Non tutte le armi messe a punto durante la pandemia sono ugualmente efficaci. I vaccini, ad esempio, hanno confermato la loro utilità in modo ormai inequivocabile, riducendo sensibilmente la pericolosità del virus, e quindi ricoveri e decessi, almeno per anziani e pazienti a rischio. Lo stesso non si può dire dell’antivirale paxlovid, uno dei due farmaci approvati contro Covid 19, che a fronte di un costo elevatissimo e di investimenti milionari da parte di sistemi sanitari come il nostro (solo nel 2023 ci è costato ben 54 milioni di euro), alla prova dei fatti sta tradendo le aspettative. L’ultima bocciatura arriva da un recente studio pubblicato su Jama, in cui il farmaco non ha dimostrato di poter ridurre né le ospedalizzazioni né i decessi in pazienti anziani vaccinati contro Sars-Cov-2, la popolazione più numerosa per cui ne viene indicato l’utilizzo.
Il farmaco è una combinazione di due molecole antiretrovirali, nirmatrelvir e ritonavir. È stato sviluppato come terapia anti Covid 19 nel 2020, e utilizzato in tutto il mondo prima con autorizzazione emergenziale, e poi con approvazione definitiva a partire dal 2022. In Italia è rimborsata dal Servizio Sanitario Nazionale per il trattamento precoce di pazienti a rischio, ad un prezzo che – senza tenere conto degli sconti negoziati da Aifa con il produttore – supera i 1.300 euro per paziente.
I dati che hanno portato all’approvazione di questo blockbuster farmaceutico (che ha generato ricavi per decine di miliardi di dollari negli ultimi tre anni) arrivano da uno studio del 2022, che aveva testato (convenientemente) la sua efficacia su pazienti non vaccinati, dimostrando una certa capacità di ridurre ospedalizzazioni e decessi in questa categoria di persone. Sin dall’inizio, la selezione della popolazione su cui testare il farmaco era sembrata in qualche modo una scelta “di comodo”, visto che la mancata vaccinazione espone a forme più gravi di malattia, e quindi aumenta le probabilità che un farmaco possa fare la differenza, e che i vaccinati all’epoca dello studio erano già diffusissimi un po’ in tutto il mondo, e avrebbero rappresentato una popolazione di studio più rappresentativa di quella che era (o che sarebbe comunque stata di lì a poco) la situazione a livello globale.
Un secondo studio, del 2024, ha testato quindi nuovamente l’efficacia di Paxlovid in persone di mezza età vaccinate, senza trovare alcuna riduzione significativa del rischio di ospedalizzazione o di decesso. Il razionale per il suo utilizzo si è fatto quindi molto meno convincente, soprattutto a fronte del costo elevatissimo della terapia, e di due fastidiosi, quanto comuni, effetti collaterali: una terribile disgeusia, cioè un “saporaccio” costantemente presente in bocca che può durare per diversi giorni, e il rebound virale, la tendenza del virus a tornare a replicarsi nell’organismo dopo essere sparito per qualche settimana in seguito alla terapia, con il conseguente allungamento della durata dell’infezione.
Rimaneva però la speranza che il farmaco potesse risultare utile anche in seguito alla vaccinazione, almeno nei pazienti anziani, più fragili e quindi a rischio di sviluppare forme gravi di Covid 19. Per verificarlo, gli autori del nuovo studio hanno potuto sfruttare un fortuito “esperimento naturale” nato da un cambio di normativa nella provincia canadese dell’Ontario: dal primo aprile 2023, infatti, la prescrizione del farmaco è stata ristretta ai pazienti over 70, e verificando quindi l’esisto delle infezioni avvenute appena sopra, e appena sotto quella soglia di età, i ricercatori della University of California di Los Angeles hanno potuto verificare l’efficacia di paxlovid in pazienti anziani (over 70) vaccinati, comparandola con l’esito delle infezioni in pazienti anziani (appena sotto i 70) vaccinati che non hanno ricevuto terapie aggiuntive. I risultati, lo dicevamo, hanno dato un responso negativo: le differenze in termini di ricoveri e mortalità sono minime, se non inesistenti.
“Il nostro studio essenzialmente esclude la possibilità che paxlovid possa indurre una riduzione consistente delle ospedalizzazioni per Covid 19 in pazienti anziani e vaccinati”, sottolinea John Mafi, professore di medicina interna dell’Università della California di Los Angeles che ha partecipato alla ricerca. “Non possiamo escludere del tutto che ci sia una piccola riduzione delle ospedalizzazioni per Covid, ma i nostri risultati indicano che nella migliore delle ipotesi il potenziale effetto di paxlovid è quattro volte inferiore a quello riportato nel trial originale di Pfizer del 2022”.
Fonte : Today