Una crisi alimentare destinata a peggiorare: da giorni cibo e acqua scarseggiano nel campo profughi di Kakuma, in Kenya. Il campo si trova nel nord del paese ed è tra i più grandi al mondo: secondo l’Agenzia Onu per i rifugiati (Unhcr) accoglie quasi 200mila rifugiati principalmente da Sud Sudan, Etiopia e Somalia. A detta dei residenti la situazione è peggiorata in seguito alla sospensione degli aiuti internazionali stabilita da Donald Trump. Per questo ieri, lunedì 3 marzo, la popolazione ha inscenato delle manifestazioni di protesta che hanno portato allo scontro con le forze di polizia: diversi rifugiati hanno riportato gravi ferite da arma da fuoco.
BREAKING NEWS
Several refugees sustained serious gunshot injuries after clashing with Kenyan police during a peaceful protest at UNHCR offices over food shortages, water, force integration, insecurity at Kakuma Refugee Camp Northern Kenya.#NoToKenyanPoliceBrutality pic.twitter.com/qRJhUCcXRa— L££🇸🇸💯 (@Laat_Akor) March 3, 2025
Le proteste
Secondo le ricostruzioni la polizia, per sedare le proteste, ha aperto il fuoco contro i civili ferendone almeno quattro. I manifestanti si erano radunati per lamentare la scarsità delle razioni di cibo e acqua potabile. Stando alle testimonianze dei residenti, ad oggi ogni famiglia può ricevere per un mese una quantità di riso contenuta in una pentola da 4 litri: lo stesso vale per i fagioli e per l’olio.
The South Sudanese population residing in the Kakuma refugee camp in Kenya is currently facing significant challenges, including targeted violence stemming from inadequate food supplies. Their fundamental rights are being overlooked despite the substantial financial contributions… pic.twitter.com/Zoh40UCfZp
— Rial Duok (@RialDuok) March 3, 2025
Il campo di Kakuma è stato istituito nel 1992 e da allora accogli persone in fuga dalla guerra civile in Somalia, in Sud Sudan ed Etiopia, ma anche dai conflitti in Congo e Burundi. Molti degli esuli sono anche persone che sono state costrette a lasciare le proprie terre per effetto della siccità che, con i cambiamenti climatici, si fanno sempre più prolungate e intense. A dicembre le Nazioni unite avvertivano che la distribuzione delle razioni di cibo era al “45% del paniere alimentare minimo a causa delle limitazioni delle risorse” determinate dalla riduzione degli aiuti governativi.
Tagli agli aiuti umanitari
La decisione dell’amministrazione Trump di smantellare l’Agenzia degli Stati uniti per lo sviluppo internazionale (Usaid), colpita in questi giorni da tagli al budget che ne hanno compromesso l’operatività, si è fatta sentire in Africa: il campo profughi di Kakuma era sostenuto anche grazie ai fondi dell’agenzia. Dopo i tagli decisi dagli Stati uniti il Programma alimentare mondiale (Pam), il World food programme delle Nazioni unite, ha deciso di chiudere il suo ufficio in Sudafrica. In una nota, un portavoce ha affermato che l’ufficio di Johannesburg chiuderà e che il Pam consoliderà le sue operazioni in Africa meridionale e orientale in un unico ufficio regionale a Nairobi, in Kenya.
L’agenzia alimentare delle Nazioni unite ha lanciato un piano a lungo termine per semplificare la sua struttura nel 2023, ma poiché “le prospettive di finanziamento dei donatori diventano più limitate, siamo stati costretti ad accelerare questi sforzi”. Lo scorso anno il Pam ha ricevuto dagli Stati uniti 4,4 miliardi di dollari di assistenza, circa la metà del suo budget annuale totale e più di quattro volte la cifra erogata dal secondo maggiore donatore, la Germania.
Fonte : Today