Quanto accaduto nello Studio Ovale tra il presidente degli Stati Uniti Donald Trump (supportato dal vice, l’ineffabile Vance) e quello dell’Ucraina Zelensky è semplicemente clamoroso, ed è destinato a cambiare il corso della guerra e di quello che a questo punto resta da combattere, oltre che la politica europea al riguardo, senza dimenticarsi delle ripercussioni che potrà arrecare in Italia e nel nostro dibattito interno sul conflitto.
Umiliazione in mondovisione
Zelensky è stato umiliato in mondovisione con un attacco a freddo, preventivato e condotto a più mani. Il linguaggio, lo stile del diverbio, gli occhi spauriti di Zelensky mentre le altre due belve lo afferravano e cercavano di spartirsene le spoglie hanno ricordato le risse da saloon dei film western, quelle in cui due o tre gangster mettevano in mezzo qualcuno e lo finivano a calci o colpi in testa. E non c’è da stupirci che subito a Mosca siano iniziate le manifestazioni di gioia: il vero vincitore di quanto accaduto ieri sera a Washington è stato Putin.
Un segnale a Putin
La scelta di Trump di innalzare così lo scontro con l’Ucraina è prima di tutto un segnale a Putin, a questo punto autorizzato a tutto, anche a non fermare le armi se non dopo l’umiliazione finale del nemico che finora in qualche modo aveva comunque salvato l’onore. E’ però un segnale anche all’Europa, che in una situazione di questo tipo non può tardare un minuto di più ad assumersi le proprie responsabilità. Vere e non di facciata.
Di fronte a un Trump così arrogante e deciso a ritirarsi dal fronte ucraino nel più breve tempo possibile, l’Europa non può continuare a esprimere solidarietà di facciata. Le phopportunity hanno la durata di un mattino.
L’hanno capito gli inglesi che Brexit o non Brexit sono tornati in squadra e hanno assunto la leadership europea dichiarandosi pronti a inviare truppe e aiuti militari, l’ha capito la Francia di Macron (ieri sera uno dei primi a esprimere condanna per l’atteggiamento di Trump) che una decina di giorni fa si era assunto l’onere di scuotere l’albero dell’ipocrisia e dell’ignavia collettiva. Resta da capire – ed è ciò che per noi è più importante – che cosa farà l’Italia.
La difficile posizione di Meloni
È chiaro che con un Trump tanto aggressivo e insolente la premier Meloni è in difficoltà e farà sempre più fatica a restare con i piedi in due staffe. Giorgia Meloni si era sempre distinta per il suo turbofilo-ucrainismo, adesso andar dietro alle piroette di Trump potrebbe costarle carissimo in termini di credibilità internazionale.
Per lei un passaggio non indolore. Né sul piano estero, visto che da subito la presidente italiana aveva scommesso sul suo rapporto strettissimo con Trump, sia su quello interno, vista la posizione decisamente pro-Trump e contro l’invio di armi in Ucraina assunta da Salvini. Una tenaglia dalla quale non sarà agevole uscire ma, come dire, è in certi momenti che si misurano i grandi leader.
Fonte : Today