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Cinquanta giovani detenuti tra i 21 e i 25 anni saranno trasferiti dalla giustizia minorile al carcere della Dozza, a Bologna. La decisione, legata al sovraffollamento degli Istituti penali per minorenni, ha sollevato forti critiche da parte di garanti, associazioni e istituzioni locali, che temono ripercussioni sui percorsi rieducativi e sulle condizioni di detenzione.
Il sistema penitenziario minorile italiano è da tempo in forte difficoltà: il numero di giovani detenuti è in aumento, le strutture sono al limite della capienza e la possibilità di adottare misure alternative si è ridotta con l’approvazione del decreto Caivano. Per far fronte a questa emergenza, il governo ha deciso di trasferire cinquanta giovani detenuti in un carcere per adulti, una scelta che sta alimentando non poche polemiche. Da una parte, il Ministero della Giustizia sostiene che la misura sia necessaria per alleggerire il carico sugli Istituti penali per minorenni (IPM). Dall’altra, garanti dei detenuti, associazioni e amministratori locali denunciano il rischio di compromettere il percorso rieducativo dei giovani reclusi e di peggiorare le condizioni di un sistema carcerario già in estrema crisi.
Il trasferimento dei giovani detenuti alla Dozza
Dopo giorni di discussione, è stata fissata la data: il 25 febbraio il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha firmato il provvedimento che prevede il trasferimento di cinquanta giovani detenuti (tra i 21 e i 25 anni) dalla giustizia minorile al carcere per adulti della Dozza, a Bologna. La decisione riguarda in particolare coloro che, pur essendo ancora nel circuito della giustizia minorile, vengono ritenuti più problematici.
Cosa dice il Decreto Caivano e le nuove regole per la giustizia minorile
Gli istituti penali per minorenni nascono con l’obiettivo di rieducare i giovani detenuti, non di punirli o “neutralizzarli”. La popolazione carceraria minorile è composta prevalentemente da ragazzi che hanno commesso reati contro il patrimonio o legati allo spaccio di stupefacenti, reati spesso connessi a situazioni di marginalità sociale. I minori autori di crimini gravi, come quelli contro la persona, rappresentano invece una piccola minoranza. Il Decreto Caivano, promosso dal governo Meloni e approvato nel 2023, ha inasprito la risposta dello Stato alla criminalità minorile, introducendo norme più rigide che riducono le possibilità di accesso a misure alternative alla detenzione e ampliando invece l’elenco dei reati per cui i minori possono essere incarcerati. A questo si aggiunge una delle misure più controverse del decreto, cioè la possibilità di trasferire giovani detenuti dagli istituti minorili alle carceri per adulti, una scelta che ha sollevato forti critiche perché rischia di interrompere i percorsi di rieducazione e di aggravare il sovraffollamento delle strutture penitenziarie.
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“Il cosiddetto Decreto Caivano”, spiega Antigone nel comunicato stampa che presenta il Rapporto 2024 sui minori in carcere, “ha introdotto una serie di misure che stanno avendo e continueranno ad avere effetti distruttivi sul sistema della giustizia minorile, sia in termini di aumento del ricorso alla detenzione che di qualità dei percorsi di recupero per il giovane autore di delitto. L’estensione delle possibilità di applicazione dell’accompagnamento a seguito di flagranza e della custodia cautelare in carcere stravolge l’impianto del codice di procedura penale minorile del 1988 e sta già determinando un’impennata degli ingressi negli Istituti penali per minorenni (IPM)”.
Alla fine del febbraio 2024 erano 532 i giovani reclusi nei 17 Istituti Penali per Minorenni d’Italia: “Una cifra che sta rapidamente crescendo. Solo due mesi prima, alla fine del 2023, si attestava sulle 496 unità. Alla fine del 2022 le carceri minorili italiane ospitavano 381 ragazzi. L’aumento, in un anno, è stato superiore al 30%”, si legge nel rapporto di Antigone.
Criticità e preoccupazioni
L’operazione a firma Nordio solleva numerosi dubbi: primo tra tutti la mancata separazione tra minori e adulti. La legge prevede infatti che i giovani detenuti abbiano comunque percorsi separati dagli adulti, proprio per garantire un trattamento rieducativo adeguato. Il sovraffollamento della Dozza rende però impossibile questa distinzione: l’istituto penitenziario ospita infatti già 853 detenuti a fronte di una capienza di 483 posti. Mancano insomma spazi adeguati per percorsi rieducativi; a questo si aggiungono condizioni igieniche estremamente carenti e un numero infinito di episodi di autolesionismo e violenza. Non solo, molti di questi giovani stanno seguendo corsi di istruzione e reinserimento sociale e questo trasferimento porterebbe così a interrompere questi percorsi, riducendo le possibilità di reintegrazione.
Le proteste e la richiesta di un confronto
Il Garante regionale dei detenuti, Roberto Cavalieri, e il Garante comunale di Bologna, Antonio Ianniello, hanno chiesto un tavolo tecnico con il Ministero, la Regione e il Comune per discutere alternative. L’incontro è stato tuttavia rinviato a dopo il 25 febbraio, quando il trasferimento sarà già avvenuto. Nel frattempo, nei giorni scorsi è stato organizzato un presidio davanti al carcere della Dozza con il sostegno di associazioni, sindacati e partiti politici. L’obiettivo è fermare il trasferimento prima che diventi definitivo e aprire un dialogo sulle soluzioni migliori per gestire la crisi del sistema penitenziario minorile.
Molti critici leggono questa decisione come una scelta politica più che logistica: il sindaco di Bologna, Matteo Lepore, ha infatti dichiarato che la Dozza è già al limite della capienza e che il trasferimento dei giovani detenuti senza un adeguato piano rieducativo è un errore. Anche la Garante regionale per l’infanzia e l’adolescenza, Claudia Giudici, ha definito la scelta “gravissima”, perché comprometterebbe i diritti dei giovani detenuti.
Questo trasferimento potrebbe poi creare un precedente pericoloso, aprendo la strada a ulteriori spostamenti di minori nei circuiti penitenziari per adulti, con un impatto negativo sulla loro rieducazione e sul loro futuro. Il rischio è insomma che il carcere diventi solo un luogo di contenimento, senza reali possibilità di recupero.
Fonte : Fanpage