Squadra Fiore, l’altro Doppio Mike: la lettera che porta all’inchiesta sulla strage di via Palestro

Doppio Mike. È il nome in codice che legherebbe lo spionaggio della misteriosa Squadra Fiore ad ex agenti dei servizi segreti: ufficialmente in congedo, ma sempre attivi. Una lettera anonima rivela però l’esistenza di un altro Doppio Mike: è stata acquisita nel fascicolo della Procura di Firenze sulla strage di via Palestro a Milano. Ecco perché può essere importante.

L’operazione di Squadra Fiore e la scalata a Mediobanca

L’operazione più ardita di Squadra Fiore – la rete clandestina rivelata da Today.it – sono i dossier contro Francesco Milleri e Leonardo Maria Del Vecchio, rispettivamente presidente-amministratore delegato e azionista di EssilorLuxottica: si tratta di un faldone di notizie false o verosimili, fabbricate alla vigilia della scalata a Mediobanca da parte di Monte Paschi di Siena. Un’operazione finanziaria che, oltre all’imprenditore Francesco Gaetano Caltagirone, ha come protagonista Delfin, la holding-cassaforte di cui è presidente Milleri, eredità del fondatore della multinazionale degli occhiali scomparso nel 2022.

Da sinistra, Samuele Calamucci, Enrico Pazzali e Carmine Gallo (foto Comando provinciale carabinieri Varese)

Durante gli interrogatori Samuele Calamucci, 45 anni (primo a sinistra nella foto sopra), in contatto con Squadra Fiore e ora agli arresti domiciliari per l’attività di intelligence dell’agenzia privata Equalize di Milano, dichiara che Doppio Mike sarebbe l’ex vicedirettore dell’Aise ed ex direttore amministrativo del Dis, il Dipartimento di informazione per la sicurezza della Repubblica, organismo della Presidenza del consiglio che coordina i servizi segreti.

Cosa significa il nome Doppio Mike e che cosa fa

Il suo nome vero – sempre secondo Calamucci – è Marco Mancini, 64 anni, famoso suo malgrado anche per una foto che lo immortala in un autogrill a colloquio con l’ex premier Matteo Renzi. Secondo le notizie rivelate ai giornali, in una intercettazione Calamucci si esprime così: “Mancini è un componente doppio, l’ho chiamato Doppio Mike. È un componente della Squadra Fiore, un traditore”. L’ex dirigente del Dis smentisce qualsiasi legame con la rete clandestina e annuncia querele.

Mike in alfabeto Nato rappresenta la lettera M. Quindi chiunque abbia come nome e cognome le stesse iniziali, potrebbe chiamarsi Doppio Mike. Ma quella sull’agenzia Equalize di Milano diretta da Carmine Gallo – ex poliziotto ed ex collaboratore dell’ufficio dei servizi segreti in via del Tritone a Roma, secondo quanto lui stesso dichiara in una intercettazione – è la seconda inchiesta in cui appare lo stesso nome in codice. Esisterebbe infatti un altro Doppio Mike.

La lettera nel fascicolo sulla strage di via Palestro

La prima indagine è altrettanto inquietante: è il fascicolo della Procura di Firenze sulla strage di via Palestro. Un’inchiesta, ancora aperta, che oltre ai mafiosi già condannati all’ergastolo, è tuttora alla ricerca dei mandanti. La sera del 27 luglio 1993 una Fiat Uno imbottita di esplosivo uccide cinque persone nel centro di Milano: tre vigili del fuoco, un agente della polizia locale e un senzatetto che stava dormendo su una panchina.

La lettera anonima con il presunto nome di Doppio Mike arrivata alla redazione de L'Espresso nel 2019 (foto Today.it)

Ventisei anni dopo, il 27 dicembre 2019, cioè molto prima dell’attuale indagine sull’agenzia Equalize e su Squadra Fiore, una mano rimasta sconosciuta spedisce da Roma Fiumicino una lettera anonima alla redazione del settimanale L’Espresso (nella foto sopra). Data e provenienza sono stampate nel timbro postale. La busta è su carta intestata della Camera dei Deputati. Sull’unica pagina della lettera, battuta con un computer, c’è scritto: “Vuoi sapere chi è Mario Doppio Mike?”. Seguono nome e cognome della persona. E poi: “Se indaghi su questo personaggio ne scoprirai davvero delle belle, soprattutto il perché l’ambasciata americana continui a proteggerlo nonostante tutto quello che si dice e si sa sul suo conto…”.

L’autista del capo operazioni della Cia durante Mani pulite

Di questa parte della storia sono testimone diretto. Dalla notte dell’attentato in via Palestro ho raccolto notizie, testimonianze, dettagli e li ho pubblicati in due libri (Gli anni della peste ed Educazione americana). Tra il 2015 e il 2017 uno dei presunti sequestratori dell’imam Abu Omar a Milano confessa la sua partecipazione a numerose attività della Cia in Italia e nel mondo. Per il rapimento dell’imam egiziano, era stato condannato anche Marco Mancini, poi prosciolto per l’opposizione del segreto di Stato da parte del premier Romano Prodi.

L’ex agente della Cia che parla è un italoamericano che vive negli Stati Uniti, con un lontano passato nella polizia, sempre stando al suo racconto. E Doppio Mike, secondo la sua testimonianza, sarebbe l’autista del capo delle operazioni clandestine, in servizio a Milano tra giugno 1991 e agosto 1993. Cioè a cavallo dell’inizio dell’inchiesta giudiziaria Mani pulite e degli attentati di Palermo, Roma, Firenze e Milano: il sanguinoso passaggio dalla prima alla seconda Repubblica.

La mappa della prova di golpe pubblicata dal Corriere della Sera nel 1993

Prove di golpe nelle prefetture: il ministero dell’Interno conferma

Il capo operazioni della Cia, sempre secondo l’ex 007, è un cittadino americano con origini siciliane. A Milano si sposta su un’anonima Fiat 127 bianca e incontra i suoi agenti operativi in una trattoria ad Arluno, nella provincia milanese. ll ristorante è ad appena 700 metri dalla villetta che i mafiosi di Cosa nostra, nello stesso periodo, usano come base per organizzare l’attentato in via Palestro. Il suo nome in codice è Victor. E non è mai stato identificato.

Altro dettaglio inquietante sono le indicazioni che Victor dà al suo gruppo alla vigilia di Natale 1991, a meno di due mesi dall’inizio di Mani pulite: il capo operazioni fornisce agli 007 le istruzioni per essere recuperati dalla Cia, nell’hotel di reclutamento a Innsbruck in Austria, nel caso in cui l’Italia precipiti nel baratro di una guerra civile. Sembra uno scenario di fantapolitica. Ma la conferma indiretta si trova due anni dopo, il 4 dicembre 1993, quando alcuni funzionari della prefettura di Torino rivelano al Corriere della Sera i piani dell’esercitazione Superga fatta a novembre: nella foto sopra, lo scenario ricostruito dal Corriere sulla base delle mappe consegnate. È infatti una delle operazioni segrete destinate a preparare questure e forze armate italiane all’eventuale scoppio di una guerra civile, come conseguenza di un colpo di Stato. La soffiata viene confermata il giorno dopo dal ministero dell’Interno: “Tutto regolare” (nella foto sotto, il secondo articolo del Corriere della Sera).

La conferma del ministero dell'Interno al Corriere della Sera dell'esercitazione sulla prova di golpe

L’altro Doppio Mike lavora nel Dipartimento per la sicurezza

Doppio Mike, sempre secondo la testimonianza dell’ex agente italoamericano ora irreperibile, non è coinvolto personalmente nelle operazioni clandestine della Cia e nelle attività illegali. Il suo è un ruolo soltanto logistico. Ma oggi sarebbe un testimone fondamentale per ricostruire quello che ancora non si conosce.

Queste e altre coincidenze richiamano l’interesse della Procura di Firenze. E anche dell’autore della segnalazione anonima partita da Roma Fiumicino, che rivela l’altra presunta identità di Doppio Mike. La lettera con la busta della Camera dei Deputati e i capitoli di Educazione americana su Victor, Arluno e via Palestro vengono acquisiti nell’estate 2020 dai procuratori aggiunti di Firenze, Luca Tescaroli e Luca Turco, che all’epoca stanno ancora indagando sui mandanti delle stragi italiane del 1993. Si scopre così che il nome, indicato nella lettera, esiste. Porta ancora una volta alla rete in contatto con l’allora Sisde, come si chiamava il servizio segreto italiano. Ed è una rete americana.

La buona fede di Di Pietro alla cena con l’altro Doppio Mike

L’identità corrisponderebbe, infatti, a un funzionario italiano allora in servizio all’ambasciata degli Stati Uniti a Roma. Lavora per il Secret Service, l’agenzia del Dipartimento della sicurezza interna degli Usa che si occupa della protezione dei presidenti quando sono in visita all’estero. Ma anche di sicurezza nazionale e indagini criminali sulle minacce agli interessi monetari e finanziari degli Stati Uniti.

Lo scoop del Corriere della Sera sulla cena con Bruno Contrada, Antonio Di Pietro e Fausto Del Vecchio

Doppio Mike ha un ruolo così elevato da essere tra i pochi colleghi presenti alla famosa cena di Natale nel comando dei carabinieri di Roma: ci sono l’allora vicedirettore del Sisde, Bruno Contrada, un altro importante ufficiale dei servizi sempre al suo fianco, il colonnello del Sisde Fausto Del Vecchio, seduto a capotavola, e l’eroe nazionale del momento, il magistrato Antonio Di Pietro. È la sera del 15 dicembre 1992, piena rivoluzione di Mani Pulite. Soltanto l’occasione per scambiarsi gli auguri: nessuno dei presenti è infatti mai stato coinvolto nelle indagini sugli attentati, né oggi nell’inchiesta sull’agenzia Equalize e Squadra Fiore (nella foto sopra, lo scoop del Corriere della Sera del 2 febbraio 2010: in evidenza da sinistra, Bruno Contrada, Antonio Di Pietro e Fausto Del Vecchio).

Il Secret Service e gli 007 del Sisde Contrada e Del Vecchio

Contrada sa dal 9 dicembre che sta per essere arrestato. Lo scrive nella sua agenda: “Colloquio col Direttore: mi comunica che il ministro dispone il mio allontanamento dal Sisde per accuse dei pentiti… Direttore mi ha dato 10 milioni per spese legali”. Sulla pagina del 13 novembre ha anche annotato i suoi tentativi di parlare con Gianni De Gennaro, direttore della Direzione investigativa antimafia e futuro capo della polizia: “Ho telefonato due volte, mattino e pomeriggio a De Gennario Dia – scrive Bruno Contrada – credo si sia negato. Ne trarrò le conseguenze”.

Tra gli appuntamenti sulla sua agenda, gli incontri con funzionari dell’ambasciata americana a Roma sono abbastanza frequenti. Come quando il 12 novembre, al ristorante Lampara di Fiumicino, partecipa al pranzo offerto da Fausto Del Vecchio per la sua promozione. Sempre secondo quanto Contrada scrive sulla pagina di quel giorno: il vicecapo degli 007 italiani annota la presenza di ufficiali del reparto operativo dei carabinieri e di “funzionari Secret Service Usa”.

Le foto con il Secret Service conservate per quasi 20 anni

Lo stesso colonnello Del Vecchio (non indagato) non interromperà mai l’amicizia con Bruno Contrada, nemmeno dopo le sue vicende giudiziarie. E oggi su Facebook si possono scorrere le foto dei suoi incontri con i funzionari del Secret Service, durante le cerimonie in ambasciata e una loro visita a una sezione laziale dell’Associazione nazionale carabinieri. Ma l’immagine di maggior peso, per uno 007 ormai in pensione, è la stretta di mano nel 2011 con l’ex presidente degli Stati Uniti, George Bush, che forse risale a qualche anno prima (foto sotto).

Fausto Del Vecchio, a sinistra, nella foto con il presidente degli Stati Uniti George Bush (foto Facebook)

Diverse sentenze dimostreranno l’assoluta buona fede di Antonio Di Pietro, invitato a cena e fotografato accanto a Contrada pochi giorni prima del suo arresto per concorso esterno in associazione mafiosa. E, per qualche istante, ripreso anche accanto a colui che sarebbe l’altro Doppio Mike, secondo la lettera acquisita dalla Procura di Firenze. Le immagini degli ospiti di quella serata, scattate e stampate su carta, resteranno nelle mani di pochissimi per quasi vent’anni: verranno rivelate dal Corriere della Sera soltanto nel 2010. Se fossero uscite all’indomani dell’arresto del vicedirettore del Sisde – pur nella totale correttezza di Di Pietro e dei suoi commensali – probabilmente gli indagati della politica e dell’economia non avrebbero più confessato alla Procura di Milano la loro partecipazione alla corruzione di Stato. Come invece continueranno a fare per altri due anni. La storia italiana avrebbe insomma seguito un’altra strada.

Perché la testimonianza degli 007 di allora è ancora attuale

Bruno Contrada viene incarcerato nove giorni dopo, la mattina di giovedì 24 dicembre 1992. Fa in tempo a scriverlo sull’agenda: “Ore 7 arresto!”. Sarà poi condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa. La Corte europea per i diritti dell’uomo nel 2015 condannerà a sua volta l’Italia e provocherà la decisione della Corte di cassazione, che nel 2017 dichiarerà l’ineseguibilità degli effetti della sentenza. Ma non annullerà il giudizio di colpevolezza dell’imputato. Contrada verrà comunque risarcito dallo Stato con 285 mila euro per ingiusta detenzione. I suoi collaboratori di allora potrebbero contribuire oggi, come testimoni, a ricostruire la rete del Secret Service americano e del servizio segreto italiano (nella foto sotto, Bruno Contrada, 94 anni, a destra, con Fausto Del Vecchio su Facebook nel 2018).

Fausto Del Vecchio, a sinistra, con Bruno Contrada su Facebook nel 2018

L’attività clandestina del Sisde in Sicilia è infatti tuttora al centro del processo, non ancora concluso, sull’omicidio di Ida Castelluccio, assassinata incinta a 20 anni con il marito poliziotto Nino Agostino (ne abbiamo parlato qui). Uno stile che sul territorio continuerà a lungo. Come la sera dell’8 gennaio 1993, una settimana prima della cattura di Totò Riina, quando la mafia uccide il giornalista Giuseppe Alfano, 47 anni, a Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina. La famiglia è convinta che il corrispondente de “La Sicilia” sia stato assassinato perché aveva scoperto la rete dei servizi segreti che proteggeva la latitanza del boss catanese Nitto Santapaola (ne abbiamo parlato qui).

L’irruzione del Sisde nella casa del giornalista Alfano

Questo è il racconto di quella sera, ancora vivo nei ricordi della figlia Sonia, oggi responsabile del dipartimento legalità di Azione, il partito di Carlo Calenda. “Subito dopo l’omicidio di papà – dice Sonia Alfano a Today.it – un poliziotto in divisa ci ha raccolti in una stanza di casa, il nostro cane abbaiava ed è stato chiuso in uno sgabuzzino. E ben 47 persone in borghese hanno rovistato ovunque e portato via documenti, fotografie, rullini di papà. Hanno perfino scassinato le serrature della libreria con il calcio della pistola. Sì, erano 47 persone. L’unico in divisa il poliziotto che ci teneva a bada”.

“Tempo dopo – continua la figlia di Beppe Alfano – ho richiesto i numeri del personale che quella sera era di turno tra carabinieri, polizia e guardia di finanza nella zona, tutte le persone che in pochi minuti potevano arrivare lì. E mi sono resa conto che non raggiungevano assolutamente quella cifra. Quindi ho capito da sola che quello era personale del Sisde, i servizi segreti. Hanno preso perfino le foto di noi con papà a Natale. Foto che non ci hanno più restituito. Hanno portato via tutto”. Cosa stavano cercando? Nessun dirigente dei servizi interni, che oggi si chiamano Aisi, ha mai risposto alla famiglia.

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Fonte : Today