Grazie al filtro dello sguardo peculiare di Totsuko, I colori dell’anima presenta allo spettatore un mondo magico, quasi mistico, screziato di colori pastello. La qualità tecnica del film è notevole – anche rispetto agli standard nipponici contemporanei più alti -, specialmente nella rappresentazione dei movimenti che sono morbidi ed estremamente naturali e che per la Yamada sono fondamentali per descrivere i sentimenti i personaggi. Le routine di danza, in particolare, sono riprodotte in modo soave e realistico. Le tinte tenui e delicate della palette sono in sintonia con il tono della narrazione di questa favola gentile, brillano e commuovono, aiutando lo spettatore a immedesimarsi con la protagonista e il suo talento di provare emozioni innescate dall’intrecciarsi dei colori e delle immagini. Il nostro punto di vista è il suo punto di vista, per questo anche i conflitti – l’abbandono della scuola da parte di Kimi, la pressione dei genitori di Rui, la “fuga” verso la chiesa abbandonata e immersa nella neve – appaiono meno intensi, quasi privati della tensione. La soppressione dei conflitti per alcuni potrà equivalere a una mancanza di incisività e tensione nella narrazione ma quello è, purtroppo, il segno che abbiamo perso la capacità di assaporare l’innocenza e la purezza, se non l’innocenza e la purezza stessi.
Fonte : Wired