Terre rare in Ucraina, il piano per scambiarle con gli aiuti di Trump

Le terre rare in Ucraina sono importanti per l’economia, e questo non è una novità, ma si stanno prendendo la scena anche nella tormentata vicenda della costruzione di una pace in Ucraina. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha respinto la proposta di accordo dell’amministrazione di Donald Trump, che avrebbe garantito agli Stati Uniti l’accesso a larga parte delle abbondanti risorse minerarie dell’Ucraina come forma di compensazione per gli aiuti militari inviati negli ultimi anni.

Zelensky ha spiegato che il testo era troppo sbilanciato verso gli interessi americani e che non conteneva sufficienti garanzie di sicurezza in caso di future aggressioni da parte della Russia. A detta di Washington, la presenza statunitense sul suolo ucraino costituirebbe un deterrente nei confronti di Mosca. Ma Kyiv vuole certezze. E per tutelarsi dalla volubilità della Casa Bianca, sta pensando di coinvolgere nello sfruttamento dei suoi giacimenti anche l’Unione europea, il Regno Unito e il Canada, in modo da allungare la lista dei partner economici e trasferire queste relazioni nel dominio della difesa.

Il piano di Zelensky sui minerali rari

Avendo necessità di garantirsi la prosecuzione del supporto americano e conoscendo l’approccio utilitaristico di Trump alla politica estera, Zelensky ha messo in mostra i depositi di terre rare dell’Ucraina, presentando il suo paese come un tassello fondamentale nei piani di Washington per la salvaguardia di alcune filiere importanti: tecnologie digitali, energia pulita, aerospazio, difesa. Qualche settimana fa una fonte vicina a Zelensky aveva detto al Financial Times proprio questo: che le risorse minerarie dell’Ucraina vanno protette, altrimenti finiranno nelle mani della Russia e degli altri avversari dell’Occidente, come l’Iran e la Cina.

È presto per dire se la tattica negoziale di Kyiv funzionerà. A giudicare dagli ultimi sviluppi, però, l’amministrazione Trump appare poco malleabile e intenzionata piuttosto a strappare un accordo favorevolissimo agli Stati Uniti, facendo forse leva sul fatto che è l’Ucraina ad avere più bisogno dell’America, e non viceversa. La proposta di Trump, infatti, oltre a eludere la questione degli aiuti militari futuri, assegna a New York – e non ai tribunali ucraini – la giurisdizione per la risoluzione delle dispute sui diritti minerari.

I giacimenti minerari in Ucraina: cosa sappiamo davvero

Le ricchezze contenute nel sottosuolo dell’Ucraina, comunque, hanno davvero catturato l’attenzione di Trump, spingendolo a dichiarare di volere “l’equivalente di circa 500 miliardi di dollari in terre rare”. Di terre rare – un gruppo di diciassette elementi la cui estrazione e lavorazione è dominata dalla Cina –, in verità, l’Ucraina non è ricca: Trump ha probabilmente utilizzato il termine in maniera impropria, per riferirsi all’insieme più generico dei materiali rari. Il paese possiede però depositi notevoli di litio, grafite e cobalto, utilizzati nella fabbricazione delle batterie per i veicoli elettrici; di titanio e berillio per il settore aerospaziale; di niobio, un superconduttore; di uranio per l’energia nucleare. E poi ancora di zirconio; di gallio e di tantalio per i semiconduttori; di scandio, una terra rara.

Tutto questo, almeno, sulla carta. Nella pratica, infatti, non tutti i depositi minerari ucraini sono stati adeguatamente esplorati e in alcuni casi – il litio, per esempio – nemmeno mai avviati a sfruttamento. Alcune stime sul potenziale risalgono poi a degli studi di epoca sovietica, nei quali il confine tra propaganda e realtà non è chiaro. Le società estrattive statunitensi vorranno probabilmente conoscere con maggiore precisione l’ampiezza, la qualità e l’accessibilità delle riserve ucraine prima di investire: potrebbe volerci molto tempo.

Un contesto sfavorevole

Senza contare che il contesto in Ucraina non è dei più favorevoli, per via della guerra in corso e della distruzione delle infrastrutture energetiche e della rete stradale. Ma anche in caso di cessazione delle ostilità, risulterebbe comunque difficile convincere dei tecnici specializzati a trasferirsi nel paese. In ultimo, una porzione significativa dei giacimenti di minerali rari si trovano in aree finite sotto il controllo russo, come la miniera di litio di Shevchenko.

Gli Stati Uniti vogliono evitare di dipendere da una rivale come la Cina, in particolare, per l’approvvigionamento delle materie prime necessarie alla componentistica elettronica, ai dispositivi per la transizione energetica e ai sistemi di difesa. Non è chiaro quale contributo concreto possa dare l’Ucraina a questa riorganizzazione delle supply chain, anche perché l’America – in aggiunta ai giacimenti domestici – può contare su fornitori più sicuri e più vicini, come il Canada, l’Australia o il Messico. Il vero anello critico della filiera mineraria, poi, quello sul quale si fa sentire maggiormente il peso di Pechino, non è l’estrazione della materia grezza bensì la sua raffinazione in prodotti adatti all’uso industriale.

Anche per ragioni di posizione geografica, le ricchezze minerarie dell’Ucraina potrebbero invece risultare più utili all’Unione europea, che vuole ridurre la dipendenza dalle nazioni poco affidabili. Ma Bruxelles dovrebbe prima riuscire a proporsi a Kiev come un’interlocutrice e un’alleata – economica e militare – preferibile a Washington.

Fonte : Wired