Se pensate che la poesia e l’intelligenza artificiale non abbiano punti di contatto, non avete mai parlato con Giuliano De Santis, in arte Giuliano Logos, classe ‘93 e primo italiano ad aver vinto il titolo di Campione del Mondo di Poetry Slam a Parigi nel 2021. Anche se possono sembrare mondi molto distanti tra loro, l’IA non ha solo risvolti produttivi di massimizzazione dei processi economici, ma può attivare anche nuovi processi creativi. Da qui il lavoro a un nuovo spettacolo di poesia performativa che vede la collaborazione tra Logos e Alex Braga con il suo A-MINT (Artificial Musical Intelligence), sistema sviluppato insieme ai professori Francesco Riganti Fulginei e Antonino Laudani dell’Università di Roma Tre. Cosa la differenzia dalle altre IA che conosciamo? Funziona in tempo reale, si addestra interfacciandosi direttamente con l’artista senza basarsi su database preesistenti ed è quindi di fatto più sostenibile, a livello etico e ambientale, richiedendo risorse computazionali minime. A-MINT si adatta al codice di improvvisazione dell’artista sul palco generando musica.
Nel concreto come si tradurrà sul palco? “I suoni della mia voce, che sono cadenzati, hanno un loro ritmo, saranno trasformati in suoni, in una musica che mi accompagnerà durante la performance – racconta l’artista di origini pugliesi, ex rapper e membro della band Stip’ Ca Groove – La mia ricerca artistica parte dall’uso consapevole della tecnologia e il progetto di Braga aderisce perfettamente alla mia volontà di avere un’interazione sana con queste macchine, mostrando un’alternativa possibile che consumi poca energia, che sia locale, sostenibile e applicata anche alle arti”.
Poesia e intelligenza artificiale, un rapporto in costante movimento
La tecnologia e la poesia hanno avuto (e hanno) punti di contatto infiniti. Guardando solo alle sue ultime sperimentazioni, il performer 32enne l’anno scorso ha esplorato il rapporto tra la realtà virtuale e la poesia performativa nel progetto Mindscapes – Visioni d’artista, che ha coinvolto arti visive, come la pittura, e coreografiche, unendolo alla poesia e al codice tecnologico. Guidati dalla voce narrante di Logos, i visitatori sono immersi in un viaggio virtuale con un visore che scandaglia il processo creativo di tre diversi artisti in tre ambienti virtuali diversi. Guardando al passato forse qualcuno si ricorderà poi che il codice e la poesia hanno anche una nicchia di “nerd” appassionati della cosiddetta Code Poetry, che unisce questa forma d’arte al codice di programmazione: “Esistono dei codici che si prestano particolarmente a queste sperimentazioni, come il linguaggio Perl. Si tratta di una poesia scritta con il lessico del programma e in alcuni contesti è anche eseguibile, ovvero quel codice genera un’azione che restituisce ad esempio delle immagini”. Insomma, se già negli anni ‘90, poeti anonimi e appassionati di tecnologia (e viceversa), creavano forme nuove di arte, le possibilità che si aprono con l’intelligenza artificiale sono potenzialmente infinite: “L’importante è sempre come si utilizzano, quali messaggi vogliamo mandare, che impronta vogliamo lasciare e a quali meccanismi invece non vogliamo partecipare – conclude Logos – Questo vale anche con i social network, non ne esistono solo di totalizzanti, creati per renderci degli zombie e massimizzare il profitto nelle mani di pochi. Ne sono stati inventati altri, come Mastodon o Bluesky, e penso che la grande rivoluzione sarà passare dai social centralizzati a questi decentralizzati, dove non esiste un algoritmo posseduto da una sola realtà. Con Mastodon, ad esempio, chiunque può aprire il proprio server e deciderne le regole, facendolo interagire con gli altri. Non sono città isolate con un sovrano”.
La diffusione della poesia performativa
La tecnologia può essere quindi uno strumento per la diffusione del potere della parola: “La tecnologia è utile per incidere sul mondo con le parole ma ho sempre cercato di approcciarmi a questi mezzi in un modo che fosse affine alla mia natura, che quindi tenesse conto dei temi che mi stanno a cuore, dal collasso climatico ai diritti, da sempre al centro del mio lavoro sul palco”. E se l’intelligenza artificiale sarà in grado di creare poesie quasi indistinguibili (e a volte addirittura preferite) da quelle che potrebbe realizzare un essere umano (come dimostrato da un esperimento dell’Università di Pittsburgh), viene da chiedersi se questo lascerà forse più spazio alla sperimentazione, per un’arte più libera dalla performance e dai risultati “prima di tutto”: “Finché non avremo un’intelligenza artificiale generale sappiamo, secondo la statistica, che i risultati prodotti dalle macchine saranno sempre i migliori della media rispetto a quello che le abbiamo dato in pasto. Quando accadrà, io voglio pensare che le persone seguiranno comunque un’artista perché avrà qualcosa da comunicare, perché amano il suo linguaggio specifico e la sua ricerca”.
Del resto, chi l’avrebbe mai detto, solo qualche anno fa, che qualcosa di “antico”, considerato dai più anche noioso, come la poesia, potesse registrare centinaia di presenze (paganti) nei locali? Eppure il fenomeno della poesia performativa ha registrato un’attenzione crescente che non si spegne. Sulla scena romana, Logos ha co-fondato il collettivo Wow – Incendi Spontanei: “Alle serate non vedrete quasi mai persone con i cellulari in mano che riprendono le performance. Il pubblico che viene a sentirci, che è molto eterogeneo, anche molto giovane, mi restituisce sempre l’impressione che si stia vivendo il momento. La natura e la matrice di questa esplosione di attenzione secondo me è da ricercare nella volontà di riappropriarsi della poesia. Quando si è scoperto che esiste uno spazio per poterla ascoltare, il fenomeno è esploso. Non è una “fuga da qualcosa” ma una “corsa verso” il riappropriarci di parole e temi importanti”.
Fonte : Wired