In questa lunga intervista su Fanpage.it, Paolo Genovese spiega perché non è infastidito dal paragone con Inside Out e cosa lo ha spinto a realizzare il film Follemente: “Quello che mi interessava è mettere a nudo una parte di noi stessi ed è a forte identificazione con chiunque. L’identificazione è calda, rassicurante, perché è come se quelle paure appartenessero a tutti”. E sul nome di un cantante pronto per il cinema: “Olly ha una bella faccia, potrebbe avere delle carte giuste”.
Uscito al cinema il 20 febbraio, Follemente ha battuto ogni record già nel primo weekend nelle sale. Il nuovo film di Paolo Genovese ha tutto: una trama avvincente, un cast stellare, la capacità di divertire e coinvolgere il pubblico con più di una riflessione. Perché entrare nella mente di Piero e Lara (Edoardo Leo e Pilar Fogliati) nella sera del loro primo appuntamento è un’occasione per conoscere le varie personalità che li abitano, che in fondo abitano ognuno di noi.
Ne abbiamo parlato con il regista Paolo Genovese, che alle relazioni tra uomini e donne ha dedicato più di un film, primo tra tutti Perfetti Sconosciuti, che è entrato nel Guinness dei Primati per numero di remake realizzati nel mondo.
“Il successo di Perfetti Sconosciuti è stato inimmaginabile, ma io ho preso il buono, che principalmente si sintetizza nel fatto che le persone si fidano di te e ti seguono, come anche i produttori, che ti fanno fare quello che vuoi“, ha spiegato. Sul femminismo di Carla Lonzi dibattuto da Alpha (Claudia Pandolfi) e Trilli (Emanuela Fanelli): “Nessun disprezzo nei confronti del movimento, mi serviva solo sottolineare il fatto che c’è una parte che rifiuta e una che accoglie perché le ideologie assolute rendono un po’ ciechi “. E tra i cantanti che vedrebbe bene in un suo film: “Olly ha una bella faccia, un bel modo di relazionarsi, potrebbe avere delle carte giuste“.
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Follemente è stato definito l’Inside Out italiano. Sei d’accordo?
Inside Out è un film meraviglioso. Ma quello di entrare nella testa di qualcuno è un tema già affrontato negli anni ‘90 da una sitcom molto divertente, Nella testa di Herman, poi anche da Woody Allen. Io stesso con Luca Miniero facemmo uno spot per la Rai che diceva “In ogni abbonato ce ne sono tanti, cerchiamo di abitarli tutti” e c’era questo personaggio pluriabitato, le cui personalità nella testa si scontravano. Va bene l’accostamento, non lo vedo come una cosa negativa, la cosa importante è aggiornare il punto di vista, usare un’idea per poi raccontare una storia, quella di Follemente, che è completamente diversa da Inside Out.
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In cosa lo è?
Lì ci sono le emozioni, qui le personalità. È una storia adulta, fatta di persone e concentrata nel primo appuntamento, quel momento che chiunque ha vissuto dai 14 agli 80 anni, quando nella testa succede il caos. Ha un filo rosso questo film con Perfetti Sconosciuti.
Li vedi legati?
Sì, anche lì le coppie venivano raccontate attraverso un posto più o meno inaccessibile per gli altri, che sono i nostri cellulari. E qui abbiamo un altro posto più o meno inaccessibile, il cervello. Oggi cervello e cellulare sono complementari, più o meno la maggior parte delle cose che abbiamo nella nostra mente sono custodite nelle SIM dei nostri telefoni.
Qual era stavolta la finalità?
Quello che mi interessava è mettere a nudo una parte di noi stessi ed è a forte identificazione con chiunque. L’identificazione è calda, rassicurante, perché è come se quelle paure appartenessero a tutti.
Ci sono le diverse personalità, proviamo a mescolarle. Mi dici se ognuna di loro corrisponde davvero a quella che rappresenta nel film? Partiamo da Trilli ed Eros, Emanuela Fanelli e Claudio Santamaria.
Claudio è molto istintivo anche nella vita, è di pancia, molto carnale. Manuela, in realtà, si definisce una grandissima romantica, quindi l’opposto del personaggio che interpreta.
Valium e Scheggia, Rocco Papaleo e Maria Chiara Giannetta.
Sono realmente due schegge impazzite: Rocco è imprevedibile sempre, Maria Chiara nonostante sembri molto pacata, ha le sue follie.
Giulietta e Romeo, Vittoria Puccini e Maurizio Lastrico.
Vittoria stessa si definisce non particolarmente romantica, nel senso che non è attenta alle piccole cose come le date, le rose, i regali, ha un romanticismo più di situazione. Maurizio, invece, secondo me è davvero un tenerone.
Professore e Alfa, Marco Giallini e Claudia Pandolfi.
Claudia è una donna molto tosta e quindi penso lei si identifichi con il personaggio. Marco in realtà no, è l’opposto, cioè fa la razionalità ma è completamente istintivo e imprevedibile.
In un mondo sempre più virtuale, i cellulari in questo film hanno un ruolo molto marginale. Durante tutto il primo appuntamento stranamente non sono presenti a tavola, se non in un solo momento. Si torna al corteggiamento nel bar, alla cena a casa, al piacere di flirtare sul divano. Suona un po’ come un invito a una riflessione sui rapporti o sbaglio?
Lo è assolutamente. I ragazzi che abbiamo incontrato nei cinema ci hanno detto che è fantascienza perché ci si incontra su Tinder, su Instagram o Facebook. Penso che l’accorciamento delle distanze ci sta facendo chiudere troppo dentro le nostre case. Stiamo diventando un po’ hikikomori sui sentimenti. Che poi, quando ti mandano un messaggio in teoria hai tutto il tempo che vuoi per rispondere, invece nella vita vera non è che devi stare lì troppo a razionalizzare.
Aspettative alte, occhi puntati, necessità di diversificare. Cosa accade nella testa di un regista dopo un successo come quello di Perfetti Sconosciuti?
Il successo di Perfetti Sconosciuti è stato inimmaginabile. L’ho vissuto in maniera molto serena, tant’è vero che non ho voluto fare Perfetti Sconosciuti 2 né Perfetti Sconosciuti la serie. Non ho pensato a botteghini commerciali, anzi il film successivo, The Place, è stato un film piccolo, girato in dieci giorni. Ho preso il buono, che principalmente si sintetizza nel fatto che le persone si fidano di te e ti seguono, come anche i produttori, che ti fanno fare quello che vuoi. E allora è giusto non essere troppo accondiscendenti con te e con loro.
Parliamo di uomini e donne, di relazioni. Pensi che il racconto dei due emisferi, femminile e maschile, sia ancora arenato in stereotipi e cliché?
Da un punto di vista di racconto cinematografico direi di no, ho visto tanti film che affrontano il genere in maniera bella, interessante. Non ultimo Emilia Pérez, ad esempio, un film meraviglioso. A dire il vero io non stigmatizzo neanche il cliché perché lo stereotipo è qualcosa che fa identificare il pubblico. La cosa importante è come tratti: se lo dissacri, lo ribalti, ci giochi in maniera originale, l’originalità di come tratti lo stereotipo e la banalità dello stereotipo si annullano e può venire qualcosa fuori qualcosa di interessante, soprattutto nella commedia.
Vale anche per il politically correct?
Sì, non deve imbrigliarci. Penso veramente nella libertà dell’artista. Il limite è il rispetto di quello che la società ha conquistato. Demolire quello nell’immaginario delle persone no, dissacrarlo, ripeto, sì.
Carla Lonzi diventa il manifesto femminista della parte razionale di Lara. Manifesto che necessita però di una sorta di sdrammatizzazione della parte istintuale. Infatti, vediamo Claudia Pandolfi e Manuela Fanelli contendersi l’ultima parola. Perché andare a mitigare quella parte di Lara?
Proprio per questo fatto di dire tutto e il contrario di tutto, di poter demolire le cose intoccabili. Penso che nella testa di ognuno di noi c’è una parte orrenda e la crescita sta nel tenerla a bada. Mi divertiva vedere le donne che hanno aderito al femminismo, o al manifesto di Carla Lonzi, alle prese con un’altra parte che dice: “Senti, pure che palle però!“.
Il che non è stato esente da critiche.
C’è stato non ricordo chi, un giornalista forse, che ha parlato, in merito proprio a questo passaggio su Carla Lonzi, di disprezzo nei confronti del femminismo. E può capitare che non ti capiscano, ma a me sembrava evidente una benevolenza totale nei confronti del movimento, fosse anche solo per la scelta di affidarlo alla parte più forte, cioè ad Alpha.
Quali erano le tue intenzioni?
Mi serviva solo sottolineare il fatto che c’è una parte che rifiuta e una parte che accoglie. Il vero messaggio era un invito a non far diventare ogni singolo momento della nostra vita ideologico, perché l’ideologia va bene, ma se poi supera determinati limiti diventa un po’ cieca.
Sei stato a Sanremo a promuovere Follemente. Ci sono cantanti come Elodie, Giorgia, Emma, che dalla musica hanno strizzato l’occhio al cinema. C’è un nome che ti ispirerebbe per un film?
Olly, dalle interviste che ho visto, ha una bella faccia, un bel modo di relazionarsi, potrebbe avere delle carte giuste.
La commedia in generale vive una fortunata stagione. Tra quelle maggiormente viste al cinema, a parte Siani e Pieraccioni e la coppia Fabio De Luigi e Valentina Lodovini, c’è stato il film Io sono la fine del mondo di Angelo Duro. Angelo ha applicato un sistema di promozione molto particolare, cioè la non promozione, si è sottratto completamente a quello che era la promozione stampa per affidarsi a quella sui social, in rapporto diretto con la sua community nelle sale. Pensi che strategie alternative possano pagare davvero sotto questo punto di vista?
Non sono conservatore, vengo dalla pubblicità,non potrei esserlo. Penso che le strategie alternative siano valide, perché in un momento mediaticamente così affollato di qualunque tipo di messaggio, andare fuori dal binario tradizionale può essere interessante. Nel caso di Angelo Duro, in particolare ricordo un’affissione a Roma che diceva: “Ricordo a tutti gli spettatori che vengono a vedere il mio film che a Roma c’è anche il Giubileo“. Un’ironia intelligente, l’ho trovato molto divertente.
Domanda finale di rito: il prossimo film, c’è già un’idea?
Ci sono tante idee. C’è una storia che ho molta voglia di raccontare ed è quella contenuta nel romanzo che ho scritto per Einaudi che si chiama Il rumore delle cose nuove. È una storia che parla nuovamente di una coppia ma in maniera completamente diversa.
Fonte : Fanpage