Riarmo e sostegno all’Ucraina: Orban contro tutti mentre l’Ue cerca l’unità

Il copione è sempre lo stesso, la trama non cambia. Al Consiglio europeo sarà di nuovo una battaglia tutti contro Viktor Orban. O meglio, Viktor Orban contro tutti. Mentre i 27 leader del blocco stanno cercando di trovare una strategia d’azione comune in un mondo in cui le relazioni transatlantiche, e di conseguenza l’architettura della sicurezza europea, stanno drammaticamente cambiando, il leader ungherese continua a volersi mettere di traverso.

Zelensky alla riunione

Quello di oggi (giovedì 6 marzo) è un Consiglio europeo speciale, convocato in fretta e furia dal presidente Antonio Costa per provare a mettere a punto una nuova strategia per continuare a difendere l’Ucraina anche in caso di disimpegno degli Stati Uniti. Per sostenere Volodymyr Zelensky, che parteciperà alla riunione di persona e non solo in videocollegamento come d’abitudine, nel raggiungimento di un accordo di pace che non sia deciso sopra la sua testa dal presidente statunitense Donald Trump e da quello russo Vladimir Putin.

Per far guadagnare anche all’Europa un posto al tavolo delle trattative, con la convinzione che la sicurezza dell’Ucraina è inscindibilmente legata a quella dell’intera Ue. Le prossime mosse degli europei saranno decisive. Il presidente francese Emmanuel Macron ha parlato della necessità di “un incredibile risveglio” e il futuro cancelliere tedesco Friedrich Merz ha detto che l’Europa si trova “a cinque minuti dalla mezzanotte”.

Armi a Kiev

I temi sul tavolo saranno due: l’approvazione del piano per il riarmo dell’Europa, presentato dalla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, e la posizione comune da tenere sull’Ucraina. I Ventisette vogliono ribadire la necessità di negoziati che portino a una pace che rispetti “l’indipendenza, la sovranità e l’integrità territoriale” dell’Ucraina, e il principio secondo cui “qualsiasi tregua o cessate il fuoco” possa “verificarsi solo come parte di un processo che porti a un accordo di pace complessivo”.

O meglio, i Ventisei vogliono ribadirlo, perché Orban si oppone a queste formulazioni nel testo delle conclusioni, attualmente in fase di negoziazione, e minaccia di mettere il veto.

A Bruxelles è in corso una battaglia per dare il via libera all’invio di ulteriori aiuti militari all’Ucraina, ma l’ungherese vorrebbe chiudere i rubinetti, come ha fatto Trump congelando non solo le consegne di armi, ma addirittura anche l’invio di informazioni di intelligence. I governi europei, invece, vorrebbero includere nel testo delle conclusioni del Consiglio europeo – che serve a dettare la linea delle future azioni del blocco – il via libera a un piano annunciato il mese scorso dall’Alto rappresentante per gli Affari esteri dell’Ue, Kaja Kallas.

Il piano prevede l’invio all’Ucraina di almeno 1,5 milioni di munizioni di artiglieria quest’anno, oltre ad altre attrezzature come sistemi di difesa aerea, missili e droni.

Quest’anno l’Europa fornirà all’Ucraina 30,6 miliardi di euro, con esborsi dallo Strumento per l’Ucraina, un meccanismo dell’Ue a sostegno di Kyiv, che dovrebbero raggiungere i 12,5 miliardi di euro, e ulteriori 18 miliardi di euro da prestiti del G7 nell’ambito della cosiddetta “iniziativa Era”.

Il veto di Orban

E gli europei sanno che bisogna fare di più, ora che gli Stati Uniti si sono tirati fuori. La bozza di testo in discussione sottolinea che l’Ue “continuerà a fornire all’Ucraina un sostegno finanziario regolare e prevedibile”. Ma tutte queste richieste potrebbero essere escluse dalle conclusioni se Orban resterà fermo sulle sue posizioni. In passato ha già minacciato più volte di porre il veto alle conclusioni del Consiglio, salvo poi fare dietrofront all’ultimo secondo.

Costa e diversi altri leader stanno cercando di convincerlo, ma si paventa l’alternativa classica, già usata in passato proprio per aggirare il veto del magiaro: le conclusioni del presidente sostenute da 26 Stati membri. È una scappatoia che viene capita solo nella “bolla” di Bruxelles, ma il cui utilizzo ha un forte valore simbolico e politico: significa che l’Ue non è capace di agire in maniera compatta, e in situazioni come queste è un vero disastro.

Riarmare l’Europa

Più semplice sarà la discussione sul ReArm Europe, il piano di von der Leyen che promette fino a 800 miliardi di investimenti nelle armi nei prossimi anni. Ad Orban non piace particolarmente, ma neanche ha intenzione di mettere i bastoni tra le ruote ai suoi colleghi.

Si parlerà anche di un possibile contingente di pace in caso di accordo sulla fine del conflitto, composto dalla “coalizione dei volenterosi”. Il tema non è in agenda, ma un alto funzionario europeo ha spiegato che “diversi Stati” hanno espresso il loro interesse a partecipare all’iniziativa, pur sottolineando che “la discussione sui dettagli è prematura”.

Costa, poi, venerdì terrà una videoconferenza per fare il punto con i Paesi partner non Ue: primo fra tutti il Regno Unito di Keir Starmer, poi anche Islanda, Norvegia e Turchia. “Vogliamo mantenere con questi partner non Ue un collegamento di coordinamento su come andare avanti. Quindi abbiamo scelto di fare questa videoconferenza per coordinarli e fare il punto, e anche per ascoltarli”, ha spiegato un’altra fonte. L’unità dell’Europa è sempre più importante. Con o senza Orban.

Fonte : Today