Suicidio assistito, perché servono le leggi regionali

Attualmente abbiamo tre regolamenti diversi nelle tre Asl toscane: l’individuazione di questi termini parte da un confronto con le stesse aziende sanitarie, che hanno rappresentato alla commissione consiliare la situazione attuale. Quanto al personale sanitario, è scritto chiaramente nella legge: può avere un ruolo solo su base volontaria. Un principio fissato con chiarezza anche per non invadere spazi che sono di totale competenza del legislatore nazionale.

Marco Niccolai (da Facebook)

Lo stanziamento previsto è di diecimila euro ogni dodici mesi per tre anni. Secondo lei è una cifra sufficiente per garantire che le aziende sanitarie possano rispondere efficacemente alle richieste?

Basandoci sull’esperienza di questi anni, la somma è più che congrua: stiamo parlando, per fortuna data la sofferenza lancinante che vivono queste persone e le loro famiglie, di pochissime richieste. Abbiamo previsto queste risorse perchè, attualmente, chi viene autorizzato dalle Asl deve cercarsi il farmaco. Questo non è conforme alla mia concezione di umanità e compassione, secondo la quale un dolore così lancinante non può essere affrontato in modo privatistico e individualistico, lasciandone il peso solo sulle spalle delle persone e delle loro famiglie. La Toscana è molto attenta a temi così importanti: le unità di cure palliative sono passate da 26 nel 2023 a 30 nel 2024 con un incremento del 15%; i posti letto in hospice per pazienti adulti nel 2023 erano 185 e sono passati a 206 un anno dopo, con un incremento di 21 unità; nel 2024 è cresciuto anche il numero di assistiti dalle cure palliative, passando dai 7897 pazienti del 2023 agli 8400 del 2024 (+6,4%). I pazienti complessivamente assistiti in hospice residenziale e semiresidenziale nel 2024 sono stati 371 in più rispetto all’anno precedente, (+9,8%).

Il governo Meloni ha già  espresso critiche su temi legati al fine vita. Temete un’impugnazione della legge da parte dell’esecutivo nazionale?

Nessun timore. Il governo eserciti le prerogative che gli sono proprie, ci mancherebbe: noi abbiamo esercitato le nostre, perché il consiglio regionale è organo legislativo e quindi aveva il dovere di rispondere alla sollecitazione della Corte costituzionale. La nostra legge, però non invade le competenze esclusive dello Stato in materia di ordinamento civile e penale: si limita a disciplinare le modalità organizzative di attuazione di ben due sentenze della Corte Costituzionale (2019 e 2024) in ordine alle competenze sul tema del servizio sanitario, che è demandato dalla Costituzione alle Regioni. Tra l’altro, la legge prevede un meccanismo di “cedevolezza” qualora il parlamento nazionale, dopo più di 7 anni da quando la Corte costituzionale ha chiesto di intervenire con legge (autunno 2018), si decida a fare la propria parte: quindi la normativa nazionale comporterebbe il superamento di quella regionale. Se però il parlamento non interviene, mi chiedo: un tema così delicato può davvero ancora essere demandato, come  avviene in tutta Italia, solo a provvedimenti amministrativi, come sono i regolamenti delle Asl o la delibera di giunta regionale dell’Emilia-Romagna?

Questa legge potrebbe spingere altre Regioni a muoversi in autonomia sul tema del fine vita? O magari ispirare una futura legge nazionale?

Tutte le Regioni italiane, da ben sei anni, si trovano ad affrontare questo arogomento in quanto enti competenti in materia sanitaria: la quasi totalità lo ha demandato a provvedimenti amministrativi.  Ma se non si interviene con una legge su temi così delicati e complessi, dunque avvalendosi della massima fonte del diritto che è subordinata solo alla Costituzione, mi domando: quando, allora, è opportuno legiferare? E questa non è una legge sull’eutanasia, non è una legge che rende la Toscana come la Svizzera, come ho letto in questi giorni. Basta leggere il testo per rendersene conto. Il legislatore nazionale, quando deciderà di assumersi le proprie responsabilità anziché “nascondersi” dietro le sentenze della Corte costituzionale, dovrà normare la questione con la profondità che la nostra legge regionale non può e non vuole regolamentare, perché in tal caso verrebbero davvero lese le competenze statali in materia di ordinamento civile. E il fatto che ciò non avvenga non può costituire un alibi per un organo legislativo, qual è un consiglio regionale, che ha il dovere di intervenire.

Fonte : Wired