Matteo Bassetti, la fama di tirchio, le mutande rubate e le avances dai maschi: “Sono l’unico virologo sopravvissuto”

Vita pubblica e privata. Dalla pandemia Covid ai rapporti con la famiglia. L’infettivologo Matteo Bassetti si racconta in un’intervista al Corriere della Sera in occasione dell’uscita della sua autobiografia “Essere medico” per Piemme. 

La pandemia

Bassetti ricorda il periodo della pandemia che l’ha fatto conoscere in tutto il Paese: “Al San Martino ricoverammo 5-6.000 pazienti. La maggior parte non era vaccinata. Molti li abbiamo salvati”. Tra questi ce n’è uno che da allora gli scrive “tutte le mattine alle 6, augurandomi buona giornata. Si era pure fatto un video in cui in pratica si diceva da solo: ‘Sono un co…’. Lo portai al Maurizio Costanzo show”. Ma per i no-vax il medico non era altro che un nemico: “Siamo circa a un centinaio” di denunciati, spiega. “Ci fu chi mi mise una lettera sotto la porta: ‘Sappiamo dove vivono i tuoi figli, non ci fermeremo finché non vedremo scorrere il loro sangue'”, racconta. In quegli anni Bassetti è diventato un punto di riferimento, e lui ne è consapevole: “Nel mio campo, ho il curriculum più forte in Italia, con un H-Index di 115 che, se consente, è veramente eccessivo. Il più alto degli infettivologi è 10-15 punti sotto…”. 

“Sono l’unico sopravvissuto”

Per questo non ammette paragoni con altri: “Chi? Guardi che alla fine l’unico sopravvissuto sono io. La Viola è una donna piacente che però di malattie infettive non ha background. Palù è un fenomeno in laboratorio, ma non ha mai visto un malato. Pregliasco è un professore di Igiene. Io alla sera quando andavo in tv, riferivo quello che avevo visto in reparto”. Sarà per questo, forse, che riceve tante avances: “Tantissime soprattutto dal mondo maschile. I social sono un mondo”. Ma garantisce, pensando alla moglie: “Ci vogliamo molto bene. E resto un eterosessuale convinto”.

La carriera, il rapporto con il padre e con il figlio

Bassetti è “figlio d’arte”, suo padre Dante è stato primario di Malattie infettive a Genova: “Al suo funerale ci mancava poco che mi dicessero di seguirlo nella tomba. Lui mi ha dato i geni però la carriera me la sono fatta da solo”. Il padre è morto di cancro quando aveva solo 65 anni: “Scoprì la malattia mentre faceva scalo a Parigi, all’aeroporto Charles de Gaulle. Andò in bagno, urinò sangue. Chiamò me per primo. Mi disse: ‘Sono morto’. Gli ultimi giorni li passò qui, in reparto, nella stanza 24. Boccheggiava. Davanti a quella camera ci passo ancora tutti i giorni, ogni volta provo un sussulto. Per lui, la diagnosi fu una sentenza. Perse tutto”. Matteo Bassetti ha però sconsigliato la stessa carriera al figlio: “Lui voleva iscriversi a Medicina, ma gli ho detto: tuo nonno è stato un grandissimo di questo mestiere, tuo padre anche. Tu vivresti di confronti. Si è iscritto ad Architettura”.

… e con i pazienti

Il virologo racconta anche della sua evoluzione nel rapportarsi con i pazienti: “Muore un anziano, arrivano i familiari. Con loro mi rivolgo utilizzando espressioni molto forbite, da medico. Poi dico: ‘Il cadavere è di là. Percepii negli occhi di quelle persone un gelo totale”. Tutto però è cambiato con la malattia della madre: “Mamma si ammalò nel 2018: tumore al pancreas. Si aggravò nel pieno della seconda ondata della pandemia. Vederla sola, senza potere avere, negli ultimi momenti della sua vita, la vicinanza della famiglia, fu terrificante. Mi chiedeva continuamente: ‘Quanto vivrò?'”.

Gli aneddoti: tirchio come un “T-rex” e le mutande rubate

Dall’intervista trapela anche qualche spaccato della quotidianità di Bassetti. Come la presunta tirchieria: “I miei figli mi chiamano ‘T-rex’, perché avrei le braccine corte come un dinosauro. Ma sono solo parsimonioso”. Infine, c’è un aneddoto sulle sue mutande: “Mi rompo il ginocchio giocando a calcetto. All’epoca lavoravo a Udine, scelgo io l’anestesista. Mi operano, mi sveglio. Morale: ero nudo. In pratica nacque la leggenda delle mie mutande. Dicevano: se le saranno prese un’infermiera o qualche dottoressa”.

Fonte : Today