Gaza, lo show di Hamas per la restituzione di 4 salme. Cosa succede adesso

Gaza, tutto è spettacolo ormai. Quattro bare nere sono comparse ieri su un palco a Khan Younis. La cerimonia di consegna dei corpi degli ostaggi israeliani uccisi, organizzata da Hamas nel sud della Striscia, segna il primo trasferimento di vittime dall’inizio della tregua. L’operazione, gestita dalla Croce rossa internazionale, rientra nell’accordo che prevede anche l’ingresso di aiuti umanitari e materiali per la ricostruzione nel territorio palestinese. Come già accaduto nelle precedenti liberazioni, Hamas ha trasformato anche questa restituzione in uno show propagandistico, esponendo le bare su un palco con striscioni trilingue e gestendo ogni fase davanti alle telecamere. La prima fase dell’intesa, che scadrà all’inizio di marzo e prevede la liberazione di 33 ostaggi, è quasi completata, mentre i colloqui al Cairo per la seconda fase, che dovrebbe portare al rilascio di altri sessanta prigionieri e a un cessate il fuoco definitivo, non sono ancora iniziati. Finora, sono stati rilasciati 19 ostaggi israeliani in vita e 4 morti.

Il quadro degli accordi

La consegna dei corpi si inserisce in un articolato meccanismo di scambi tra Hamas e Israele, costruito attraverso una complessa mediazione del Qatar e dell’Egitto nelle ultime settimane. L’accordo attuale prevede infatti una serie di rilasci scaglionati, tanto che per sabato è programmata la liberazione di altri sei ostaggi ancora in vita, gli ultimi della prima fase di tregua, in cambio di un centinaio di palestinesi detenuti nelle prigioni israeliane. Come contropartita, Israele rilascerà centinaia di palestinesi detenuti nelle sue carceri.

Il trasferimento delle salme coincide peraltro con una significativa apertura da parte del governo Netanyahu sul fronte degli aiuti umanitari. Tel Aviv ha infatti autorizzato per la prima volta l’ingresso di strutture abitative temporanee nella Striscia, insieme ai macchinari necessari per la rimozione delle macerie. I primi bulldozer hanno già iniziato a operare nell’area del valico di Rafah. Questa decisione è arrivata dopo che, la scorsa settimana, Hamas aveva minacciato di ritardare i rilasci, denunciando tra le presunte violazioni della tregua proprio il blocco delle case mobili e dei macchinari pesanti. Il rapporto congiunto di Banca mondiale, Onu e Unione Europea ha stimato in 53,2 miliardi di dollari il costo complessivo per il ripristino delle infrastrutture della Striscia, di cui quasi 30 sarebbero necessari per la sola ricostruzione delle abitazioni.

Le prospettive di pace

L’avvio dei colloqui per la seconda fase dell’accordo, più volte rinviato dall’inizio di febbraio, rappresenta ora la sfida più complessa per la diplomazia internazionale. I negoziati al Cairo dovrebbero concentrarsi su due obiettivi principali: il rilascio di circa sessanta ostaggi ancora detenuti a Gaza, di cui la metà si ritiene non sia sopravvissuta alla prigionia, e la definizione di un cessate il fuoco duraturo. In questo scenario si inserisce il piano egiziano per la ricostruzione della Striscia, elaborato come alternativa alla controversa proposta di Donald Trump di trasferimento permanente dei due milioni di residenti di Gaza. Un’ipotesi, quest’ultima, che ha incontrato il netto rifiuto non solo della popolazione palestinese ma dell’intero mondo arabo, come testimoniano le dichiarazioni dei leader regionali e le manifestazioni di protesta nei territori occupati.

Fonte : Wired