All’età di 16 anni, ormai trasferita con la madre a Roma, s’iscrisse all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica intenzionata a perseguire la carriera d’attrice: non si diplomò mai, interessandosi più al nuovo metodo Stanislavskj invece che agli insegnamenti tradizionali dell’Accademia, ma si distinse all’inizio in spettacoli teatrali di Pirandello, in cui interpretò numerose delle sue protagoniste, e fece anche alcune incursioni al cinema, spesso in cameo non accreditati come in Senso di Luchino Visconti. Lavorò con Luigi Comencini, Alessandro Blasetti, Cesare Zavattini e appunto Visconti, ponendosi al centro politico e artistico del neorealismo italiano. Dopo alcuni decenni lasciò la carriera d’attrice per dedicarsi alla scrittura: i primi libri, Lettera aperta (1967) e Il filo di mezzogiorno (1969), inaugurarono la vena fortemente biografica dei suoi scritti, raccolti sotto l’etichetta di “Autobiografia delle contraddizioni”. Nel 1980 finì in carcere per una storia di furto di gioielli a una sua amica, che vendette poi in pegno.
Continuò nonostante la avversità a scrivere, con opere come L’università di Rebibbia (1983) e Le certezze del dubbio (1987), pubblicati grazie all’amico editore Beppe Costa, che si batté senza successo anche per farle ottenere la legge Bacchelli, un sussidio di Stato per personaggi illustri e meritevoli. Negli ultimi anni, grazie all’amica regista Lina Wertmüller, insegnò recitazione al Centro sperimentale di cinematografia e nel 1994 interpretò sé stessa nella docufiction su di lei, Frammenti di Sapienza, presentato alla Mostra di Venezia. Morì nel 1996, al culmine di una vita tanto intensa quanto travagliata: amò con passione assoluta e fedeltà altalenante (fu legata al regista Citto Maselli e poi all’attore Angelo Pellegrino), tentò per due volte il suicidio e finì in coma, scrisse mischiando sempre verità e finzione, arte e politica, e visse al centro della cultura italiana pur sentendosene sempre esclusa: “Sono tornata a vivere in una piccola comunità dove le proprie azioni vengono seguite, e approvate quando giuste, insomma, riconosciute”, scriveva ne L’università di Rebibbia rispetto agli anni del carcere.
Fonte : Wired