L’Europa spende più per comprare gas e petrolio russi che in aiuti all’Ucraina

L’Unione europea continua a mandare aiuti finanziari e militari all’Ucraina, per sostenerla nella sua guerra contro la Russia di Vladimir Putin, ma di fatto spende ancora più soldi per comprare combustibili fossili da Mosca. Sono le stime del Centro di ricerca sull’energia e l’aria pulita (Crea), pubblicate in occasione del terzo anniversario dell’inizio dell’invasione.

Secondo uno studio del centro, l’Ue avrebbe acquistato petrolio e gas russo per 21,9 miliardi di euro, nonostante gli sforzi in corso per eliminare la dipendenza del continente dai combustibili che finanziano la cassa di guerra di Putin. L’importo è un sesto superiore ai 18,7 miliardi di euro che Bruxelles ha stanziato per l’Ucraina in aiuti finanziari nel 2024, secondo un tracker dell’Istituto di Kiel per l’economia mondiale (IfW Kiel).

Le importazioni europee di idrocarburi russi - Mappa Crea

Meno aiuti che in altre guerre

“L’acquisto di combustibili fossili russi è, molto chiaramente, simile all’invio di aiuti finanziari al Cremlino e alla sua invasione. È una pratica che deve cessare immediatamente per garantire non solo il futuro dell’Ucraina, ma anche la sicurezza energetica dell’Europa”, ha dichiarato Vaibhav Raghunandan, analista del Crea e coautore del rapporto.

Christoph Trebesch, economista dell’IfW Kiel, che non ha partecipato all’analisi, ha affermato al The Guardian che c’è un divario impressionante tra l’entità degli aiuti mobilitati per l’Ucraina rispetto alle guerre passate, con i donatori europei che spendono in media meno dello 0,1% del Pil all’anno. “Molti Paesi sono stati più generosi nei conflitti passati. La Germania, ad esempio, ha mobilitato molti più aiuti e più rapidamente per la liberazione del Kuwait nel 1990/91 di quanto non abbia fatto per l’Ucraina in un periodo di tempo comparabile”, ha ricordato.

Le esportazioni di idrocarburi della Russia - grafico Crea

Il rapporto ha anche rilevato che la Russia ha guadagnato 242 miliardi di euro dalle esportazioni globali di combustibili fossili nel terzo anno della sua invasione su larga scala dell’Ucraina, con entrate che dall’inizio della guerra “si stanno avvicinando alla cifra del trilione”, mentre il Paese si adatta alle sanzioni occidentali. E sono entrate importanti se si pensa che Mosca ottiene fino alla metà delle sue entrate fiscali dal settore del petrolio e del gas.

Per questo il Paese ha cercato di aggirare le sanzioni spostando i combustibili su una “flotta ombra” di petroliere vecchie e sottoassicurate, imbarcazioni che continuano a operare indisturbate, anche se l’Europa sta cominciando a individuarle e sanzionarle. Secondo il Crea, queste navi oscure sono responsabili del trasporto di circa un terzo delle entrate derivanti dall’esportazione di combustibili fossili. I ricercatori del Crea hanno stimato che i ricavi dei combustibili fossili russi potrebbero diminuire del 20 per cento se si rafforzassero le sanzioni esistenti e colmando le lacune.

Serve ulteriore stretta

Le misure suggerite comprendono la chiusura di una cosiddetta “scappatoia di raffinazione” attraverso la quale l’Europa può acquistare greggio russo lavorato in un altro Paese e la limitazione dei flussi di gas attraverso il gasdotto Turkstream, l’ultimo rimasto ancora attivo. Il rapporto chiede anche un giro di vite sul gas naturale liquefatto (Lng), una misura in discussione ma che non è stata approvata dai Ventisette, con diversi Paesi del blocco che sono ancora dipendenti da queste importazioni dalla federazione.

Con la chiusura dei gasdotti, Nord Stream in testa,il ruolo del Gnl nell’Ue e nel Regno Unito è cresciuto drasticamente dall’inizio della guerra, passando da un massimo prebellico di 81,3 tonnellate nel 2019 a 119 tonnellate nel 2022. “L’anno scorso la Russia ha conquistato il posto di secondo esportatore di Gnl in Europa”, ha spiegato al giornale britannico Jan-Eric Fähnrich, analista del gas presso Rystad Energy.

Fonte : Today