Secondo il rapporto “Digital 2024” di We Are Social, l’88 per cento degli italiani trascorre su Internet una media di quasi 6 ore al giorno. Di queste, circa 2 ore sono dedicate ai social media. TikTok è la piattaforma su cui gli utenti trascorrono più tempo con una media di 34 ore al mese, ovvero più di un’ora al giorno. Segue YouTube, con poco più di 28 ore mensili per utente (più di un’ora al giorno). Ma, nonostante ciò, Instagram rimane la piattaforma preferita dagli utenti, seguita da WhatsApp e Facebook.
E’ stato evidenziato che il meccanismo dello scrolling (lo scorrere del dito sullo schermo dello smarthphone) sui social generi una vera e propria sensazione di gratificazione e piacere, dovuta al rilascio della dopamina. E ciò accade soprattutto nel momento in cui riceviamo notifiche di like e commenti, che sentiamo di dover assolutamente visionare. Ma anche quando ci imbattiamo in post e contenuti neutri o non interessanti, continuiamo a scrollare in attesa di trovare nuove fonti di gratificazione, alimentando un meccanismo che ci tiene incollati allo schermo. Tuttavia dell’impatto psicologico e fisiologico di tali modelli di utilizzo (ad esempio, per quanto riguarda stress, eccitazione e affetto) si sa ancora poco. Ad avere fornito nuovi dettagli un nuovo studio condotto dai ricercatori del Dipartimento di Psicologia presso l’Università di Durham (Inghilterra).
Lo studio
Le sessioni (visite dei singoli utenti) sui social media tendono a durare 10-20 minuti, con la maggior parte degli utenti che controlla i propri account più di dieci volte al giorno. Su questa base, i ricercatori inglesi hanno chiesto a 54 persone (44 donne e 10 uomini) di età compresa tra 18 e 30 anni che utilizzavano Instagram regolarmente (almeno una volta al giorno), di scrollare su Instagram dal loro telefono per 15 minuti. Per raccogliere i dati fisiologici (frequenza cardiaca e “conduttanza cutanea”, un indicatore della sudorazione) hanno attaccato degli elettrodi sul torace e le dita dei partecipanti. Questi marcatori fisiologici vengono utilizzati dagli psicologi per dedurre gli stati mentali e le emozioni dei pazienti. Infine, prima di aprire Instagram, ai partecipanti è stato chiesto di leggere un articolo di giornale dal loro telefono.
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Gli effetti dello scrolling sul corpo
Dall’esperimento hanno scoperto che, rispetto alla lettura dell’articolo su Internet, scrollare su Instagram ha portato a un netto rallentamento della frequenza cardiaca dei partecipanti, aumentando al contempo la loro risposta sudorale. Da altre ricerche era emerso che un simile schema di risposte corporee dimostra che l’attenzione di una persona è completamente assorbita da uno stimolo altamente significativo o emotivo presente nell’ambiente circostante: è uno stato di eccitazione simultanea e di profonda immersione in qualcosa di molto significativo per l’utente. “Sapevamo che leggere semplicemente una notizia dal web non poteva causare questa risposta corporea. Sembra quindi che ci sia qualcosa di speciale nei social media che può facilmente assorbirci”, hanno spiegato i ricercatori.
“Tuttavia – hanno continuato -, l’effetto più interessante del nostro studio si è verificato quando abbiamo chiesto ai partecipanti di chiudere Instagram e di tornare a leggere un altro articolo di giornale”. Invece di uscire dall’eccitazione e tornare a uno stato di calma, la sudorazione dei partecipanti è aumentata ulteriormente, come è aumentata la frequenza cardiaca anziché rallentare.
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Disconnettersi dai social causa stress fisico e psicologico
Ciò che ha aiutato i ricercatori a interpretare questi effetti sono state le valutazioni delle emozioni dei partecipanti, raccolte prima di accedere ad Instagram e al momento in cui si sono disconnessi. “I partecipanti – hanno spiegato i ricercatori – hanno riferito di essere stressati e ansiosi quando si sono dovuti disconnettere. Hanno anche riferito che in quel momento avevano voglia di continuare a scrollare sul social”.
Su questa base, i ricercatori ritengono che la risposta fisiologica osservata quando i partecipanti si sono disconnessi rifletta un’altra forma di eccitazione, ma questa volta negativa e correlata allo stress. “Tali risposte di stress fisico e psicologico – hanno spiegato gli autori – si verificano anche quando le persone dipendenti da sostanze stupefacenti attraversano una fase di astinenza o dopo aver smesso “di colpo” l’assunzione”.
Quando i social creano dipendenza
Dopo l’esperimento, i ricercatori hanno chiesto a tutti i partecipanti di compilare un questionario per valutare i sintomi della “dipendenza dai social media”. Sebbene questo concetto sia controverso e attualmente non riconosciuto come un disturbo di salute mentale, il questionario ha fornito qualche informazione in più su come l’uso dei social media possa influenzare negativamente la vita quotidiana di una persona. Ciò può includere anche i risultati lavorativi o scolastici, o portare a conflitti con i partner.
In particolare, non sono state riscontrate differenze nella frequenza cardiaca e nella sudorazione tra i partecipanti che hanno ottenuto punteggi alti o bassi in questo test. Ciò significa che tutti i partecipanti hanno mostrato un modello di eccitazione durante l’uso e di eccitazione correlata allo stress quando l’uso è stato interrotto. “Questa scoperta non significa che siamo tutti dipendenti dai social media. Al contrario, crediamo che i social media offrano ricompense molto potenti, e che alcune delle sue caratteristiche potrebbero effettivamente creare dipendenza, come i flussi video brevi personalizzati che ci intrappolano in un ciclo infinito di contenuti divertenti”.
L’aspetto sociale dei social media
I ricercatori hanno anche sottolineato – come dimostrato da una loro ricerca precedente -, che è soprattutto l’aspetto sociale dei social media a spingere la maggior parte delle persone a usarli così intensamente. Ciò significa anche che, a differenza delle droghe, i social media fanno leva su bisogni umani fondamentali (“tutti vogliamo sentirci parte di un gruppo e piacere”). Bisogni che, a differenza delle droghe, possono essere soddisfatti anche attraverso altri mezzi, ad esempio parlando con le persone.
“Pertanto – hanno affermato -, se riconosciamo l’esistenza di una “dipendenza dai social media”, potremmo anche dover riconoscere una “dipendenza dall’amicizia”. Dobbiamo quindi usare con cautela il termine “dipendenza” quando parliamo di social media: il rischio è che un comportamento normale possa diventare “patologizzato” e portare allo stigma”. “E’ quindi necessaria – hanno concluso – una ricerca più approfondita per stabilire se determinati modelli di comportamento nell’uso dei social media possano essere intesi come rappresentanti o meno di un disturbo da dipendenza. E un modo per valutare il potenziale di dipendenza dell’uso di SNS è misurare le risposte fisiologiche suscitate durante l’esposizione e l’interruzione dell’attività”.
Fonte : Today