Dagli scavi di Pompei è emerso un affresco incredibile: una megalografia, ossia un fregio a dimensioni quasi reali, che fa luce sui rituali dei misteri di Dionisio, il dio che muore e rinasce e che promette altrettanto ai sui seguaci. Si tratta, in particolare, di una grande sala per banchetti, scavata in queste settimane nell’area centrale di Pompei, esattamente nell’insula 10 della Regio IX, affrescata da un ciclo di pitture che raccontano appunto una scena di iniziazione ai misteri. Un rinvenimento molto raro a Pompei, dato che rappresentazioni simili sono state trovate solamente nella villa dei Misteri, scoperta più di 100 anni fa. “Tra 100 anni la giornata di oggi verrà vissuta come storica perché storica è la scoperta che mostriamo”, ha spiegato Alessandro Giuli, ministro della Cultura. “Si tratta di un documento storico eccezionale e, insieme a quella della Villa dei Misteri, costituiscono un unico nel loro genere, facendo di Pompei una straordinaria testimonianza di un aspetto della vita della classicità̀ mediterranea in gran parte sconosciuto”.
I culti misterici
Ricordiamo brevemente che nell’antichità esistevano diversi culti, tra cui appunto quello di Dioniso, il dio del vino. Questi, tuttavia, venivano chiamati anche “misterici” perché per accedervi e conoscerne i segreti era necessario compiere un rituale di iniziazione. Spesso, inoltre, questi culti erano associati alla promessa di una nuova vita beata, sia in questo mondo che in quello dell’aldilà. In questa ultima scoperta la megalografia della sala, che gira intorno a tre lati dell’ambiente, mentre il quarto dava sul giardino, rappresenta l’iniziazione ai misteri dionisiaci.
Pompei, il grande affresco
Nella megalografia, le baccanti vengono rappresentate come danzatrici, ma anche come cacciatrici feroci. Con loro ci sono anche giovani satiri con le orecchie appuntite che suonano il doppio flauto, mentre un altro compie un sacrificio di vino in stile acrobatico. Al centro della composizione, invece, c’è una donna con un vecchio sileno che tiene una torcia, indicando che si tratta di una donna mortale che con un rituale notturno sta per essere iniziata nei misteri di Dioniso. Tutte le figure sono rappresentate su piedistalli, come se fossero delle statue, mentre al tempo stesso movimenti, carnagione e vestiti le fanno apparire molto vive.
Lo stile
L’affresco, visibile per il pubblico fin da subito nell’ambito delle visite al cantiere e scoperto nella dimora battezzata dagli archeologi “casa del Tiaso”, è stato datato agli anni 40-30 a.C, vale a dire quindi che era già vecchio di un secolo al momento dell’eruzione del Vesuvio che nel 79 d.C. seppellì Pompei. Inoltre è attribuibile al II Stile della pittura pompeiana, proprio come la megalografia della villa dei Misteri. A differenza di questa, tuttavia, il nuovo fregio aggiunge un altro tema all’immaginario dei rituali iniziatici di Dioniso: la caccia, che viene evocata non solo dalle baccanti cacciatrici, ma anche da un secondo, più piccolo fregio che corre al di sopra di quello con baccanti e satiri e in cui sono raffigurati animali vivi e morti, tra cui un cerbiatto e un cinghiale sventrato, galli, uccelli vari, ma anche pesca e frutti di mare.
La figura femminile
“La caccia delle baccanti di Dioniso a partire dalle ‘Baccanti’ di Euripide del 405 a.C., una delle più amate tragedie dell’antichità, diventa una metafora per una vita sfrenata, estatica, che mira a ‘qualcosa di diverso, di grande e di visibile’, come dice il coro nel testo di Euripide”, ha spiegato il direttore del Parco archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel, co-autore di un primo studio del nuovo rinvenimento pubblicato sull’E-Journal degli Scavi di Pompei. La baccante, infatti, esprimeva il lato selvaggio e indomabile della donna, aggiunge l’esperto, “la donna che abbandona i figli, la casa e la città, che esce dall’ordine maschile, per danzare libera, andare a caccia e mangiare carne cruda nelle montagne e nei boschi; insomma, l’opposto della donna ‘carina’, che emula Venere, dea dell’amore e delle nozze, la donna che si guarda nello specchio, che si ‘fa bella’. Sia il fregio della casa del Tiaso sia quello dei Misteri mostrano la donna come sospesa, come oscillante tra questi due estremi, due modalità dell’essere femminile a quei tempi”.
Fonte : Wired