La risposta di Conti a queste osservazioni non è stata delle più indulgenti.
Ecco, ogni volta che qualcuno dice “Non ero fortissimo in matematica, però” muore un matematico, a meno che la frase non prosegua con “ho chiesto a chi ne sa di matematica di darmi una mano a capirla”. E ancora: “anzi, siete voi che potreste dare 5 a uno e agli altri 4 dare 1-1-1-1. È matematica” per poi velatamente accusare la Sala Stampa di essersi organizzata lo scorso anno (e chiedere scusa poco dopo “per essere stato frainteso”). O ancora cambiare discorso in versione vittimistica (“la normalità dà fastidio o è la vera rivoluzione”) o fatalistica (“credo sia sempre così, perché è Sanremo anche che fa discutere con la classifica, sarà poi il tempo che ci dirà quali sono le canzoni che spero possano restare nel tempo”).
Le scelte e l’assunzione di responsabilità
A questo punto dovrebbe essere chiaro: la scelta di dare pesi e modalità di voto diverse alle giurie è assolutamente legittima. “Abbiamo deciso di dar maggior peso al Televoto perché vogliamo che sia il pubblico e non le giurie professionali a decidere” oppure “l’anno scorso Geolier con il 60% di preferenze al Televoto non ha vinto contro Angelina Mango che aveva solo il 16%. Non vogliamo accada di nuovo qualcosa di questo tipo” avrebbero potuto essere due possibili spiegazioni di queste scelte. Si sarà intuito, non sono bravo a nasconderlo: da divulgatore scientifico (e forse ancor prima da matematico) trovo irrispettoso usare la matematica come strumento utile a confondere le idee e generare tensioni, che si parli di Sanremo o di meccanismi decisionali ben più importanti. Il bello della matematica è proprio la sua universalità, la sua trasparenza: per favore, non usatela per nascondere ma per mostrare.
“Ma quei numeri ve li siete inventati voi!”
Se avete avuto la pazienza di leggere fin qua, già la sento la contestazione: i dati degli esempi ce li siamo inventati noi, vero. Ma l’abbiamo fatto perché i dati ufficiali – così come i dettagli del regolamento – non esistono. O meglio, esistono (e sono utilizzati in tempo reale per determinare le classifiche) ma non sono resi pubblici, nemmeno a festival concluso. Noi li abbiamo chiesti, sia alla società Noto Sondaggi, che non ha potuto fornirceli poiché essi sono di proprietà dell’emittente. La RAI – e torniamo al punto precedente – ci ha invece detto che “sono questi i dati che si pubblicano normalmente”. Così facendo però si alimentano non solo le polemiche ma anche i complottismi, le dietrologie, le divisioni. E allo stesso tempo gli enti, le persone, i festival, perdono di credibilità, e chi vuole informarsi deve per forza leggere un articolo lungo e complesso, e chi lo scrive deve inventarsi numeri, formulare ipotesi, soppesare le parole, valutare probabilità, perdere tempo. Dateci i dati, mannaggia, che facciamo prima.
Per finire
Complimenti a tutti e a tutte gli artist* che quest’anno hanno partecipato al Festival, a Olly che l’ha vinto, ai primi 5, ma anche a chi non è rientrato nella mitica cinquina. Il mio augurio per voi e per chi vi seguirà nei prossimi anni è di poter competere in una gara le cui regole siano chiare e condivise. Che dapprima la direzione stabilisca i criteri di voto e solo dopo qualcuno “che sia fortissimo in matematica” traduca questi criteri in regole chiare e comprensibili. Infine, Giorgia. È impossibile sapere con certezza se con un regolamento più chiaro (non uno diverso: uno più chiaro) avrebbe vinto il Festival, ma sono pronto a scommettere che se fosse stato davvero “un terzo, un terzo, un terzo” sarebbe arrivata almeno nella cinquina finale. L’unica cosa che so con certezza è che quell’applauso e quella standing ovation… sì, quelli se li è meritati tutti. Qualsiasi cosa dica il regolamento.
Fonte : Wired