L’acqua potabile inquinata da Pfas aumenta il rischio di tumori nei bambini

L’acqua potabile che esce dai rubinetti delle case italiane è sostenibile e sicura in quasi il 100 per cento dei casi. E’ quanto emerso dal primo rapporto (2024) elaborato dal Centro Nazionale per la Sicurezza delle Acque (CeNSiA) dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS). Ma, ciononostante, una recente indagine di Greenpeace Italia, condotta tra settembre e ottobre 2024, ha rilevato PFAS (sostanze poli- e per-fluoroalchiliche) nel 79 per cento dei campioni di acqua potabile raccolti in 235 città di tutte le Regioni e le province autonome. I Pfas sono sostanze tossiche, prodotte dall’industria e presenti in grosse quantità nelle acque superficiali, sotterranee e potabili. Sono noti come “prodotti chimici per sempre” perché non si degradano naturalmente nell’ambiente e possono essere rilevati nell’acqua, nell’aria, nel suolo, in molti prodotti di largo consumo ed anche nell’organismo degli esseri umani.

Sebbene gli effetti di queste sostanze, siano ancora sotto indagine, numerosi studi hanno dimostrato che possono avere effetti dannosi sull’organismo umano, come tumori mortali, impatti sul fegato e sul cuore e danni immunitari e dello sviluppo a neonati e bambini. Ora un nuovo studio condotto dalla Joe C. Wen School of Population & Public Health presso l’Università della California di Irvine ha ora evidenziato un collegamento tra l’esposizione ai Pfas presenti nell’acqua potabile anche a un aumento del rischio di alcuni tumori infantili. I dettagli dello studio sono stati pubblicati pubblicato sulla rivista Environmental Epidemiology.

Perché i Pfas sono così nocivi per la salute

Studi hanno dimostrato che i Pfas vengono assorbiti in modo particolarmente veloce dall’organismo, e possono accumularsi e depositarsi nel plasma, nel fegato e nei reni del corpo umano, causando importanti danni alla salute umana, tra i quali: disfunzioni del sistema immunitario e malattie alla tiroide; aumento del rischio di cancro al rene o ai testicoli; sviluppo di malattie metaboliche, come obesità e diabete di tipo 2; infertilità e patologie gestazionali, come effetti sullo sviluppo o ritardi nei bambini, basso peso alla nascita e pubertà accelerata; aumento della pressione sanguigna nelle donne in gravidanza. Sia in Italia che all’estero dei gruppi di ricerca stanno svolgendo ulteriori approfondimenti sulla correlazione diretta tra contaminazione da PFAS e comparsa di gravi malattie.

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Lo studio americano

Un programma di monitoraggio dell’Environmental Protection Agency ha documentato livelli preoccupanti di Pfas nell’acqua potabile della California tra il 2013 e il 2015. Partendo da questi rilievi, i ricercatori americani hanno esaminato il ruolo che l’esposizione a Pfas presenti nell’acqua potabile può svolgere nel rischio di cancro infantile. Hanno quindi analizzato i dati di 10.220 bambini fino a 15 anni a cui è stato diagnosticato un cancro tra il 2000 e il 2015, insieme ai dati di 29.974 bambini sani, e stimato i livelli di Pfas nella madre collegando gli indirizzi (di residenza) geocodificati alla nascita ai dati di contaminazione del distretto idrico locale. In questo modo hanno determinato che concentrazioni più elevate di due tipi di Pfas, acido perfluoroottanesolfonico e acido perfluoroottanoico, sono associati a determinati tumori infantili.

I tumori infantili collegati all’esposizione di Pfas

I risultati dello studio suggeriscono associazioni tra l’esposizione prenatale ai Pfas e alcuni tumori infantili, tra cui la leucemia mieloide acuta e i tumori di Wilms. “Sebbene questi risultati non confermino che l’esposizione ai Pfas causi direttamente tumori infantili – ha affermato la dott.ssa Natalie Binczewski, autrice dello studio – si aggiungono a un crescente corpo di prove che evidenziano potenziali rischi per la salute”. “Sono pertanto necessari ulteriori studi per confermare e comprendere meglio queste associazioni, ma questa ricerca sottolinea l’importanza dell’acqua potabile pulita e dei continui sforzi normativi per proteggere la salute pubblica”, hanno concluso i ricercatori.

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La direttiva europea sui Pfas nelle acque potabili

Se negli USA (e in molti Paesi UE) è stato introdotto un limite per i PFAS nelle acque potabili – un provvedimento che secondo l’amministrazione preverrà migliaia di morti premature e decine di migliaia di malattie gravi -, in Italia ancora non esistono norme in materia, e non ci sono neanche programmi di monitoraggio istituzionali che indaghino i livelli a cui sono esposti i cittadini italiani. “In molte aree d’Italia – riferisce Greenpeace – viene attualmente erogata acqua potabile che in altre nazioni non viene considerata sicura per la salute umana. Il 41 per cento dei campioni analizzati supera ad esempio i limiti vigenti in Danimarca sui Pfas nell’acqua, mentre il 22 per cento supera le soglie introdotte negli Stati Uniti”.

Una situazione che non cambierà neanche tra un anno quando entrerà in vigore in Italia la direttiva europea 2020/2184 che prevede un valore limite relativamente alla presenza complessiva di 24 Pfas pari a 100 nanogrammi per litro. “Il provvedimento – sottolinea Greenpeace – non tutela in modo adeguato la salute umana. I parametri europei infatti sono stati superati dalle più recenti evidenze scientifiche e dalle valutazioni di importanti enti (ad esempio EFSA) tant’è che recentemente l’Agenzia europea per l’ambiente (EEA) ha dichiarato i futuri limiti inadeguati a proteggere la salute umana. Per questo numerose nazioni europee (Danimarca, Paesi Bassi, Germania, Spagna, Svezia e regione belga delle Fiandre) e gli Stati Uniti hanno già adottato limiti più bassi”.

Fonte : Today