Un errore dell’algoritmo e centinaia di video violenti sono finiti sulle timeline degli utenti di Instagram. Meta si è accorta dell’errore e ha posto rimedio, scusandosi. Non si sa il numero preciso degli utenti colpiti né dei video finiti per errore nella ‘raccomandazione’ dei contenuti da vedere, ma l’effetto è stato che molti iscritti al social hanno segnalato all’azienda quanto stava accadendo.
Contenuti finiti ovunque, anche sulle timeline con il controllo dei contenuti sensibili, quelle cioè protette e create apposta per l’uso dei minori. Contenuti forti che qualcuno sui media americani ha potuto raccontare: incidenti stradali, mutilazioni sui posti di lavoro, cadute mortali dai giochi dei parchi divertimenti.
Meta: “Corretto un errore, quei contenuti non dovevano essere suggeriti”
“Abbiamo corretto un errore che ha fatto sì che alcuni utenti vedessero nel loro feed Instagram Reels contenuti che non avrebbero dovuto essere raccomandati. Ci scusiamo per l’errore”, ha dichiarato un portavoce di Meta. Non ci sono spiegazioni sul tipo di errore che ha portato alla rottura degli argini del controllo.
Le politiche di moderazione di Meta sono state messe sotto esame dopo che il mese scorso ha deciso di eliminare il suo programma di fact-checking statunitense su Facebook, Instagram e Threads, tre delle più grandi piattaforme di social media del mondo con oltre 3 miliardi di utenti a livello globale.
I video violenti e grafici sono vietati dalla politica di Meta e l’azienda di solito rimuove tali contenuti per proteggere gli utenti, salvo eccezioni concesse per i video che sensibilizzano su argomenti come l’abuso dei diritti umani e i conflitti.
I video finiti sul social: mutilazioni, violenze e morti sul lavoro
Il Wall Street Journal ha avuto modo di vedere i video in questione tramite l’account di un proprio giornalista: si tratta di video di persone uccise da colpi di arma da fuoco, maciullate da macchinari o scaraventate via dai giochi dei parchi divertimento.
E poi risse finite in accoltellamenti e sparatorie, pestaggi, violenze domestiche. I video tra l’altro venivano visualizzati in sequenza, uno dopo l’altro. E provenivano da pagine che il giornalista del Wsj non seguiva, con nomi come “BlackPeopleBeingHurt”, “ShockingTragedies” e “PeopleDyingHub”.
Fonte : Repubblica