“Overview” – Social e democrazia. Cosa possiamo dire o vedere su X, Instagram e TikTok

La nuova puntata di “Overview – sguardo sui tempi che corrono”, la serie di approfondimenti prodotta da Sky TG24 e realizzata da Tiwi, è un focus su piattaforme, libertà di espressione e regole, disinformazione, trasparenza e pluralismo

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Passiamo molto tempo online. Anche sui social. “Mondo virtuale”, si dice a volte. Quasi a indicare una realtà simulata. Come se chattare, guardare video o condividere foto, commentare quello che succede – e ci succede – non fossero parte della nostra vita reale. Non contribuissero all’idea del mondo che ci facciamo. 

Ecco perché le domande su quello che possiamo dire o vedere su X, Instagram o TikTok riguardano tutti. E quindi: quali limiti è giusto mettere sui social? Fin dove sono legittimi gli interventi delle piattaforme? E le pressioni dei governi? 

Ci sono storie che possono aiutare a capire. Una ci porta negli Stati Uniti, poco prima delle elezioni vinte da Donald Trump. Da Mark Zuckerberg, amministratore delegato di Meta.  La società di Facebook, Instagram e Whatsapp. Miliardi di utenti, sparpagliati per il globo. Tra le prime dieci aziende al mondo per valore di mercato.

Zuckerberg da Biden a Trump

In una lettera al Congresso, Zuckerberg si dice rammaricato perché, durante la pandemia, ha dovuto cedere alle pressioni dell’amministrazione Biden. Per censurare, dice, alcuni contenuti sul Covid-19. Dice anche che non lo rifarebbe. Erano i tempi della disinformazione su vaccini e coronavirus. 

Giorni che oggi sembrano lontani, come quelli di gennaio 2021. Trump che contesta nelle piazze e sui social la vittoria di Joe Biden, i suoi sostenitori che assaltano il Campidoglio. I principali social che decidono di sospendere l’account di Trump. Tolgono la parola, online, al presidente in carica di uno stato democratico.  Una decisione senza precedenti. Che pone alcune domande di fondo. 

Le piattaforme social possono agire svincolate da qualsiasi autorità pubblica? Il presidente di uno stato democratico ha il diritto di dire quello che vuole, anche se infrange le regole?

Passano quattro anni ma sembrano cento. Gennaio 2025. Zuckerberg chiude il programma di fact-checking, cambia le regole di moderazione dei contenuti, annuncia il ritorno alle radici sulla libertà di espressione. Accusa le leggi europee di censura Guarda a Trump e Elon Musk.

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Le piazze digitali e i loro rischi

I social sono i luoghi dell’intrattenimento, della condivisione e anche del confronto di idee. Gestiti in una logica commerciale. Piazze digitali nelle mani di pochi e frequentate da tanti. Preziose per dissidenti e attivisti. E abitate, come può accadere nei luoghi affollati, anche da chi pubblica deepfake o spaccia falsi legami tra coronavirus e rete 5G (sul tema disinformazione e intelligenza artificiale, SKYTG24 partecipa al consorzio Ai4Trust, finanziata dall’Unione Europea e coordinato dalla Fondazione Bruno Kessler).

Nel mondo, i profili attivi sui social si contano in miliardi. Si sa che una persona può avere più profili. Però, è indicativo. Nell’Unione Europea, su Instagram, ci sono oltre 269 milioni di utenti attivi al mese. Come dire: gli abitanti di Italia, Francia, Spagna, Germania e Austria messi insieme. In un unico reel.

Gli Stati hanno leggi valide dentro i rispettivi confini. Le piattaforme digitali non hanno confini. L’Europa, spesso più indietro nell’innovazione tecnologica, fa da apripista su trasparenza, moderazione dei contenuti e intelligenza artificiale. Tutela degli utenti e dei minori.

Un sistema di regole che, nel caso del digital service act, prevede sanzioni fino al 6% del fatturato mondiale e cerca di rendere trasparente anche il modo in cui gli algoritmi raccomandano contenuti. Il rischio è trovarsi confinati in un universo di specchi, in cui andiamo sempre d’accordo con noi stessi. E invece di estendere le nostre conoscenze, cerchiamo solo conferme alle nostre certezze.

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Le ombre di Telegram e l’arresto di Durov

A proposito di Europa. Parigi. È una sera d’estate. Pavel Durov – il fondatore di Telegram – viene arrestato appena scende dal suo jet privato, per i contenuti pubblicati attraverso la sua app. L’iniziativa delle autorità francesi non c’entra con le nuove regole europee. La cosa fa parecchio rumore. Il timore è che possa diventare un precedente.

“Libertè?”. “Siamo nel 2030 in Europa e si viene giustiziati per aver messo un like a un meme”, twitta Elon Musk. Imprenditore visionario. L’uomo più ricco del pianeta, e anche uno dei più influenti. Proprietario di Space X, di Tesla e anche di X: il social che ha comprato per 44 miliardi di dollari, cambiandogli nome e regole.

Accusato di aver trasformato l’ex Twitter, in nome del free speech assoluto, in un social dove dilaga la disinformazione. E l’uso senza filtri dell’intelligenza artificiale generativa.

Adesso è nella squadra del presidente Trump. Di cui è grande sponsor economico e social.

Torniamo a Telegram. Ha fama, non sempre meritata, di app sicura e attenta alla privacy. Ma è uno spazio prezioso per i cittadini di paesi autoritari. Criticata perché spesso chiude un occhio, anche due. In nome – sostiene – della libertà d’espressione.

Però, le accuse dei magistrati francesi sono relative alla distribuzione di materiale pedopornografico e allo spaccio di droga. Alla mancata collaborazione con le autorità.

Telegram intanto finisce nei guai anche in Corea del Sud. Viene accusata di non fare nulla contro la diffusione di deepfake pornografici. Immagini di ragazze manipolate con l’intelligenza artificiale e condivise in chat con decine di migliaia di persone.

In Francia Durov, rilasciato su cauzione, assicura collaborazione con le autorità.  È una svolta. 

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Musk e gli attacchi su X

In Europa, le regole sulle piattaforme online vengono richiamate, per qualcuno in modo incauto, in occasione dell’intervista di Musk a Trump. Su X, in campagna elettorale. Già, Musk e l’Europa. Un rapporto spesso complicato. Da una parte il paladino del free speech assoluto, dall’altra l’idea di uno spazio digitale trasparente e basato su regole. 

E poi, la tendenza di Musk a immischiarsi nelle faccende politiche degli altri paesi. Nel Regno Unito, nei giorni della disinformazione online e delle rivolte contro i migranti, Musk parla di “guerra civile inevitabile”. E attacca, su X, il primo ministro laburista. 

Schema simile in Germania. In Italia, sempre sui migranti, attacca i magistrati. E spinge il presidente della Repubblica Sergio Mattarella a ribadire che l’Italia sa badare a sé stessa e chiunque deve rispettarne la sovranità. Per tornare qualche tempo, dopo, su quelle “figure di neo-feudatari del Terzo millennio – novelli corsari a cui attribuire patenti – che aspirano a vedersi affidare signorie nella dimensione pubblica, per gestire parti dei beni comuni rappresentati dal cyberspazio nonché dallo spazio extra-atmosferico, quasi usurpatori delle sovranità democratiche”.

In Brasile, lo scontro con i giudici è così duro che la Corte suprema arriva a bloccare l’accesso a X, per qualche settimana. Con tutti i rischi che un gesto così radicale comporta. 

Un rapporto complicato quello tra le piattaforme social e le democrazie. Come nel caso della polemica su TikTok negli Stati Uniti. Con la Cina sullo sfondo. O nella stessa Europa, con il clamoroso annullamento delle elezioni in Romania lo scorso anno e, in questo caso, le accuse di interferenze russe e di una campagna di disinformazione su TikTok.

Democrazie e social network. Storie e contesti diversi. E un filo conduttore: la concentrazione in pochissime mani di capitali, dati e tecnologia. E l’esigenza di trovare un punto di equilibrio che tuteli trasparenza e pluralismo.

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Fonte : Sky Tg24