Il presidente dell’Argentina, Javier Milei, volendo reagire al troppo progressista wokismo, ha pensato di fare un tuffo nel passato: in un decreto del 14 gennaio, relativo ai criteri per la valutazione delle disabilità psico-fisiche per l’assegnazione di pensioni di invalidità, ha riesumato una terminologia obsoleta per definire le persone disabili o con problemi cognitivi di vario tipo. Tali persone vengono ora definite idiote, imbecilli o deboli di mente, a seconda del “grado” di difficoltà. Secondo il presidente, è ora di tornare a chiamare le cose con il loro nome, liberandosi dei ridicoli eufemismi inventati dalla cultura woke.
Non occorre un grande linguista per capire che le parole ingiuriose non possono essere il termine corretto per definire le persone, in ambito scientifico addirittura! Il discorso di Milei è ovviamente inesatto da ogni possibile punto di vista, perché la comunità scientifica ha già da tempo dato nome a tutte queste realtà, che sono poi molto diverse tra loro: diversi tipi di disabilità, diversi tipi di deficit, di sindromi ecc. L’unica nomenclatura a cui ci si deve attenere è quella della comunità scientifica: le parole con cui queste persone vengono definite nella terminologia specialistica non sono né petalose né eufemistiche, sono termini tecnici, che è ciò che dovrebbe comparire in un documento ufficiale.
Milei è incommentabile, ma è pericoloso associarlo alle riflessioni contro il wokismo
Non serve quindi aggiungere molto altro sulle parole e le intenzioni di quest’uomo, che non si è finora distinto per atti di grande democrazia. Tuttavia, è importante dare una risposta a questo tipo di “ragionamenti”, perché la battaglia contro la cultura woke esiste, e dovrebbe essere una battaglia seria. Insultare le persone non ha niente a che fare con l’avere il coraggio di guardare le cose per come sono; questo vale sia dal punto di vista sociale, ovviamente, perché un consorzio umano che voglia dirsi civile si basa sul rispetto reciproco dei cittadini; sia da un punto di vista squisitamente linguistico. Infatti, parole come “idiota” non sono parole denotative: sono parole che hanno una connotazione molto più forte della denotazione, in realtà.
“Vostro figlio è imbecille”
Se io – in italiano come in spagnolo – dico che una certa persona è idiota, è mongola, è imbecille, qualunque interlocutore non penserà che io mi stia riferendo a qualcuno che ha una disabilità o un deficit cognitivo, ma penserà che stia insultando la persona di cui parlo. Questo perché sono parole che non indicano, non denotano, appunto, un referente: “gatto” indica un felino domestico, “idiota” può essere riferito a chiunque, anche alla persona più intelligente del mondo, se io per qualche ragione la odio e la disprezzo. Va da sé quindi che questi termini non possono essere adeguati per indicare la situazione fisica e mentale di una persona. Nel documento allegato alle nuove disposizioni è presente anche una sorta di scala con i valori entro i quali si è idioti, oppure imbecilli e così via (è incredibile, ma è tutto vero); ma non è minimamente accurata, come è stato immediatamente fatto notare dalla comunità scientifica e dalla stessa Andis (l’Agenzia nazionale per la disabilità) per la quale il documento è stato redatto. Vi immaginate di portare vostro figlio da un neuropsichiatra e sentirvi dire “abbiamo la diagnosi: vostro figlio è imbecille”? Fortunatamente, non accadrà mai, perché tutte le possibili associazioni di medici e psichiatri sono insorte davanti a questa follia.
La fissazione sulle parole è sempre priva di senso, da un lato o dall’altro
Il tentativo del presidente argentino di far passare questa sua ignobile bizzarria per una reazione alla cultura woke può riuscire solo in un panorama molto polarizzato e per niente abituato al ragionamento. La critica che si muove al wokismo, infatti, è proprio quella della fissazione sulle parole: sono anni che invitiamo a ragionare sul fatto che le parole sono semplicemente degli strumenti, non sono la realtà, e pertanto è su quest’ultima che bisogna concentrarsi, più che sul modo in cui la definiamo. Cambiando le parole per descrivere le cose, non cambia il modo in cui quelle cose vengono percepite. Se, quindi, va considerato infruttuoso il perder tempo a decidere come chiamare le persone cieche in modo tale da non rischiare di dire che sono cieche, altrettanto inutile (e anche idiota – qui la parola è usata correttamente) è decidere di cambiare nuovamente parole acclimatate e anche diagnosticamente precise, come se questo producesse qualche effetto sulla realtà oltre a quello di far insorgere il mondo intero. Persone come Milei, e come tanti altri rappresentanti della destra estrema ormai ovunque, provocano un danno molto maggiore a chi promuove un dialogo sano e razionale di quello che possono provocare al wokismo, che davanti a queste nefandezze risulta perfino equilibrato e intelligente.
Fonte : Today