Zalando continua a dire non essere come le altre piattaforme e contesta la normativa Ue

Zalando, la più grande piattaforma di vendita online di capi d’abbigliamento e accessori in Europa, continua a non essere d’accordo con quanto concordato dai regolatori della Ue, che l’hanno assimilata ad Amazon e AliExpress, costringendola così a dover rispettare la normativa imposta dal Digital Services Act (DSA) alle piattaforme di grandi dimensioni (VLOP), ossia “che hanno più di 45 milioni di utenti al mese”. Un‘etichetta che Zalando ha oramai dal 2023, ma che continua a contestare con fermezza e decisione, criticando soprattutto la mancanza “di una metodologia chiara e coerente per valutare se una società è una VLOP”.

Oggi, a distanza di due anni, l’avvocato della società Robert Briske è tornato a contestare la decisione della Ue di fronte alla giura della Corte generale del Lussemburgo: “Amazon, AliExpress, Booking. Zalando differisce fondamentalmente da questi (modelli di business). La Commissione europea non ha prestato sufficiente attenzione”. La stessa società, infatti, ha riferito di operare secondo un “modello di business ibrido”, che la vede impegnata sia nell’attività di vendita dei propri prodotti che in quella dei prodotti forniti dai partner. Nello specifico, secondo quanto sostenuto da Zalando, l’attività di vendita al dettaglio dei suoi prodotti – pari al 61% totale della sua attività – non rientrerebbe nell’ambito di applicazione del DSA.

Un’affermazione già smentita dalla Commissione, che ha dichiarato che è impossibile sapere se uno specifico utente di Zalando sia “esposto a prodotti provenienti dalla propria attività di vendita al dettaglio o da commercianti terzi che utilizzano il suo servizio di intermediazione, poiché entrambi i tipi di prodotti sono visualizzati in modo indistinto sull’interfaccia online di Zalando”. Inoltre, come ha ribadito oggi l’avvocato Briske, il conteggio degli utenti attivi di Zalando da parte della Commissione sarebbe scorretto. Nel 2023, anno in cui la piattaforma è stata etichettata come VLOP, il sito avrebbe raggiunto 30,8 milioni di visitatori: una cifra decisamente inferiore agli 83 milioni segnalati dai regolatori della Ue. Se così fosse, allora la piattaforma di shopping online non sarebbe soggetta alle rigide regole del DSA europeo.

E non finisce qui. Zalando ha anche chiarito che la sua piattaforma non c’entra nulla con la diffusione di contenuti dannosi o illegali, che le normative del DSA cercano di limitare il più possibile per garantire la sicurezza degli utenti. Un recente rapporto di trasparenza condiviso dalla società, riferito agli sforzi di moderazione dei contenuti tra aprile e settembre 2024, ha rivelato che la piattaforma ha ricevuto 731 segnalazioni relative a contenuti potenzialmente dannosi, e “111 di questi” sono stati rimossi dalla piattaforma. Insomma, la piattaforma sembrerebbe avere dalla sua più di una motivazione per non voler rispettare le normative europee. Se questo sarà possibile o meno, però, lo deciderà la Corte Generale nei prossimi mesi.

Se la giuria dovesse schierarsi dalla parte di Zalando, il caso rappresenterebbe una svolta importante per le piattaforme con modelli di business simili, così pure per quelle che hanno già presentato ricorso per la loro designazione come VLOP, tra cui vale la pena nominare Amazon e i siti porno Pornhub, Stripchat e Xvideos.

Fonte : Wired