Sono passati sette anni da quando, nel 2018, è finalmente entrato in vigore il Gdpr, il regolamento dell’Unione Europea per la protezione dei dati. L’obiettivo era di fornire ai consumatori gli strumenti necessari per difendersi dagli abusi e dalle violazioni della privacy da parte, soprattutto, dei colossi tech.
Tracciamento senza consenso, condivisione dati con terze parti non dichiarate, furti di dati non divulgati tempestivamente o mancata protezione delle nostre informazioni personali: in seguito a tutte queste violazioni, il Gdpr ha offerto la possibilità di rivolgersi alle autorità nazionali per la protezione dei dati, il cui ruolo è di valutare se ci sia effettivamente stata una violazione e di comminare multe adeguate, che nei casi più gravi possono arrivare anche a venti milioni di euro o, se più elevate, fino al 4% del fatturato annuo globale della società colpita.
Tante denunce, pochissime multe
Da allora, come indagato dalla ong austriaca specializzata in diritti digitali Noyb, ogni anno vengono presentate oltre 100mila denunce alle varie autorità nazionali dei paesi membri dell’Unione europea. Tra il 2018 e il 2023, per esempio, ne sono state presentate in media 28mila in Germania, 13mila in Francia e in Spagna, circa 10mila in Italia per poi scendere nettamente nelle nazioni più piccole (a Cipro ne sono state presentate circa 500 all’anno).
Alla luce della quantità di denunce, che hanno come protagonisti soprattutto Meta, Amazon, Apple e gli altri colossi della Silicon Valley, e dell’entità delle multe, ci si sarebbe attesi che un fiume di denaro si riversasse nelle casse degli Stati che agiscono per far rispettare il Gdpr. Le cose, come segnala Noyb, sono invece andate molto diversamente.
Nel complesso, solo l’1,3% dei casi portati davanti ai garanti europei ha come risultato una multa: il restante 98,7% viene trascinato per anni e anni, si conclude in nulla o con un patteggiamento. Tra le nazioni, ci sono comunque grandi differenze: la Slovacchia, per esempio, primeggia in questa particolare classifica avendo spiccato multe nel 6,8% dei casi, seguito dalla Bulgaria (4,2%), Cipro (3,1%) e Grecia (2,65%). A chiudere ci sono invece Irlanda, Svezia, Finlandia e Polonia (tutte attorno allo 0,2%), Francia (0,1%) e Olanda, dove le multe sono giunte solo nello 0,03% dei casi.
Fonte : Wired