La Direttiva UE 2019/904 entrata in vigore il 1° gennaio 2025 è chiara. Le bottiglie monouso che troviamo dappertutto devono contenere almeno il 25% di plastica riciclata. Percentuale che nel 2030 salirà al 30%. In Europa solo il 27% è destinato al riciclo, il 24% finisce in discarica e il restante approda negli inceneritori. In Ue quindi si ricicla meno per via dei costi molto alti di trasformazione. Ecco perchè i Paesi del Vecchio Continente comprano a basso costo il prodotto riciclato da Cina, Turchia, India, Indonesia, Egitto e Vietnam. Stati che non sono vincolati dagli alti standard europei su qualità dei materiali e sul rispetto dell’ambiente. Un’alternativa per incentivare il riciclo e quindi dare valore alla plastica, potrebbe essere il deposito cauzionale sulle bottiglie. In alcuni Paesi europei è già realtà ma l’Italia è indietro. Abbiamo intervistato uno dei principali sostenitori del DRS, Alberto Bertone, Presidente e AD Acqua Sant’Anna Spa.
In Italia come siamo messi con il riciclo della plastica?
“Il sistema di recupero attuale ha delle criticità, soprattutto nella fase di identificazione del primo utilizzo dell’imballaggio. Si tende a non differenziare quelle che hanno contenuto acqua da quelle invece che hanno magari ospitato oli combustibili. Questo può portare a una classifica di serie A e B della plastica, con il rischio di contaminazione dovuta al precedente utilizzo dell’imballaggio. Quindi occorre sistemare questo problema di filiera”.
Quale potrebbe essere la soluzione?
“Per migliorare la situazione occorre introdurre la cauzione come si fa in altri paesi europei. In sostanza bisogna aggiungere al prezzo di vendita delle bevande in bottiglie di plastica o lattine un deposito di 25 centesimi che viene poi restituito quando il consumatore riporta il vuoto presso un punto di raccolta. In sostanza, il consumatore compra il contenuto e prende in prestito l’imballaggio”.
Ma questo non avviene già? In alcune città ci sono delle macchinette che in cambio della plastica restituiscono dei buoni da spendere.
“E’ vero ma non è obbligatorio. Sono le persone che decidono in base al proprio modo di essere. Bisogna rendere questa pratica obbligatoria, per legge. Così diventerebbe un meccanismo virtuoso che aiuterebbe di gran lunga il ricilo. Ma a quanto pare il governo, al momento, non ha interesse di prendere questa strada. Poi alle macchinette si ricicla tutto insieme, non c’è un controllo”.
Perchè la plastica riciclata costa più di quella vergine?
“I costi di trasformazione e recupero sono molto alti, proprio perchè non c’è ancora il concetto di riciclo. Si preferisce acquistare da Paesi come Cina, Turchia, India, Indonesia, Egitto e Vietnam che riescono a riciclare e quindi a vendere a prezzi molto competitivi. Questo ha destabilizzato il mercato europeo. Occorre quindi promuovere la circolarità dei rifiuti plastici e lo sviluppo di questa industria. Si può fare adottando misure politiche mirate a salvaguardare il nostro mercato. L’Europa chiede standard altissimi per la qualità dei materiali, cosa che non avviene nei Paesi extra europei”.
Voi di Sant’Anna avete sviluppato la bio bottle, cos’è?
“E’ la prima al mondo 100% biodegradabile. Sant’Anna Bio Bottle è la linea di bottiglie prodotta con PLA, si tratta di un particolare polimero che si ricava dalla fermentazione degli zuccheri contenuti nelle piante, senza neanche una goccia di petrolio o suoi derivati. Il risultato è una Bioplastica Verde rivoluzionaria perché biodegradabile e compostabile. Negli appositi siti di compostaggio industriale, la Bio Bottle torna in soli 80 giorni a far parte della natura. E’ stata una grande innovazione che però non riesce a decollare per i costi della materia prima molto alti e forse anche per colpa della grande distribuzione. Pensavamo che anche altri potessero seguirci e invece questo non è successo”.
Fonte : Sky Tg24