La scorsa notte ho dormito male, mi sono svegliato varie volte, e stamattina mi sento stanco. Mi capita da un po’ di tempo e a quanto pare sono in “cattiva compagnia” di moltissimi altri: secondo le ultime rivelazioni dell’Accademia Italiana Medicina del Sonno, circa 13,4 milioni di italiani soffrono di disturbi del sonno, dati che riflettono quelli europei e americani. È anche per questo motivo che in tempi recenti sono apparsi sul mercato diversi gadget tecnologici che promettono di migliorare la qualità del sonno (e della vita): anelli e smartwatch, fasce elastiche, cuscini robotici, materassi con regolazione di temperatura e molto altro ancora, consentono anzitutto di capire se appunto dormiamo male e poi di aiutarci in vari modi a farlo meglio.
Ma, in termini semplici, come è strutturato il sonno e quali sono i disturbi più comuni? “In sintesi durante la notte si alternano, a cicli di circa due ore, le fasi del sonno non REM e REM (l’acronimo sta per Rapid Eye Movement, perché gli occhi si muovono velocemente, ndr.). Tutto il sonno è riposante, ma quello più profondo, da cui è più difficile risvegliarsi, è il sonno non REM profondo, che si verifica soprattutto nella prima metà della notte”, spiega il neurologo Giuseppe Didato, responsabile del centro di medicina del sonno dell’istituto Besta di Milano. “I disturbi del sonno sono molteplici, ma i più diffusi sono l’insonnia e l’apnea ostruttiva, in cui la respirazione si interrompe a causa dell’ostruzione, totale o parziale, delle vie aeree superiori”. La manifestazione più comune e più lieve di questo fenomeno è russare, ma in taluni casi, per via del sovrappeso, della posizione supina o di altre cause, la chiusura delle vie aeree può impedire di respirare per 10 secondi e più, e quando questi episodi sono molto frequenti, oltre a disturbare il sonno, le apnee alla lunga possono causare altri danni alla salute.
Da qualche tempo sono convinto di avere apnee notturne ed è per questo che mi sono sottoposto all’esame utile a scoprirlo, la polisonnografia. “Questa consente di registrare alcuni dati durante il sonno che poi vanno analizzati da un tecnico”, mi spiega Carlos Teixeira, neurofisiologo e Presidente della Società Europea dei Tecnologi del Sonno, “e può prevedere vari livelli di approfondimento: la più semplice che riguarda l’indagine delle apnee notturne si può fare a casa indossando un pulsiossimetro, dei sensori su petto e torace per verificare i movimenti respiratori e delle cannule nel naso. Altri esami più approfonditi vanno fatti in laboratorio o in ospedale e prevedono di registrare, a seconda dei possibili disturbi, anche elettroencefalogramma, elettrocardiogramma ed elettromiografia per il movimento degli arti, o anche elettrooculogramma”. “In alcuni casi, come il sonnambulismo, è richiesta una registrazione video”, racconta Didato “che prima si doveva fare in ospedale ma oggi, grazie all’avanzamento della tecnologia, ci permette di dare una telecamera al paziente che la attiva prima di andare a letto e si riprende da solo”.
Certamente la tecnologia consumer può venire incontro per verificare la qualità e la durata del sonno: l’anello hi-tech Oura Ring 4 per esempio è in grado di ricavare parametri come saturazione dell’ossigeno nel sangue, frequenza cardiaca e variabilità del battito, temperatura corporea, posizione del corpo, e usare algoritmi per valutare il sonno. In modo analogo il Samsung Galaxy Watch7 può dare un punteggio al periodo di riposo e, sfruttando l’analisi algoritmica del suono emesso di notte, grazie al microfono, darci indicazioni se e quanto abbiamo russato, monitorando nel tempo le nostre abitudini e gli eventuali disturbi. Ma se questi ed altri gadget sul mercato riescono a fare tutto questo, cosa li distingue dall’apparecchio medico che ho indossato per la polisonnografia? “Il problema non sta nei sensori che sono altrettanto affidabili, o negli algoritmi”, spiega Teixeira “quanto nella validazione medica che richiede tempi lunghi e studi clinici approfonditi. Se i congegni consumer vanno bene appunto per tutti, in realtà quando le persone diventano pazienti entrano in gioco fattori individuali come l’età ma anche la presenza di altre patologie, che questi congegni sul mercato ignorano del tutto”.
Fonte : Wired