Morì il bambino che curava: esecuzione capitale per badante indiana ad Abu Dhabi

Eseguita la condanna a morte di Shahzadi Khan, una migrante dell’Uttar Pradesh, in carcere per la morte di neonato di 4 mesi avvenuta dopo una vaccinazione. La famiglia non ha voluto l’autopsia e – dopo due mesi – l’ha accusata di omicidio. Il video in cui si accusa sarebbe stato estorto copn la tortura. La denuncia del padre: “L’ambasciata indiana l’ha abbandonata”.  

Mumbai (AsiaNews) – Uccisa in un’esecuzione capitale compiuta senza troppa pubblicità perché accusata della morte del bambino di 4 mesi di cui si prendeva cura. Nonostante la sua famiglia avesse denunciato che la confessione di colpevolezza le era stata estorta e che il piccolo in realtà sarebbe morto per una reazione a una vaccinazione.
È la sorte agghiacciante toccata Shahzadi Khan, una donna indiana musulmana di 33 anni originaria di Banda in Uttar Pradesh, che si trovava da mesi nel braccio della morte ad Abu Dhabi. Le autorità degli Emirati Arabi Uniti hanno notificato all’ambasciata indiana che l’esecuzione della sentenza di condanna a morte è avvenuta il 15 febbraio; il suo corpo è a disposizione per i riti funebri, che avverranno il 5 marzo.

“Shahzadi aveva dall’infanzia delle cicatrici sul volto – ha raccontato il fratello al Times of India –. Desiderava rimuoverle, così quando un uomo chiamato Uzair di Agra le ha detto che se andava a lavorare negli Emirati Arabi sarebbe stato possibile, le sembrava di sognare”. Era giunta ad Abu Dhabi nel dicembre 2021 e otto mesi dopo aveva iniziato a lavorare come badante del neonato del suo datore di lavoro. Il piccolo è morto il 7 dicembre 2022, dopo aver ricevuto le vaccinazioni di routine. Nonostante la richiesta dell’ospedale di procedere a un’autopsia, i genitori hanno rifiutato e firmato una rinuncia. Nel febbraio 2023, poi, un video avrebbe mostrato Shahzadi confessare l’omicidio del bambino; lei, però, ha sempre affermato che la confessione le sarebbe stata estorta con la tortura dal datore di lavoro. Arrestata il 10 febbraio 2023 era stata condannata a morte il 31 luglio 2023, con appello poi respinto e sentenza confermata il 28 febbraio 2024.

Il padre Shabbir Khan ha accusato l’ambasciata indiana di non aver offerto aiuto alla figlia, sostenendo che il legale stesso l’avrebbe spinta a confessare. Ha presentato alle autorità degli Emirati diverse richieste di clemenza, senza ricevere alcuna risposta. Il 14 febbraio aveva ricevuto una telefonata da Shahzadi, che gli parlava all’imminente esecuzione. In cerca di chiarezza, si era rivolto formalmente al ministero degli Esteri indiano il 20 febbraio, ma anche in questo caso non aveva ricevuto aggiornamenti.

Dopo l’esecuzione, il padre ha definito l’ingiustizia, sostenendo che alla famiglia è stato negato il sostegno del governo indiano. Il loro legale, Ali Mohammad, l’ha descritto come un “omicidio extragiudiziale mascherato da esecuzione giudiziaria”.

Fonte : Asia