Che ne pensa della proposta di Trump di far tornare gli ucraini al voto dopo quasi sei anni, nonostante la situazione eccezionale?
Ci possiamo provare. Anche se è molto complicato gestire le elezioni con così tanti rifugiati all’estero e con l’occupazione russa ancora in corso, ma non dovrebbe essere tabù. Così come la legge marziale, che oggi comprime il dibattito democratico, a mio avviso non dovrebbe essere applicata in tutte le regioni ucraine. Ci sono alcune aree, come Zaporizhzhia o Chernihiv [nella parte centrale dell’Ucraina, ndr] che sono quasi immuni dai bombardamenti. Non è facile parlarne, ma le restrizioni stanno contribuendo al declino ucraino, alimentando un’economia in nero e una politica parallela. È necessario concedere più libertà alle persone, anche se siamo in guerra. Questo è un tema cruciale, ma poco discusso, nonostante sia molto sentito dalla popolazione.
Ho visto alcuni video in cui lei, durante il periodo da portavoce, placcava alcuni corpulenti giornalisti che si avvicinavano troppo bruscamente a Zelensky. Lo ha seguito in giro per il mondo in fasi diverse ma comunque turbolente della storia del paese. Qual era il suo rapporto con l’informazione italiana?
Le racconto un episodio bizzarro riguardante i media italiani, capitato durante la visita della first lady ucraina, Olena Zelenska, in Giappone per l’intronizzazione dell’imperatore Naruhito. Olena [Mendel la chiama ancora così, ndr] indossava un vestito giallo limone, che è diventato il bersaglio di un attacco mediatico assurdo, con i troll che sostenevano che il colore fosse offensivo per il Giappone. Nonostante la mancanza di logica e l’assenza di implicazioni politiche rilevanti, alcuni siti d’informazione italiani hanno ripreso la notizia. Ho provato a contattarli per correggere la narrazione, ma senza successo. Ho trovato resistenza, specialmente da un celebre inviato che scriveva di Ucraina mentre era basato a Mosca. Non faccio nomi per una questione di rispetto. Comunque, per me è il segno di una comunicazione tra l’Ucraina e l’Italia che allora era molto strana e inefficace, ostacolata forse da pregiudizi filo-russi, ma ancora di più da un generale disinteresse dell’Italia per il nostro paese. Oggi però le cose sono cambiate e migliorate parecchio.
Prendere parte ai colloqui di pace richiederebbe un lavoro politico e culturale significativo per l’Ucraina, a partire dallo shock di tornare a dialogare con la Russia. Non trova?
La realtà è che, nonostante il coraggio dell’esercito ucraino, le sue risorse sono limitate rispetto alla Russia, e senza un approccio diverso con Mosca o un cambiamento strategico, il rischio è che Putin raggiunga di nuovo Kyiv entro un anno o un anno e mezzo. Nella capitale, dove vivo, ci sono ancora persone – per esempio il mio fioraio o il mio dentista – che dicono che dovremmo ritornare ai confini del 1991.
Non hanno idea della gravità della situazione?
È stato sciocco credere che Stati Uniti ed Europa ci avrebbero inviato armi per sempre, specie con Trump che si stava riavvicinando al potere. Con le fortificazioni russe, la minaccia nucleare e il ridotto supporto militare occidentale, sarebbe più saggio prendere atto della situazione, evitando ulteriori perdite di vite umane. Senza giustificare le azioni del Cremlino, questo no. Ma riconoscendo che le scelte fatte finora stanno riducendo molti ucraini alla mera sopravvivenza.
Fonte : Wired