Sporca, opprimente, magnetica: “Berlino Codice Rosso” è un medical drama coi fiocchi

Per vedere una serie tv medical drama, un po’ come per lavorare in un ospedale (con le dovute proporzioni, ovviamente), bisogna avere una qualche vocazione. Perché, altrimenti, una persona sceglierebbe di passare il proprio tempo libero guardando persone che stanno male, soffrono, perdono sangue a fiotti e spesso muoiono?

Ebbene, se non avete questa vocazione non avvicinatevi nemmeno a Berlino: Codice Rosso (titolo originale Krank Berlin, dove krank in tedesco significa malato ma è anche l’abbreviazione di “krankenhaus”, che significa ospedale), serie tv tedesca che dal 26 febbraio è in uscita su Apple TV+ con gli 8 episodi della prima stagione.

Perché se non siete portati per questo genere narrativo e televisivo potreste accusare sintomi come giramenti di testa, nausea, mal di stomaco e un pizzico di disgusto, il tutto con sullo sfondo una delle città più affascinanti ma anche tormentate città della Germania e dell’Europa. E allora vediamo insieme trama e giudizio su questa affascinante serie tedesca di Apple TV+.

Di cosa parla Berlino: Codice Rosso

Suzanna, detta Zanna, Parker (Haley Louise Jones) è una dottoressa che si è trasferita da Monaco a Berlino dopo un problema personale e familiare. Nella capitale Zanna ci va a dirigere il pronto soccorso di uno degli ospedali più critici della città. Prima di lei si sono susseguiti una serie di medici che hanno mollato appena comprese le immense complicazioni di quel posto di lavoro, e così il personale medico e infermieristico del pronto soccorso ha imparato a gestirsi praticamente in autonomia, con risultati non proprio esaltanti a cui Zanna deve imprimere una netta inversione di marcia.

Ma non sarà facile mettere ordine in quel caos, farsi rispettare da tutti e magari riuscire anche a salvare delle vite. Anche perché i colleghi non sono esattamente persone semplici e accomodanti. C’è Ben Weber (Slavko Popadic), che sarebbe anche un bravo traumatologo e di sicuro è appassionato al suo lavoro, ma è anche un tossicodipendente che non ha ben presente i confini tra tempo libero e orario di lavoro.

C’è la feroce e testarda chirurga Emina Ertan (Safak Sengül), che forse avrebbe voluto il posto di Suzanna ma ora è determinata ad andarsene da quell’ospedale e forse anche dalla città, anche se il fratellino Afrim (Arin Baran Akyol) la vorrebbe vicina a sé. C’è Dominik Kohn (Aram Tafreshian), che è l’emblema del medico che nessuno vorrebbe incontrare nel momento del bisogno.

E poi c’è chi è sempre pronto ad aiutare. Come la caposala Nezire, o l’infermiere Bruno, o il dottor Kian che scende in pronto soccorso dal reparto di medicina interna. E ci sono la giovane Olivia e il maturo Olaf, paramedici che trascorrono le loro giornate di lavoro sull’ambulanza a raccogliere persone ferite o malate e portarle in ospedale, tra le mille difficoltà di una Berlino che, fuori ma anche dentro le mura del nosocomio, riserva costantemente pericoli e angosce, risse e overdose, aggressioni e incidenti, traumi e shock. Infine, ci sono loro, i pazienti, che a volte fanno la loro comparsa solo in una puntata (in pieno stile procedural) e a volte ritornano (e ci sia permesso di spoilerare una curiosità: tra chi tornerà sotto i ferri della dottoressa Parker c’è un personaggio interpretato da una famosa drag queen tedesca di nome Jurassica Parka).

Perché vedere Berlino: Codice Rosso

Chi, come l’autore di questa recensione, ha frequentato un po’ Berlino sa che è una città immensa, complessa, affascinante ma che sembra un po’ trasandata e opprimente anche nei suoi punti più turisticamente patinati, come la porta di Brandeburgo o la Fernsehturm vicina all’Alexanderplatz cantata da Battiato. Figuriamoci quanto può essere angosciante un ospedale berlinese, e quanto oscure, sporche e squallide possono essere le vite di chi frequenta quell’ospedale, sopra o affianco a una barella.

Come si vede fin dal trailer, disponibile a fondo recensione, già dalla sua fotografia tipicamente berlinese, Berlino: Codice Rosso non fa nulla per mascherare, o edulcorare, quella sensazione di oppressione, di grigiore, di vita che prova a resistere tra locali notturni, droga e disperazione. E nei corridoi del Krankenhaus berlinese si respira la dura realtà di un ospedale dove anche i lavandini delle sale operatorie sembrano cadere a pezzi.

Co-creata dall’ex medico di pronto soccorso – diventato sceneggiatore – Samuel Jefferson e da Viktor Jakovleski, questa serie ci ha ricordato ovviamente Noi ragazzi dello zoo di Berlino. Ma soprattutto New Amsterdam (a sua volta tratta dal libro Twelve Patients: Life and Death at Bellevue Hospital del vero medico Eric Manheimer) per come riesce a rappresentare non solo le difficoltà intrinseche ai reparti d’emergenza di tutti gli ospedali, ma anche per come ci mostra una dottoressa alle prese con la difficoltà di combinare il salvataggio di vite, che in teoria dovrebbe essere l’unica missione della sanità, e il bilancio dell’ente per cui lavora, in una città e in un Land come Berlino dove, se non hai un’assicurazione medico-sanitaria e non hai la fortuna di incrociare il Ben di turno, non è detto che troverai qualcuno che ti curi.

Alex Schaad e Fabian Möhrke, registi della serie, riescono a trasportare il pubblico in questo mondo soffocante e ansiogeno, insistendo su inquadrature ravvicinate, movimenti di macchina serrati e ritmi forsennati. Tanto che la visione di questa serie potrà farvi venire mal di testa, battito accelerato e anche qualche conato. Ma se avete la vocazione per i medical drama, sapete già che questi sono in realtà sintomi di una serie ospedaliera in perfetta salute.

Voto: 8

Fonte : Today