“Zero Day” su Netflix vi impressionerà non poco, in virtù di una potenza incredibile connessa alla trama, ai suoi personaggi, a come si ponte l’obiettivo (centrato in pieno) di parlarci di noi, della nostra società, della terrificante situazione della nostra democrazia, il cui stato di salute non è stato mai così pessimo dalla fine della seconda guerra mondiale. Robert De Niro torna a ruggire come ai bei tempi, attorniato da un cast di grande spessore, ci dona una grandissima interpretazione in una miniserie dall’identità civile palese ma mai sgraziata.
“Zero Day” – la trama
“Zero Day” è stata creata da Eric Newman, Noah Oppenheim e Michael Schmidt, e ci porta in una tranquilla giornata come le altre negli Stati Uniti, almeno così sembrerebbe. Poi, d’improvviso, il caso, quando un virus manda completamente in tilt il paese, bloccando non solo ogni apparecchio elettronico, ma seminando il caos nei trasporti, ospedali, nel traffico cittadino, aeroporti, centrali elettriche e ogni possibile infrastruttura. Muoiono 3000 persone, il paese è in ginocchio e la Presidente MItchell (Angela Bassett), di fronte ad un cyberattacco di questa portata e all’indefinitezza dei mandati, non può fare altro che rivolgersi a George Mullen (Robert De Niro). Questi è stato anch’egli Presidente, prima di dimettersi 12 anni prima a causa della morte per overdose del figlio, che lo aveva completamente azzerato psicologicamente, decidendo di ritarsi dalla vita politica. Una decisione che lo aveva fatto indicare da molti come un uomo debole e privo di carattere. Mullen viene posto a capo di una Task Force per le indagini, con l’incarico di trovare i colpevoli, ma a parte la moglie Sheila (Joan Allen), pochi hanno fiducia in lui. Assieme al suo vice, Roger Carson (Jesse Plemons), Mullen cercherà di far luce su chi e cosa ha scatenato quell’attacco, trovandosi invischiato in un complotto dalle molte facce e finalità, di cui però è davvero difficili intuire struttura, mandante e soprattutto quale sarà la prossima mossa e dove stia la verità.
Fin dal primo dei suoi 6 episodi, questa miniserie diretta da Lesli Linka Glatter rivendica la sua fortissima connessione con la realtà di questo XXI secolo, dove i partiti tradizionali hanno perso completamente la presa, in favore di altri protagonisti: influencer, i guru hi-tech, il populismo di ogni forma e colore, capace di artigliare le masse con ferocia e di capitalizzarne ogni stato emotivo per il proprio fine. Mullen, grazie a Robert De Niro, si erge come una sorta di sopravvissuto di ciò che era la politica nel XX secolo, con la sua visione chiara e definita delle cose, manichea se si vuole, ma non per questo priva di efficacia, di una coerenza insita in una moralità che si base sulla collettività. Ma siamo nel 2025, l’individualismo regna, assieme alla scomparsa (o supposta tale) del concetto di verità e soprattutto di responsabilità. Mullen deve muoversi in fretta, perché la Presidente, sostenuta dallo Speaker della Camera Richard Dreyer (Matthew Modine), dal Direttore della CIA Lasch (Bill Camp) e pressata dall’opinione pubblica, vuole dei colpevoli contro cui scagliare la propria rappresaglia. Al momento, molte prove fanno propendere verso una responsabilità della Russia. Ma a mano a mano che andrà avanti, il vecchio e roccioso ex Presidente si renderà conto che il quadro è più complicato di quanto sembri e il nemico ha molte facce. Intanto deve anche guardarsi dell’offensiva mediatica portatagli dall’influencer di destra Evan Green (Dan Stevens) con le sue accuse xenofobe.
Un affresco perfetto e chirurgico dell’epoca folle in cui viviamo
“Zero Day” ha una regia magnifica, ma soprattutto un’atmosfera in cui risplende l’essenza del thriller clasicco d’autore, quello che ci ha regalato perle come “Michael Clayton” di Tony Gilroy o “L’uomo nell’ombra” di Roman Polanski. Tuttavia, i più esperti noteranno omaggi a “Manchurian Candidate” e “Sette giorni a maggio” di John Frankenheimer. La serie apre molteplici percorsi, senza però mai dimenticarsi il principale, una caccia al colpevole che di puntata in puntata diventa la vivisezione di un corpo palpitante: quello del nostro mondo. La nostra democrazia è stata svuotata da un turbocapitalismo tossico, dal culto della personalità di ritorno dopo cent’anni. Di chi è la colpa? La risposta di “Zero Day” è complessa, molteplice ma mai banale, parte dallo scollamento tra istituzioni e popolo, ma non risparmia critiche soprattutto a quest’ultimo, pronto a sbraitare, a dare il peggio di sé quando arriva l’ennesimo profeta populista scaltro, capace di essere branco ma mai comunità. Tuttavia, a mano a mano che si va avanti ed emergono i lati oscuri, le complicità, Mullen diventa il motore di un ritorno alla serietà, alla distruzione dell’alibi della malapolitica, della classe dirigente che si è chiusa in un fortino, un castello e sprezzante guarda dall’alto il prossimo. “Zero Day” anche in questo si mostra sempre perfetta, illuminante, mentre dissemina di briciole il percorso, ci guida verso una conclusione che è coerente, forse neanche tanto sorprendente, ma naturalmente, come molte altre volte, è il come e non il cosa che conta.
Non ci sono santi ed eroi qui, ma soprattutto il conflitto armato è diventato quello della tecnologia, delle IA, della cyber sicurezza, lo stesso titolo delle miniserie si rifà ad una teorica crisi inedita e sconosciuta, teorizzata più volta. Non sono più le testate nucleari a portare la fine, come il cinema ha teorizzato e mostrata un’infinità di volta, ma la nostra ormai totale dipendenza dei nostri supporti tech, la loro interconnessione che li rende ad un tempo così importanti e assieme così pericolosi. A guardare come sono andate le ultime elezioni (non solo americane) non si può negare che “Zero Day” sia una miniserie dalla grande vocazione civile, che vuole ricordarci che la politica siamo noi, lo Stato siamo noi. Abbiamo delegato tutto al nostro umore, seguiamo il primo autoproclamatosi profeta come un pifferaio magico. Robert De Niro rispolvera l’antico carisma con un personaggio che gli calza a pennello, che ha cercato e voluto anche per le sue note e nette idee politiche. La cosa più inquietante, è la sensazione finale di guardarsi allo specchio, di una democrazia distrutta dal capitale, dall’incapacità di fermare quell’1% che detiene le nostre vite in pugno. Per questo, soprattutto per questo, al di là del ritmo, dell’atmosfera magnetica ed angosciante, di un cast che si muove in modo perfetto, “Zero Day” è il grande racconto geopolitico del nostro tempo, una di quelle serie che lasciano il segno per la verità di cui si fanno portatrici, soprattutto quando è scomoda eppur evidente.
Voto: 8,5
Fonte : Today