amazon
È il turno di Ocelot, il primo chip quantistico sviluppato da Amazon Web Services: si tratta di un dispositivo basato sui cosiddetti cat qubit, o qubit di Schrödinger, che sfruttano il fenomeno della sovrapposizione quantistica – quello per l’appunto alla base del famoso paradosso di Schrödinger, in cui un gatto è “vivo” e “morto” allo stesso tempo (il nome Ocelot, ocelotto, è d’altronde un chiaro riferimento al felino) – per stabilizzare l’informazione e ridurre la correzione degli errori. Stando a quanto dichiara Amazon, l’uso dei cat qubit consentirebbe di ridurre il numero di qubit necessari per la correzione, aumentando l’efficienza complessiva del sistema.
Il problema della scalabilità
Oltre al problema della correzione degli errori, comunque, De Natale sottolinea che queste aziende (e non solo) dovranno misurarsi anche con la complessa questione della scalabilità dei dispositivi, cioè di come assicurarne il funzionamento aumentando il numero dei qubit per il calcolo. C’è inoltre da considerare il fatto che, oltre ai superconduttori, ci sono anche altri approcci promettenti: “In Europa in molti stanno lavorando a una tecnologia basata sugli ioni – conclude lo scienziato – e a un’altra basata su atomi neutri di itterio, entrambe con potenzialità promettenti. È un momento, insomma, di grande fermento. Si sta costruendo un’intera filiera che avrà ricadute importanti dal punto di vista manifatturiero, economico e sociale”.
Fonte : Wired