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Gilda Sportiello, deputata M5S, a Fanpage ha fatto il punto sull’accesso all’aborto in Italia, denunciando le difficoltà create dalla percentuale di medici obiettori o dalla non applicazione della 194. Ha poi denunciato il fallimento del governo Meloni nell’affrontare le reali necessità delle famiglie, dalla scarsa disponibilità di asili nido al limitato supporto nella conciliazione tra lavoro e genitorialità.
Il 5 marzo scorso, durante una seduta alla Camera dei Deputati, Gilda Sportiello, deputata del Movimento 5 Stelle, ha esortato a superare i gesti simbolici legati alla Giornata Internazionale della Donna, come l’offerta delle mimose: “Tenetevi pure le mimose e dateci i consultori, il diritto all’aborto, gli asili nido, il lavoro, una reale lotta contro le violenze di genere”, ha dichiarato in aula, accendendo il dibattito politico. Sportiello è nota per essere stata la prima parlamentare italiana ad allattare in aula durante una seduta nel 2023, un gesto politico, simbolico, che ha voluto denunciare le difficolta e le carenze nei diritti delle madri lavoratrici. La deputata è anche ricordata per aver condiviso la sua esperienza personale di interruzione di gravidanza, denunciando le difficoltà che ancora oggi molte donne affrontano proprio nell’accesso all’aborto. In occasione dell’8 marzo, Giornata Internazionale della Donna, Fanpage.it ha intervistato la deputata Sportiello per fare il punto sulla situazione dei diritti delle donne in Italia, con particolare attenzione all’accesso all’aborto, alle politiche per la natalità del governo Melonie all’efficacia degli interventi a sostegno delle famiglie.
Intanto, oggi alle 10:00, presso la Camera dei Deputati, si terrà la conferenza stampa “L’aborto è un diritto: mai sole, mai in silenzio”, organizzata dalla deputata M5S e focalizzata proprio sul diritto all’aborto in Italia e sul ruolo delle reti di mutualismo dal basso.
Onorevole Sportiello, a che punto siamo con l’accesso all’aborto in Italia?
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Siamo arrivati al punto che i diritti sono riconosciuti in base a ciò che il governo considera come persone meritevoli di tutela. Ci troviamo di fronte a un governo che, tra l’altro, nega l’esistenza di vere discriminazioni e problemi, raccontando un mondo al contrario. L’ha fatto più volte: la Presidente Meloni, per esempio, quando ho parlato in aula delle discriminazioni e degli attacchi ai diritti in atto. Lo ha fatto anche la Ministra Roccella, quando ha affermato che in Italia è più difficile trovare un luogo dove partorire che uno dove interrompere una gravidanza. E ieri, in aula, la Ministra per le Pari Opportunità ha dichiarato che il governo ha sfondato il tetto di cristallo. Non rendersi conto che, se i diritti non sono garantiti a tutti, si tratta di privilegi e non di diritti, significa non comprendere il concetto di democrazia e di pari opportunità.
In Italia esiste una legge, la 194, che dovrebbe garantire alle donne la possibilità di scegliere se interrompere o meno una gravidanza. È davvero così? La percentuale di medici e obiettori di coscienza la garantisce?
Se consideriamo la percentuale di medici e obiettori di coscienza, ci sono regioni in cui questa percentuale supera il 90%, altre che si attestano sull’80% e molte altre che arrivano al 70%. Parliamo quindi di numeri davvero significativi. In alcune zone, in alcune città o regioni, non è nemmeno possibile accedere all’aborto farmacologico o, ancora peggio, non è possibile assumere il secondo farmaco a domicilio, come avviene per esempio in Emilia Romagna o in altre aree. Purtroppo, oggi, molte persone devono trovarsi nel posto giusto per poter esercitare un diritto, ma questo non garantisce equità. Quello che si vive è più un privilegio, che solo chi è fortunato può accedere, e non un diritto universale che dovrebbe essere garantito a tutte.
Il governo parla spesso di natalità e della “bellezza della genitorialità”, invitando le donne a fare più figli. Quando le donne scelgono di fare figli, però, sono spesso le prime a dover lasciare il proprio lavoro. Cosa ne pensa?
La retorica di questo governo sulla natalità è davvero sorprendente. In Parlamento, anche in occasione di alcune interpellanze che ho presentato, ho ricevuto risposte dal governo in cui le donne vengono giudicate e colpevolizzate se decidono di non essere madri, ma lo stesso accade anche a chi decide di avere dei figli, in un contesto sociale spesso escludente e che non supporta adeguatamente queste scelte. Il welfare, infatti, è completamente inesistente. Penso agli asili nido, che ancora oggi in Italia sembrano essere un servizio destinato solo alle donne, come se il carico di cura fosse esclusivamente sulle loro spalle. Servirebbe una rete di welfare più inclusiva, che riguardi tutta la genitorialità. In questo senso, il congedo di genitorialità paritario sarebbe fondamentale, dove entrambi i genitori possano godere dello stesso periodo di congedo, distribuendo il carico di cura nel primo anno di vita del bambino. Il carico di cura dovrebbe essere insomma distribuito equamente, e ciò richiede strutture adeguate che supportino tutte le famiglie, non solo le donne. Solo così si può creare un sistema che realmente aiuti le famiglie a conciliare il lavoro e la genitorialità. E in questo modo, le donne non verrebbero penalizzate sul posto di lavoro, né ora né in futuro, quando andranno in pensione.
Uno degli strumenti fondamentali per sostenere le famiglie, come diceva, è il potenziamento degli asili nido. Solo il 25% dei fondi del PNRR destinati agli asili nido è stato però finora utilizzato. Che impatto ha sulla vita delle famiglie italiane e quali rischi comporta per il futuro del Paese?
Il problema è che, quando questo governo è entrato in carica, c’era un piano per l’utilizzo del PNRR, con un obiettivo chiaro per gli asili nido: l’aggiunta di 250-260 mila posti, con l’obiettivo di raggiungere una copertura del 33% a livello regionale. Questo obiettivo era stato fissato dall’Europa. Però, quando il governo è subentrato, ha rimodulato il PNRR, abbassando il traguardo da 260 mila posti a 150 mila. A dicembre, abbiamo scoperto che l’obiettivo dei 150 mila posti è in forte dubbio, e potrebbe anche calare ulteriormente. Inoltre, non c’è più l’obiettivo di raggiungere una determinata soglia di copertura, il che significa che regioni come la Campania o la Sicilia, che coprono solo il 13% del fabbisogno di asili nido, potrebbero restare in questa situazione. In pratica, solo uno su dieci potrebbe avere accesso agli asili nido, un servizio che non è solo un’esigenza delle famiglie, ma un diritto fondamentale per bambini e bambine.
In Italia viene ancora associata la narrazione del dolore e della colpa quando si parla di aborto, sia come scelta personale che nei casi in cui si unica via possibile. Crede che arriverà il momento in cui le donne si sentiranno libere di non essere giudicate per tutta la vita per aver preso questa decisione?
Pur ritenendo legittima ogni emozione, credo che il senso di colpa che ci viene inflitto e affibbiato è funzionale a tenerci ai margini e farci vivere con uno stigma che sembra non finire mai. Spesso ci viene imposto di sentirci in colpa per aver preso una decisione che riguarda la nostra vita e la nostra salute. Perché quando si parla di aborto non si parla solo di scelta legittima e ingiudicabile, può anche essere una necessità, una cura. Eppure, questo stigma persiste, creando un’atmosfera in cui si vuole che restiamo in silenzio. La colpa e la vergogna sono strumenti per mantenere il nostro silenzio. Io credo che, invece, sia importante rompere questo silenzio, rispettando sempre le emozioni di tutte le persone coinvolte, che sono legittime. Personalmente, con la mia azione in aula, ho voluto spezzarlo quel silenzio e sono convinta di aver fatto la cosa giusta.
Fonte : Fanpage