Nella tana dei lupi 2, la recensione di un film ben riuscito

A scrivere è sempre Paul T. Scheuring, il creatore della serie TV Prison Break, con Christian Gudegast, che è anche regista. E in più, stavolta, ci sono diversi attori europei, tra cui due ex Gomorra, cioè Fortunato Cerlino (Pietro Savastano) e Salvatore Esposito (Gennaro Savastano). Ma non sono questi i veri cambiamenti.

Mentre infatti Nella tana dei lupi 2 è intento a mettere in scena tutto con il massimo della serietà, con quella medesima passione per il cinema virile dei film di Michael Mann e con l’essenzialità di una sceneggiatura di pochissime parole e molte azioni, intanto, lentamente, si smussano i caratteri. Il personaggio di Big Nick, che aveva impressionato nel primo film per abiezione morale, peggio dei peggiori criminali, qui è in cerca di redenzione o, più semplicemente, di un contatto umano. Quello che altrove sarebbe un ribaltamento da antipatico a simpatico, in questo film è molto più complicato. Non è una persona che inspiegabilmente ha un altro carattere, è una persona che è stufa di essere chi è e, in un altro posto, dall’altra parte dell’Oceano, per la prima volta sperimenta un’altra vita possibile.

Per fortuna, non manca la grande rapina finale. E, come in tutte le migliori rapine nei film, anche qui l’impressione è che chi la filma non la chiuderebbe mai, che rimarrebbe attaccato ad oltranza ai dettagli del piano e della sua esecuzione, alla dinamica di nascita di un problema e alla sua risoluzione il più rapidamente possibile da parte di un team addestrato e abile. Il piacere dei piani ben riusciti e di un collettivo di banditi uniti.

Fonte : Wired