Libano, un nuovo governo dopo anni di instabilità

Erano due anni che in Libano mancava il governo, due anni di stallo politico da cui non si riusciva a emergere. Le cause sono molteplici e riguardano soprattutto due elementi: gli assetti interni che prevedono una divisione ben definita dei poteri tra cristiani, musulmani sciiti e musulmani sunniti, e le faccende esterne che riguardano soprattutto lo scenario conflittuale al confine sud, quello con Israele, che proprio in questi giorni ha iniziato il suo, ennesimo, ritiro dai territori libanesi.

Ed è perciò che la nascita del nuovo governo libanese che ha debuttato all’inizio del mese è una notizia. Lo è sia per il paese ma anche per tutta l’area, perché il Libano, benché piccolo e costantemente attraversato da moti di instabilità, risulta essere fondamentale per gli equilibri in quell’area che parte dalla sponda di levante del Mediterraneo per estendersi in tutto il Medio Oriente.

Chi è il nuovo capo del governo

Tutto inizia con la nomina del presidente Joseph Aoun avvenuta all’inizio di gennaio, nomina che anch’essa ha colmato una lacuna perché la posizione era formalmente vacante in quanto ricoperta ad interim. Aoun è un cristiano perché, a valle degli accordi che sono seguiti alla guerra civile libanese (1974-1990), il presidente deve essere cristiano, ed è l’ex comandante delle forze armate libanesi e la sua nomina ha ricevuto il favore dei governi occidentali con Usa e Francia in testa.

La nomina di Aoun è stata accolta con favore nel Paese che ha estremo bisogno di ritrovare una stabilità istituzionale e si è da subito messo a lavorare individuando in Nawaf Salam il nuovo primo ministro a cui affidare la formazione del governo che ha debuttato a inizio febbraio. Salam è sunnita, sempre per rispettare gli accordi post-bellici, ed è stato per nove anni membro della Corte internazionale di giustizia, ha quindi una solida esperienza e credibilità internazionale, ha studiato sia in Usa sia in Francia e ha assunto l’incarico di primo ministro l’8 febbraio 2025.

Il 9 febbraio 2025 il nuovo governo libanese composto da 24 ministri di cui cinque donne e figure di spicco internazionale come Ghassan Salame che è stato l’inviato delle Nazioni Unite in Libia, ha iniziato il suo mandato subentrando al governo di transizione di Najib Mikati che era in carica dal giugno del 2022 ma senza grande possibilità di azione.

Le sfide di Beirut

In Libano il nuovo governo deve ora affrontare diverse situazioni. Come prima cosa, deve lavorare per rendere il partito sciita Hezbollah innocuo dal punto di vista militare, il ‘partito di dio’ deve diventare una forza politica che fa parte del paese civile e abbandonare le velleità militari e di ribellione rivolte a Israele. Va da sé che questo può accadere se le forze occidentali, che hanno mostrato in modo inequivocabile il sostegno al governo di Aoun e Salam, faranno sì che Israele faccia la sua parte e abbandoni ogni attività militare rivolta alle zone del sud del Libano dove, peraltro, agisce la forza di pace Unifil dell’Onu, e l’avvio delle operazioni che vedono l’esercito di Tel Aviv avere iniziato il ritiro dal sud del Libano è un segnale che va nella giusta direzione. Va anche detto che il peso specifico di Hezbollah nel nuovo governo è più contenuto rispetto al passato e ciò può contribuire a rendere più efficaci le azioni che Salam deve attuare per risolvere i problemi del Paese.

Una delle sfide principali è rimettere in piedi l’economia del paese che è martoriata da corruzione, inflazione galoppante e mancanza di organizzazione cronica, situazione che ha portato anche all’evento drammatico dell’esplosione nel porto di Beirut dell’agosto del 2020. Per fare uscire il paese dal default e dall’immenso debito pubblico, secondo quanto riportato dalle agenzia di stampa internazionali in 18 febbraio 2025, il governo di Beirut ha avviato un rinnovato dialogo con il Fondo monetario internazionale.

È naturalmente ancora presto per fare bilanci ma i presupposti sono promettenti, soprattutto alla luce del fatto che si tratta del primo vero governo in quasi tre anni e che le persone chiamate a formarlo godono di rispetto e credibilità internazionale e, non ultimo, il fatto che gode del supporto dei governi occidentali, soprattutto di quelli maggiormente coinvolti nella crisi mediorientale. Ed è importane anche a livello internazionale perché, va ricordato, il Libano è al momento l’unico Paese arabo dell’area che si regge sul modello democratico.

Fonte : Wired